mercoledì 25 agosto 2021

Classe dirigente. Montino, Cirinnà e il mistero dei 24mila euro nella cuccia del cane.

Ventiquattromila euro in tagli da 500.  

 

(Paolo Gianlorenzo – la Verità)

I rotoli di banconote, avvolti dentro a sacchetti di plastica, sono stati rivenuti da alcuni operai che stavano facendo dei lavori a ridosso di un capannone utilizzato come rimessa di mezzi agricoli, nella maestosa azienda agricola CapalBio di proprietà della famiglia (fu inaugurata dalla coppia nel 2001) del sindaco Pd di Fiumicino, Esterino Montino, ex assessore e vicegovernatore della Regione, e della moglie, la senatrice Monica Cirinnà, dem pure lei, da sempre impegnata nelle battaglie per i diritti civili.

E adesso è aperta la caccia al misterioso donatore che avrebbe lasciato dentro alla cuccia del cane (sic), a insaputa dei coniugi, il cospicuo malloppo. I lavori li aveva commissionati Fabio, figlio dei due politici. La notizia ha destato stupore, come le dichiarazioni rilasciate a caldo da Montino: «I militari», ha spiegato il sindaco di Fiumicino al Messaggero, «hanno sequestrato il denaro e mio figlio ha firmato la denuncia, ma credo che quei soldi siano frutto di un’attività illecita, la refurtiva messa da qualcuno che poi non è venuto a riprenderla».

La notizia ci ha incuriositi e per questo siamo andati sul posto. La tenuta, di diverse decine di ettari, è composta in prevalenza da vigneti che ogni anno producono vino biologico che la famiglia Montino commercializza. Non è stato facile arrivarci. Si trova in mezzo a colline di macchia fittissima dove è difficile anche comunicare con i moderni telefoni.

Davanti all’ingresso della Cantina abbiamo incontrato due operai; abbiamo parlato con uno di loro che stava lavorando con una pala meccanica, la stessa che con la benna aveva demolito il piccolo manufatto adibito a cuccia per i cani, un’altra passione della pasionaria Cirinnà (anche se, per verità di cronaca, non ne abbiamo visto neanche uno in giro). L’uomo alla guida del mezzo meccanico da scavo ci ha spiegato: «Stavo togliendo un piccolo manufatto per fare spazio ad alcuni attrezzi quando dalle macerie sono usciti quei rotoli di soldi. Non saprei dire altro. Ho avvisato il signor Fabio e lui ha chiamato i carabinieri».

Non ci ha saputo o, forse, non ci ha voluto dire niente di più. Era molto nervoso e infastidito dalla nostra presenza sul posto. Ci ha indicato però il posto dove sarebbe avvenuto il misterioso ritrovamento. Era rimasto ben poco. Sia perché tutto è stato ripulito e anche perché il ritrovamento risale ad alcuni giorni fa.

Abbiamo guardato intorno e cercato di interpretare le parole di Montino sul presunto «covo» utilizzato dai narcotrafficanti di droga. È vero che da queste parti, nelle macchie, veniva spacciata droga, ma al dettaglio. Di recente sono arrivate ben 16 condanne per quello che fu definito: «Il drive in della droga in Maremma». Parliamo di acquisti fatti con banconote di piccolo taglio e non certo con fogli da 500 euro e in numero così elevato.

Il tenente colonnello Matteo Orefice, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Grosseto, ci ha spiegato: «Quello che è stato scritto corrisponde ai fatti che non sono certo stati raccontati dai nostri militari. Il comando generale ha disposto la riservatezza e non possiamo rilasciare notizie in aggiunta di quelle già note».

Ovviamente di fronte alla stranezza dei fatti ci siamo permessi di insistere. «Sicuramente la vicenda è alquanto particolare», ha ammesso l’ufficiale. «Stiamo facendo delle indagini. Il taglio delle banconote da 500 euro è sicuramente poco comune tra i narcotrafficanti perché fuori conio da quasi tre anni. Sono spendibili ma una volta fatto la moneta viene ritirata e distrutta dalla Banca d’Italia».

Uno dei motivi principali per i quali le banconote da 500 euro sono state ritirate in tutta Europa è quello dell’utilizzo illecito del contante. La banconota da 500 euro può essere cambiata in qualsiasi banca o istituto di credito.

Queste, però, nel rispetto della normativa antiriciclaggio, potrebbero far avviare una procedura di controllo nei confronti di chi ne ha chiesto il cambio. La ratio di questo procedimento è presto detta: i tagli grandi possono agevolare il trasferimento di grosse somme di denaro e le banconote favoriscono le transazioni non rintracciabili. In questo caso il figlio della senatrice Cirinnà ha fatto bene a segnalare immediatamente l’episodio.

Certo, un episodio del genere, avvenuto davanti ad almeno tre testimoni, sarebbe stato difficile da tenere riservato. Non sono tardate le precisazioni della senatrice pro gender, anche in virtù degli incresciosi episodi di cronaca nera che hanno visto come protagonista il fratello Claudio, arrestato nel luglio dello scorso anno in un’operazione contro il clan camorrista Senese e condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere dopo il rito abbreviato insieme al figlio Riccardo (un anno e 4 mesi). Le accuse, a vario titolo, erano quelle di usura, estorsione, e intestazione fittizia di beni. I due erano accusati in concorso, di aver prestato e chiesto soldi a una persona che si trovava sottoposta anche alle indebite «attenzioni» del clan di Camorra.

«In merito all’importante cifra di denaro rinvenuta casualmente nella nostra azienda e che abbiamo prontamente consegnato ai carabinieri, siamo felici che quel denaro, molto probabilmente frutto di qualche reato compiuto da malviventi, sarà nella disponibilità del Fondo unico per la giustizia e che verrà utilizzato per fini di pubblica utilità. È questo il comportamento corretto che ogni cittadino onesto deve tenere e siamo orgogliosi di quanto fatto».

La signora e il marito, dopo aver sentito o letto, commenti poco graditi hanno aggiunto, all’unisono: «Siamo in contatto con la Procura di Grosseto e con il comando provinciale dei carabinieri per avere notizie sull’evoluzione delle indagini, al fine anche di assicurare serenità e sicurezza alla nostra azienda. Abbiamo inoltre dato mandato al nostro avvocato di perseguire chiunque tenti di adombrare la correttezza e limpidezza del nostro operato».

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