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Per chi non l’avesse seguito su Byoblu, in diretta venerdì sera dalle 19.30, ecco il link all’intervista fattami da Virginia Camerieri, sull’Afghanistan nell’immediato dell’attentato all’aeroporto di Kabul rivendicato dall’ISIS.
Nella strategia del caos, adottata come soluzione B nel caso che l’opzione A, la conquista e il dominio di un paese da parte dell’aggressore, fosse fallita, il terrorismo islamista è sempre a portata di mano, come lo è stato in tutte le guerre condotte negli ultimi anni in Nord Africa (Libia, Egitto e altri paesi) e in Medioriente (Iraq, Siria).
Dalle vicende degli ultimi decenni si evince, in un contesto storico generalmente occultato dall’informazione generalista, che l’ISIS e, prima di questa formazione del terrorismo, l’analoga Al Qaida, hanno fornito il pretesto per tutte le guerre d’aggressione condotte dagli Stati Uniti e dalla NATO a partire dagli attentati dell’11 settembre. Guerre peraltro previste dai Neocon sotto Bush Jr nel loro programma PNAC (Programma per il Nuovo Secolo Americano), formulato ben prima di quegli attentati. Le conclusioni che se ne possono trarre sono di una logica difficilmente discutibile.
E’ in atto una manovra mediatica che tenta di salvare la faccia al conquistatore sconfitto, reso inaffidabile e umiliato anche davanti ai propri alleati, e di deturpare quella del vincitore. Un’operazione di ripiego neocolonialista che vorrebbe preparare il terreno per una qualche forma di rimedio all’epocale tracollo. Si favoleggia di un accordo tra Stati Uniti (prima di Trump e poi di Biden) scaturito dai negoziati di Doha, in base al quale Washington avrebbe acconsentito al ritiro delle sue truppe, alla mortificante sconfitta del suo governo fantoccio e delle rispettive armate, in cambio di un Afghanistan riconsegnato volontariamente ai Taliban. Costoro in cambio si sarebbero impegnati a mettere il paese, con le sue grandi ricchezze minerarie, a disposizione degli interessi geostrategici e geopolitici americani. Con un solo colpo si riabilita l’Impero che per vent’anni ha massacrato e derubato il paese e si demonizza ulteriormente il movimento di liberazione nazionale, passato dall’essere, oggi e sempre, una banda di orribili oscurantisti feroci e intolleranti, anche una scellerata compagnia di vendipatria e di complici dell’imperialismo occidentale.
Naturalmente i dati sul terreno, come la successione degli eventi negli ultimi decenni, come anche la virulenta reazione dei governi e dei gazzettieri subalterni agli USA al ritiro americano, bastano a togliere ogni credibilità a questa ipotesi.
Oggi lo strumento dell’ISIS, già importato in Afghanistan negli ultimi anni in funzione di sconvolgimento terroristico e anti-Taliban, viene rilanciato per un duplice obiettivo: intensificare la fuga dal paese dei suoi cittadini, di quelli più istruiti e formati, e rovesciare nuove ondate di profughi destabilizzanti sui paesi vicini (i malvisti Iran e Pakistan) e sull’Europa. E’ lo schema antinazionale della globalizzazione.
Mi auguro che gli argomenti e i contesti proposti nell’intervista possano apportare una misura di chiarezza su quanto va succedendo e su come strumentalmente lo si presenta all’opinione pubblica
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