Bruno Giordano a luglio ha preso la guida dell'agenzia creata dal Jobs Act per accorpare le funzioni di vigilanza di ministero del Lavoro, Inps e Inail: obiettivo che finora è rimasto sulla carta per carenza di risorse umane e informatiche, tra cui la mancanza di una banca dati condivisa. Non aiuta il fatto che i controlli spettino anche alle oltre 100 Asl: "Ognuna risponde a un certo orientamento politico". Le responsabilità delle imprese? "Soprattutto in quelle piccole e medie imprese spesso c'è trascuratezza: le normative in materia di sicurezza vengono viste come un onere e un costo da ridurre, non un investimento".
Ilfattoquotidiano.it Chiara Brusini
L’Ispettorato avrebbe dovuto accorpare le funzioni di vigilanza
di ministero del Lavoro, Inps e Inail per razionalizzare i controlli. Ma
la riforma è rimasta sulla carta. Che strumenti vi mancano?
Alcune delle norme più importanti del decreto istitutivo, come
il coordinamento dei servizi ispettivi di Inps e Inail, devono ancora
essere attuate. Sarebbe un passo fondamentale per poter fare in una
volta sola controlli incrociati sulla regolarità complessiva
dell’azienda e sulla posizione contributiva, assicurativa e di sicurezza
dei lavoratori. Oggi ogni ispettore guarda alla materia di sua
competenza e il coordinamento è affidato alla buona volontà. Dietro però
ci sono anche questioni tecniche e informatiche: noi abbiamo un accesso
molto parziale alle banche dati di Inps e Inail con le informazioni
sulle aziende controllate. Ci stiamo lavorando in queste settimane.
Poi c’è il problema del coordinamento con le Asl, a cui spettano i controlli su salute e sicurezza.
Sono più di 100 e fanno capo alle Regioni e province autonome,
per cui ognuna risponde a un certo orientamento politico. Per di più non
sono nemmeno in rete tra loro, oltre a non avere una banca dati comune
con Inps e Inail. Che è indispensabile per conoscere il lavoro che
stanno facendo gli altri ed evitare duplicazioni o triplicazioni.
Affidare agli enti locali la tutela della salute e sicurezza aveva senso
nel 1978, quando è nato il Servizio sanitario nazionale, ma oggi per
farlo servono competenze sull’ergonomia, sugli algoritmi che regolano il
lavoro per le piattaforme, sullo stress e le curve di
attenzione…dobbiamo alzare il livello tecnico. E in aggiunta a questo ci
sono anche gli organi di vigilanza settoriali su cui l’Istituto deve
vigilare, per esempio l’agenzia per la sicurezza ferroviaria…
Quindi la Spagna, dove i controlli sono di competenza degli enti locali, non è un modello da seguire?
In Spagna gli enti locali hanno poteri sanzionatori, ma c’è
anche un ispettorato centrale che è molto forte. E’ un sistema molto
diverso rispetto alla nostra regionalizzazione che oggi mostra le corde.
In che tempi arriveranno i 2mila nuovi ispettori annunciati dal ministro Orlando? Sono sufficienti?
I primi 800 entro fine anno, gli altri subito dopo con altri
concorsi. Quando saranno entrati tutti andremo a pieno regime, con 4.800
persone in totale: oggi siamo sotto di cerca metà. Ma anche le Asl
hanno notevoli carenze: il personale è diminuito del 50% negli ultimi
dieci anni.
Una volta rimpinguati gli organici e ottenuto l’accesso alle banche dati come si aumenta l’efficacia dei controlli?
Ho dato direttive perché gli interventi siano mirati,
chirurgici, grazie all’utilizzo di parametri di rischio che consentono
di capire dove è più diffuso il lavoro irregolare e insicuro. Non posso
dare dettagli sugli indicatori, ma sicuramente i settori più critici
sono edilizia, agricoltura, terziario, logistica. Nella logistica
tendiamo a vedere grandi aziende che si servono di tante coop e dobbiamo
verificare la natura di queste coop, verificare se sono un modo per
dissimulare un rapporto di lavoro.
Tre morti sul lavoro ogni giorno. E tassi di irregolarità altissimi. Le imprese risparmiano sulla sicurezza?
Nelle piccole e medie imprese spesso, per vari motivi, c’è trascuratezza: le normative in materia di sicurezza vengono viste come un onere e un costo da ridurre,
non un investimento che produce efficienza perché migliora anche i
processi produttivi. Non è un caso se tutti i casi più recenti, dalla
morte di Luana D’Orazio a quella di Laila El Harim
fino all’imprenditore morto insieme a un operaio in Valle d’Aosta solo
due giorni fa, sono avvenuti in piccole imprese con pochi lavoratori e
forti rapporti personali. E con la ripresa economica e il traino del
superbonus per l’edilizia i rischi aumentano. Un altro problema è l‘interpretazione burocratica e amministrativa
degli adempimenti che riguardano la formazione: non può essere solo un
adempimento formale, il lavoratore va preparato per la sua specifica
attività. Gran parte degli infortuni gravi sono dovuti a mancata
valutazione del rischio e mancata formazione. Un altro problema è il
falso mercato della formazione con soggetti che danno certificazioni
senza fare davvero i corsi.
Servono sanzioni più severe?
Dopo 30 anni di attività giudiziaria in materia di sicurezza
sul lavoro mi sono convinto che punendo di più non si ottengano maggiori
risultati. Occorre prevenire gli incidenti e per farlo servono
controlli quantitativamente e qualitativamente incisivi e un
rafforzamento del potere sospensivo dell’attività di impresa che già
abbiamo. Oggi l’Ispettorato può fermare un’azienda che abbia oltre il
20% di lavoratori in nero o che sia recidiva nel commettere violazioni
in un arco di 5 anni. Si potrebbe ridurre la quota di lavoratori in nero
oltre la quale scatta la sospensiva – perché il lavoro nero è lavoro insicuro – e si potrebbero aumentare i casi in cui possiamo esercitare questo potere.
Il leader della Cgil Maurizio Landini ha rilanciato la
richiesta di una patente a punti per le imprese, con un punteggio
iniziale che calerebbe in caso di violazioni e incidenti fino a far
scattare l’esclusione dalle gare o il blocco delle attività. Ma era già
prevista dal testo unico del 2008 per l’edilizia…
L’idea era ottima ma in 14 anni non è stata mai realizzata per
difficoltà tecniche relative all’accesso alle banche dati, al sistema di
conteggio, alla registrazione delle imprese. E’ una materia che
necessita un confronto tra le parti sociali, speriamo che ora i tempi
siano maturi.
La proposta di legge che prevede la creazione di una Procura
Nazionale in materia di sicurezza e infortuni sul lavoro non fa passi
avanti. Secondo lei servirebbe?
Credo sia una necessità. Molti magistrati lo sostengono da anni, perché dove c’è specializzazione di attività c’è anche maggiore velocità dei processi.
Per evitare la prescrizione e l’improcedibilità anche per questi
processi servono ottime indagini e dunque personale specializzato.
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