mercoledì 25 agosto 2021

Perché tanto conformismo tra gli artisti?

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In circa un anno e mezzo di delirio politico-pandemico, abbiamo assistito a uno spettacolo immane. Il dispiego di mezzi messi in campo dal mainstream a supporto della propria narrazione è stato enorme: dalle bare di Bergamo portate via da camion militari alle prime dosi di vaccino trasportate su mezzi scortati dalle forze dell’ordine – con tanto di inquadratura da un elicottero, in perfetto stile da film americano – la spettacolarizzazione dell’emergenza ha raggiunto proporzioni addirittura maggiori di quelle dell’11 Settembre e di tutta l’epopea terroristica che ne è seguita.

Compito dunque difficile quello di non farsi trascinare a forza all’interno dello show, anche per quella categoria che, per propria “natura sociale”, dovrebbe percepire le varie situazioni in maniera diversa dalla massa, e che del mondo dello spettacolo fa parte: gli artisti.

Costoro, pur con qualche mirabile eccezione, non hanno purtroppo brillato per acume e spirito critico e, anzi, hanno per la maggior parte accettato e rilanciato il racconto pandemico ufficiale e le posizioni governative. Ha destato scalpore (ma neanche tanto) qualche settimana fa, la replica di J-Ax ad Eric Clapton, il quale aveva fatto sapere a mezzo stampa di non volersi esibire in concerti dove fosse richiesto di essere vaccinati per accedervi. Il rapper italiano – oramai personaggio televisivo e influencer – aveva risposto su uno dei suoi canali social che “ora che possiamo finalmente riaprire in sicurezza dobbiamo sentire queste stronzate che ci riporterebbero a chiudere tutto per mesi”, dando per scontato che chiudere tutto sia l’unica soluzione adottabile.

Non più di qualche mese fa invece, Alessandro Gassman si era vantato pubblicamente su Twitter di aver denunciato dei suoi vicini di casa, colpevoli di tenere una piccola festa tra amici al piano inferiore del suo condominio. Ovviamente è stato “massacrato” dalle critiche degli altri utenti, ma il solo fatto che abbia postato una cosa del genere, dovrebbe far riflettere sul modo di pensare di alcuni personaggi. Che cosa si aspettava, che la gente si spellasse le mani dagli applausi?

Altri invece, come Enrico Ruggeri, si sono esposti un po’ di più sul fronte dell’opposizione e ultimamente abbiamo avuto un post di Francesco De Gregori a sostegno di Salmo, sul quale si era scatenata una polemica per aver tenuto un concerto gratuito a Olbia durante il quale non sarebbero state rispettate le regole di contenimento della pandemia.

Segnali questi certamente buoni, che potrebbero essere l’inizio di qualcosa di più grande, ma in generale possiamo dire che l’atteggiamento è stato quello di passiva accettazione – se non di entusiastico sostegno – della narrazione ufficiale.

Se ci si va a domandare come mai questo succeda, si possono ricavare diversi tipi di risposte.

La più semplice e immediata è quella del “quieto vivere” e della paura di mettersi di traverso a un sistema che espelle immediatamente e senza pietà tutti quelli che a lui non si adattano, e non solo in tema di pandemia. Si potrebbe prendere ad esempio il caso di Gina Carano, star americana della serie tv The Mandalorian prodotta dalla Lucasfilm di George Lucas, che si è vista licenziata dalla casa di produzione lo scorso febbraio, per aver scritto un post su Instagram nel quale paragonava il clima d’odio che si era costruito contro gli ebrei nella Germania nazista, a quello che si respira negli States nei confronti dei Repubblicani. Oppure il caso di Winston Marshall, suonatore di banjo e chitarrista della folk-rock band inglese Mumford & Sons, costretto a lasciare il gruppo in giugno per evitare che continuasse a essere bersaglio di critiche spietate a causa sua. Qual era la gravissima colpa di cui si era macchiato Marshall? Aver letto un libro, Unmasked, scritto dal giornalista americano Andy Ngo, e avergli twittato di essere un uomo coraggioso. Fin qui non si vede il problema, se non fosse che il libro in questione è estremamente ostile nei confronti della sinistra cosiddetta “antifa” americana. E allora giù critiche e commenti d’odio finché il chitarrista non è stato prima messo in pausa dalla band, e poi se n’è andato di sua sponte per evitare di compromettere ancora di più i suoi compagni di gruppo.

Un’altra possibile risposta potrebbe vertere sul banale conformismo. Siamo nel mezzo di una situazione particolare, le regole sono cambiate e ci adattiamo così come fanno tutti. Non è in realtà proprio così punk come vuol farci credere Motta (“… Trovo che al giorno d’oggi forse rispettare le regole sia diventato molto più punk di qualsiasi altra cosa…” ), soprattutto per chi regole e mode dovrebbe stabilirle, piuttosto che seguire.

Altra ipotesi da tenere a mente è senz’altro quella economica diretta, e cioè influencer con migliaia di follower (seguaci) che vengono assoldati e pagati proprio per portare il discorso nella direzione voluta. Il New York Times ci informava infatti qualche tempo fa, che la Casa Bianca avrebbe reclutato un “esercito di influencer” per combattere le menzogne sui vaccini.

Beh, diciamo che se si scoprisse che questo succede anche in Italia, non ci stupiremmo.

Tra le varie opzioni, dobbiamo prendere in considerazione anche quella che molti artisti credano veramente a tutta la narrazione ufficiale. In fondo sono anche loro un pezzo della società, e così come la società è divisa riguardo alle diverse tematiche sapientemente calate dall’alto dai “padroni del discorso” (MeToo, Black Lives Matter, cambiamento climatico, racconto pandemico, ecc.), lo è anche la comunità artistica. Altrimenti non si spiegherebbe la posizione filo-mainstream sulla pandemia di un artista intoccabile come Vasco Rossi: uno che ha più di quarant’anni di carriera durante la quale ha venduto milioni di dischi, che non ha quindi bisogno di fare il giudice in qualche Talent Show per sbarcare il lunario, e che riempie puntualmente gli stadi di tutta Italia non appena va in tournée. Ora, non si vuole qui certo affermare che Vasco sia un credulone, anche perché non è detto che chi sostiene altre posizioni abbia per forza la verità in tasca.

Qualche dubbio però, a fronte delle incongruenze macroscopiche che accompagnano questa storia sin dall’inizio, sarebbe bene farselo venire piuttosto che etichettare come no-vax e terrapiattista chi le domande se le pone.

Altrimenti non rischiamo solo di avere intellettuali che sono più stupidi della gente comune (Preve), ma anche artisti che rincorrono i pensieri del loro pubblico invece che dirigerli.

ANDREA MONTALI

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