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Alle 19.30 di questa sera, venerdì 27 agosto, su Byoblu (digitale terrestre) e poi sui suoi canali social, trasmissione di una mia intervista sugli ultimi sviluppi in Afghanistan, su falsità, invenzioni e nascondimenti, ma, soprattutto, sul quadro storico nel quale si inserisce la costruzione della “guerra all’Afghanistan” come tappa della grande “Guerra al terrorismo”, programmata dai neocon USA sotto Bush Jr nel famigerato Piano per il Nuovo Secolo Americano (PNAC) e che poi è stata messa in atto a partire dagli attentati dell’11 settembre.
Circola una molto strumentale interpretazione dei recenti eventi afghani che ha come principale obiettivo di salvare la faccia a un imperialismo USA e NATO, impietosamente sconfitto anche in Afghanistan(dopo la luna serie di contraccolpi in Iraq, Libia, Siria, Egitto, Venezuela, Bolivia, Myanmar e andare), proponendo l’infantile versione di un accordo con i “terroristi islamici afghani” negoziato a Doha da Trump e attuato da Biden. Versione che serve a ridare Washington il ruolo di dominus degli eventi e ai Taliban quello dei presunti liberatori del paese che, sotto sotto, non sarebbero che pedine e complici delle strategie USA, ancora una volta i meglio fighi del bigoncio.
Naturalmente questa costruzione geopolitica sulla sabbia si sfarina alla prima constatazione dello spaventoso colpo inflitto dalla facile vittoria dei Taliban alla credibilità e autorevolezza dell’Impero e dei suoi ragazzi di bottega europei, alla ridicolizzazione di un potere fantoccio, politico e militare fallimentare, perché costruito sulla stessa corruzione e totale mancanza di sostegno popolare che inficia gli invasori.. Gli “effetti avversi” di questo crollo d’immagine e di perdita di potenza avranno visibili conseguenza disastrose interne agli USA, nelle regioni del mondo che si affidano alla “protezione” USA e NATO, e nelle forze di resistenza, ovviamente galvanizzate. Già se ne intravvedono i segni nel totale scombussolamento dei gruppi dirigenti all’interno delle tradizionali alleanze.
Il tentativo di ovviare a un enorme fiasco dell’Occidente nel suo ennesimo, sanguinario e ottuso rilancio neocolonialista, tramite bombe, ladrocinio e ONG, come tale pianto, deplorato e subìto con incontenibile livore da tutti i gazzettieri dell’Impero come dai loro danti causa politici ed economici, è portato avanti senza basi fattuali e senza logica, oltreché con totale sconoscenza dei fondamenti sociali e culturali delle parti in contesa.
Il giornalismo d’accatto che si avventura in simili mistificazioni e che, di norma, si esprime nei residui circoli di una sinistra senza né sinistra, né capo, né coda, perfeziona poi la sua difesa di un “patto scellerato” tra Impero e Taliban, con un’altra via di fuga dalla realtà fattuale, evidente e pianificata: le drammatiche scene delle decine di migliaia di “disperati in fuga dai Taliban all’aeroporto di Kabul, sono l’unico elemento della vicenda sfuggito al controllo degli occupanti occidentali” (Franco Fracassi).
Simili analisti sembrano aver perso il lume che rischiara una lunga storia delle messe in scena allestite per gabbare il popolo credulone (ricordate la Piazza Verde di Tripoli ricostruita nel deserto del Qatar e che poi viene filmata mentre viene invasa da finte milizie ribelli islamiste!).
L’apocalisse umana dell’aeroporto di Kabul è stata con cura mediatica costruita facendo circolare la prospettiva di orrori talibani e di confortevoli sistemazioni in Occidente. Senza farci mancare la sceneggiata dell’aereo inseguito e assalito da cittadini afghani in fuga (spesso festanti e ridenti: vedere fotogramma dopo fotogramma), dei bimbetti lanciati in braccio ai Marines, è l’affannoso tentativo di riportare un’opinione pubblica smarrita a condividere le operazioni degli ex-occupanti del paese finalizzate a rifarsi della debacle. Cerca di rimediare alla figuraccia fatta con sconfitta e fuga, esponendo al mondo in commozione la tragedia di un popolo che cerca di salvarsi dall’orrore di un regime “che compie esecuzioni sommarie, dà la caccia alle magistrate donne per ucciderle, cerca i collaboratori casa per casa, violenta i cadaveri delle proprie vittime” (sic i nostri media).
Tra miopia e malafede si cerca di impietosire l’opinione pubblica occidentale (e dell’Iran) perché si acconci a farsi destabilizzare (progetto globalizzazione e Great Reset) da masse incontrollabili di profughi (si parla di milioni) che, al tempo stesso, come succede con tutto il fenomeno della tratta di migranti, privano i paesi d’origine delle generazioni giovani, dei suoi professionisti e quadri, ingegneri, insegnanti, medici, tecnici, indispensabili a ricostruire uno Stato Nazione (orribile prospettiva per i globalizzatori. Uno Stato che, magari in partnership con altri, svolga il ruolo che gli spetta davanti al proprio popolo e al consesso umano.
Poi, se dopotutto i Taliban, grazie all’appoggio popolare e al disgusto di tutti verso gli ex-occupanti narcotrafficanti e bombaroli, dovessero reggere, contenere le deportazioni e inserirsi in un rapporto produttivo con paesi vicini (e lontani), agli USA rimarrebbe sempre un’arma. Quella adoperata fin dall’11 settembre, in Europa e nel mondo: l’ISIS.
Fulvio
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