mercoledì 25 agosto 2021

Casa, comincia l’esproprio

A vedere questi dilettanti della comunicazione politica si capisce che la ricerca del consenso non è più una priorità per loro: leggi elettorali che hanno ridotto il voto a atto notarile, uno stato di eccezione che ha reso permanente l’emergenza per via di un susseguirsi di provvidenziali crisi rendono superflua la misurazione e l’ottenimento della fiducia da parte del popolo, che deve essere semplicemente obbediente, tassabile, contrito e quindi riconoscente per le licenze e le concessioni elargite.

 

(Anna Lombroso per il Simplicissimus)

Vuoi mettere invece come in passato la politica sapeva solleticare gli italiani, toccando i loro punti deboli, contando più ancora che sui bisogni, sulle aspirazioni e i sogni nel cassetto, sui desideri e le ambizioni.

E difatti un caposaldo della weltanschauung berlusconiana fu il mattone, la casa di proprietà da conquistare con sacrifici e soddisfazione perché rappresentava l’emancipazione e il riscatto dei padri di famiglia e di un popolo  che era uscito dalla povertà del dopoguerra, dall’umiliazione delle emigrazioni esterne e interne, per godere i benefici del sogno italiano.

Partito come imprenditore immobiliare, Berlusconi voleva essere ricordato come colui che aveva dato una casa a chi non ce l’aveva. «Sogno un paese di proprietari di casa» fu il suo motto per la campagna elettorale del 2006. E nel 2009: «Una mattina mi sono svegliato e ho detto, ecco qua, cementifichiamo l’Italia. Scherzo, non c’è nessuna cementificazione, le famiglie potranno fare qualcosa che renderà più bella e più preziosa la propria abitazione. Siccome l’ho sognata io, Tremonti e Ghedini la chiamano lex Silvia».

È il piano casa, per lanciare il quale  scelse un altro motto: «Padroni in casa nostra». E cui non solo i suoi elettori credettero, perché furono in molti quelli convinti  che non servisse soltanto a allargare villa Certosa, a moltiplicare i proventi opachi delle sue speculazioni, a offrire superiori margini di impunità ai grandi abusi, ma rappresentasse una lungimirante visione progressiva che rispondeva alla domanda di  “sicurezze” stabili del Paese, a dispetto dei Cederna, degli Argan, degli Insolera, di chi aveva denunciato le mani sulla città di mafiosi, amministratori corrotti, soggetti di controllo svenduti, legislatori spregiudicati (subito 12 Regioni approvarono allora una legge per consentire l’ampliamento o la ricostruzione di immobili, in deroga a leggi nazionali e a vincoli urbanistici statali e locali) impegnati a legittimare il malaffare a norma di legge.

L’ideologia del “mattone”  oggi penalizzata dalla crisi sociale su cui si è innestata quella “sanitaria” ha fatto dell’Italia un Paese che esibisce un gigantesco cartello “vendesi”, con centinaia di migliaia di senzatetto e di sfrattati  e quasi 8 milioni di alloggi disabitati.

Il costo delle abitazioni nei centri cittadini ha costretto famiglie e lavoratori a spostarsi nelle aree della periferia, obbligandoli al pendolarismo e all’emarginazione e intanto le vetrine della città si sono spente mentre si inaugurano centri commerciali sempre più grandi già condannati a diventare archeologia commerciale, battuti dalle catene della logistica e delle vendite online.

E d’altra parte è un destino comune che si abbatte e abbatterà sui “piccoli”, attività commerciali e artigianali, piccole e medie imprese, pensioni, alberghi e case vacanze che non si sono fatte assorbire dalla vorace spirale dell’economia della app, e – ormai è sicuro – anche i piccoli proprietari.

Per tutti varrà la legge del più grande e più forte, che ispira la distruzione creativa secondo l’Occidente, quella che vuole spazzare via i soggetti “perdenti”, alla lunga parassitari, che pesano, come gli anziani e quelli poco ambiziosi e determinati, sui bilanci pubblici e privati.

Bisognerebbe impugnare il fucile quando le parole  semplificazioni, efficienza, giustizia sociale  sgorgano impudenti da certe bocche, come nel caso della riforma del catasto ferma da decenni ma che ogni anno torna in auge in vista della legge di bilancio, e che ora è diventata d’attualità perché fa parte delle misure individuate dal Ministero dell’Economia per rendere il fisco “più equo”,   anche grazie ad  un aggiornamento dell’Anagrafe Immobiliare Integrata con una modifica radicale dei criteri di determinazione del valore catastale imponibili  della casa, che li avvicinerebbe a quelli “reali”, grazie all’implementazione del Sit   il Sistema integrato del Territorio dell’Agenzia delle entrate, presentato come un successo della semplificazione offerta ai cittadini per la visura faidate, come succede con i servizi futuristici dell’Inps che invia metà della password per mail e metà per posta cartacea a anziani pensionati colpevoli di non essere nativi digitali.

E sarà proprio mediante il Sit che l’Agenzia disporrà  in un’unica piattaforma i dati (atti, valori catastali, elaborati, mappe, immagini satellitari) di oltre 70 milioni di abitazioni e sarà in grado così di assegnare un valore indicativo di mercato a ogni immobile in modo da “armonizzare” i valori immobiliari e i valori fiscali di ogni casa, superando l’attuale sistema di calcolo basato sulle cosiddette rendite catastali, cioè il calcolo ipotetico di quanto si potrebbe trarre  da  un eventuale canone di locazione dell’immobile e con l’obiettivo di ridistribuire il carico fiscale in base al vero valore dell’appartamento, della villa o del palazzo.

Come sempre dietro gli efficientamenti si nasconde l’intento di rendere più ricattabili, più esposti alle minacce e più vulnerabili i cittadini, che grazie a questa “riforma” si troveranno a pagare molto di più che in passato.

È su questo aspetto che poggia la riforma che, pertanto, dovrebbe incidere sui valori catastali e ciò potrebbe comportare una “botta imprevista” per gli italiani che si troverebbero a pagare molto di più di quanto sino ad ora fatto e con un aumento delle tassazioni dirette e indirette,  grazie a un regime di disuguaglianze che penalizza i piccoli proprietari, quelli che insieme all’abitazione per la quale pagano un mutuo esoso, hanno ereditato la casetta al paese, il casale malandato in campagna la masseria che non li hanno fatti accedere al sogno di diventare imprenditori di se stessi mettendo su un B&B e entrando nel magico mondo profittevole del turismo della app.

C’era un a gran fretta di mettere mano alle misure di “equità”, il tempo stringe e bisogna approfittare della debolezza della popolazione provata da lockdown, sblocco degli sfratti e dei licenziamenti, costo delle cure private e restrizioni, mutui e tasse sospese che si accumulano esigendo il pagamento immediato, in modo da favorire i predoni del settore immobiliare che fanno delle città il loro terreno  di saccheggio.

C’è da star certi che anche in questo caso le proteste verranno guardate con lo schizzinoso sussiego riservato alle piazze delle vittime della gestione pandemica: il culto del mattone viene spacciato come una religione piccolo borghese, egoistica e provinciale, si sprecano i riferimenti a società più “mature” dove i cittadini si spostano, si delocalizzano senza fare drammi e la mobilità è un segno di adesione a un modello abitativo più consono alla globalizzazione.

E’ che dai Parioli, da Via del Vivaio, dalle case di ringhiera diventate un must della residenzialità dei creativi e pure dagli stabili dei centri storici affittati come foresterie a prezzo calmierato, ci si sente culturalmente e moralmente autorizzati a considerare la difesa del tetto una ossessione dei poveracci che hanno patito il water sul pianerottolo, gli appartamenti negati ai meridionali, la coabitazione coatta, come se fosse una memoria del passato incompatibile con il relativo benessere, sospeso dalla peste ma che l’ambizioso Pnrr e l’elemosina a strozzo dell’Europaci restituiranno, con il valore aggiunto della domotica e della digitalizzazione in casa, anticipata dalla rottamazione del televisore.

Vedrete se i proprietari di casa non subiranno il linciaggio che è doveroso infliggere a chi ha voluto troppo, posseduto da un individualistico desiderio di insano possesso concesso in regime di esclusiva solo a chi è abituato per nascita o spregiudicato arrivismo, appartenenza a dinastie speculativo o affiliazione criminale a tenersi la “roba” ereditata o conquistata, si tratti di palazzi, ville, tratti di coste e paesaggi, opere d’arte da riporre in caveau.

Vedrete se non verranno sottoposti allo stesso trattamento dei piccoli risparmiatori  vampirizzati e ingannati dal management bancario, le oltre  130.000 famiglie vittime del decreto salva banche, che  il governatore Visco apostrofò come   “analfabeti funzionali”, perché non sufficientemente esperti di prodotti finanziari truffaldini, proponendo l’educazione finanziaria come rimedio.

E d’altra parte è la stessa ricetta in uso per i licenziandi della distruzione creativa di Draghi,  che non vogliono adattarsi alla modernità, imparare a essere schiavi totali in attesa di essere sostituiti dai robot: i piccoli proprietari dovevano modernizzarsi imparando dai grandi evasori, dai finanzieri con sede legale alle Cayman, dalle imprese immobiliari degli emirati per i quali non esiste pena o esproprio.

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