domenica 2 maggio 2021

156 MEDICI “PRO VITAMINA D ANTI-COVID” BOCCIATA DA SPERANZA. “Ignorati 300 studi” accusa il prof. Isaia. Con lui Noti Primari e Accademici

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Nell’immagine di copertina il professor Giancarlo Isaia, Primario di Geriatria delle Molinette di Torino e presidente dell’Accademica di Medcina di Torino, e il ministro Roberto Speranza, laureato in Scienze Politiche

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

Fonte originale: articolo di Gospa News

«La circolare del Ministero della Salute del 26 aprile aggiorna le Linee Guida per le cure domiciliari dei pazienti COVID-19 e, per quanto riguarda l’utilizzo della Vitamina D, non ha per nulla modificato la posizione già espressa nella circolare pubblicata nel novembre 2020».

Il professor Giancarlo Isaia, Primario di Geriatria dell’Ospedale Molinette di Torino e presidente dell’Accademia della Medicina del capoluogo piemontese, non è disposto ad ingoiare il rospo dell’ennesima bocciatura della vitamina D sancita dal ministro Roberto Speranza in una circolare diffusa poche ore dopo il pronunciamento con cui il Consiglio di Stato ha annullato la precedente ordinanza del TAR del Lazio in cui erano state sospese le “linee guida’ del Dicastero contro il Covid, basate semplicemente sulla “vigile attesa” e il paracetamolo che, a giudizio ormai di migliaia di medici, rischiano di compromettere la situazione dei malati di Covid-19.

 Antonio D’Avolio Professore di Farmacologia dell’Università di Torino

Al fianco di Isaia si sono schierati medici come Antonio D’Avolio Professore di Farmacologia, Università di Torino, Alessandro Comandone Primario di Oncologia, ASL Città di Torino, Martino Marangella Primario Emerito di Nefrologia, Ospedale Mauriziano Umberto I di Torino, Alberto Silvestri Dirigente medico di Medicina Interna, ASO Santa Croce e Carle di Cuneo, Giovanni Ricevuti Professore di Geriatria, Università di Pavia, Patrizia Presbitero Primario di Cardiologia interventistica, Istituto clinico Humanitas di Rozzano (MI), Roberto Vettor Professore di Medicina Interna, Università di Padova, Fabio Vescini Dirigente Medico di Endocrinologia, AOU Santa Maria della Misericordia Udine, Laura Tafaro Professoressa di Geriatria, Sapienza Università di Roma, Mario Barbagallo Professore Ordinario di Geriatria, Università di Palermo, e Antonio Aversa Professore di Endocrinologia, Università di Catanzaro. Solo per citarne alcuni di varie parti d’Italia.

La sua battaglia iniziata nel dicembre scorso, alla luce di molti studi scientifici, si è rafforzata con il contributo di altri 95 esperti di medicina che si sono affiancati ai 61 firmatari dell’appello iniziale al Ministero rimasto nel frattempo lettera morta dopo ben 4 mesi. La vicenda ricorda quella della neurologa Roberta Ricciardi che il 24 aprile 2020 segnalò l’efficacia dei cortisonici (desametasone) nelle cure domiciliari della malattia da SARS-Cov-2 ma rimase senza alcuna risposta da parte di Speranza (laureato in Scienze Politiche, è sempre bene ricordarlo) e dello staff di consulenti ministeriali.

«Si segnala che non esistono, a oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato» si legge nella circolare firmata dal dottor Giovanni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute in cui, di fatto, si confuta l’utilità di quanto deciso dal ministro britannico Matt Hancock che ha donato 2,7 milioni di dosi di vitamina D ai suoi concittadini più fragili. Come replicato anche dalla Fondazione Ferrero di Alba, come spiega lo stesso Isaia.

«Ritengo che questa posizione del Ministero presenti un problema sia di merito che di metodo: nel merito,  mi pare che avrebbe dovuto tenere conto dei numerosi dati scientifici che, benché non conclusivi, sono stati prodotti sull’argomento in tutto il mondo e che, nel complesso, sono favorevoli all’uso della Vitamina D nella prevenzione e, forse, anche nella terapia del COVID-19: in particolare anche in Italia i ricercatori delle Università di Pavia e di Padova hanno analizzato gli effetti della vitamina D su pazienti COVID-19, rilevandone positivi risultati terapeutici» aggiunge il professor Isaia che poi critica l’atteggiamento del ministero.

«Nel metodo invece spiace verificare che il documento (Link) promosso dall’Accademia di Medicina di Torino e sottoscritto da 156 Medici italiani, per lo più Professori Universitari e Primari Ospedalieri, non sia stato considerato: esso, redatto con finalità propositive, ha analizzato criticamente oltre 300 ricerche pubblicate su importanti riviste scientifiche “peer review”, ha rilevato la presenza di un razionale nell’uso della vitamina D, soprattutto con finalità di prevenzione ed è stato accettato dalla rivista Pharmadvances, organo ufficiale  della Società Italiana di Farmacologia. Credo che sarebbe stato utile approfondire la questione con un dibattito o con una conferenza fra esperti, finalizzata a trovare una soluzione ragionevole e soddisfacente, in quanto sono convinto che una comunità scientifica possa crescere e generare risultati positivi se si nutre anche del contributo di chi la pensa diversamente» dichiara il primario di Geriatria delle Molinette di Torino che in risposta alla nota del Dicastero della Salute, che confuta l’esistenza di studi clinici controllati, replica con argomentazioni scientifiche granitiche.

 Una sintesi del documento firmato da 156 medici – il PDF integrale in fondo all’articolo

«Il documento riporta anche un nostro lavoro, condotto in collaborazione con ARPA, ENEA e alcune Università italiane e pubblicato sulla rivista ecologica americana “Science of Total Enviroment” nel quale abbiamo utilizzato i dati forniti da un satellite geostazionario olandese in grado di misurare con elevata precisione le radiazioni ultraviolette, che come è noto stimolano la produzione della Vitamina D; abbiamo rilevato che nel secondo semestre del 2019 esse sono risultate, in modo statisticamente molto significativo, inversamente proporzionali al numero di decessi e contagiati da COVID-19 registrati in Italia nel successivo periodo gennaio-maggio 2020» precisa il professor Isaia.

Il presidente dell’Accademia di Medicina di Torino illustra poi la metodologia tecnica che ha portato alla clamorosa scoperta, praticamente ormai lapalissiana per il ministro britannico ma ancora respinta da Speranza. «Ci conforta il fatto che la Regione Piemonte abbia ritenuto di inserire nel protocollo delle cure domiciliari dei pazienti affetti da COVID-19, anche la vitamina D, seguendo l’esempio del Regno Unito, dove essa è stata somministrata a 2.7 milioni di cittadini anziani, e dove si sono registrati risultati eccellenti, certamente a seguito ad un’efficace campagna vaccinale, ma forse grazie anche a questo semplice, poco costoso e sicuro provvedimento preventivo».

Ad ulteriore conferma di un atteggiamento scettico – per non dire terribilmente ostativo ad ogni terapia domiciliare suggerita dai medici di varie regioni d’Italia – ecco le ulteriori frasi della circolare del ministero che mettono nuovamente al bando l’idrossiclorichina, sostenuta dal Comitato Cure Domiciliari Covid presieduto dall’avvocato Eriche Grimaldi che aveva vinto il ricorso a TAR per la sospensione cautelare delle linee guida del ministero ed a favore delle terapie domiciliari “secondo scienza e coscienza” dei medici, ma sconsigliano persino l’uso dei cortisonici di cui fu acclarata l’efficacia dallo studio Recovery dell’Università di Oxford.

«Non utilizzare routinariamente corticosteroidi. L’uso dei corticosteroidi è raccomandato esclusivamente nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno – scrive ancora Rezza nella circolare ministeriale – L’impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in pazienti con fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia ove non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere. L’utilizzo della terapia precoce con steroidi si è rivelata inutile se non dannosa in quanto in grado di inficiare lo sviluppo di un’adeguata risposta immunitaria; non utilizzare eparina. L’uso di tale farmaco è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto; evitare l’uso empirico di antibiotici. Non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti».

In pratica le linee guida impongono ai medici di non utilizzare tutte le terapie finora ritenute efficaci da migliaia di medici in Italia e nel mondo. Non si tratta di un semplice consiglio ma di un invasivo condizionamento perché sulla base della legge Gelli-Bianco 24/2017 il medico che segue le linee guida beneficia dell’impunità in caso di decesso del paziente, chi non le segue no. Diviene pertanto arduo non pensare che una simile impronta terapeutica non sia ispirata dall’obbiettivo strategico di focalizzarsi sulla promozione dei vaccini, col relativo business delle Big Pharma, come l’unico antidoto al Covid-19 il quale, in realtà, se curato in tempo soprattutto a domicilio, può essere contenuto prima che l’infiammazione aggredisca in modo invasivo i polmoni.

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

 

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