https://www.sollevazione.it
Facendo una ricerca su questo sito gli articoli dedicati a Draghi, o con Draghi nel titolo sono più di un centinaio. Dal tempo in cui divenne capo supremo della Bce, fino ai giorni recenti, diventato Presidente del Consiglio.
Dobbiamo tornarci.
Prendiamo come spunto di riflessione un interessante articolo di Domenico Moro dal titolo DRAGHI E IL GRANDE RESET DEL CAPITALISMO.
Riportiamo la tesi che fa da chiave di volta dell’analisi di Moro:
«I Paesi a capitalismo avanzato si caratterizzano per una sovraccumulazione di capitale assoluta, cioè per un eccesso di investimenti in rapporto alla profittabilità, che determina il fenomeno della caduta tendenziale del saggio di profitto. Da questa situazione derivano le crisi che si sono succedute ripetutamente dal 2001 ad oggi, compresa la crisi dei mutui subprime del 2007-2009 e quella dei debiti sovrani del 2011-2012. Anche la crisi del Covid-19, che è la crisi di gran lunga più profonda dagli anni ’30, in realtà si è verificata quando l’economia mondiale e quella europea stavano già imboccando una fase di declino. Da questo punto di vista il Covid-19 rappresenta una occasione preziosa per il capitale nel suo complesso. Infatti, da una parte il Covid-19 permette allo Stato di intervenire a sostegno del capitale con l’erogazione di una massiccia liquidità. Nella UE il Covid-19 ha rappresentato anche la possibilità di sospendere i vincoli alla spesa pubblica contenuti nei trattati. Dall’altra parte, il Covid-19 permette di eliminare una parte del capitale in eccesso, mediante il fallimento delle imprese meno competitive. Non a caso Draghi, nel corso dell’ultimo incontro del Gruppo dei Trenta, ha affermato che gli aiuti pubblici vanno dati alle imprese sane e non alle imprese decotte, da lui definite come “imprese-zombie”. Quindi, il Covid-19 faciliterà la centralizzazione del capitale, un fenomeno che serve a contrastare la caduta del saggio di profitto».
Tesi, come dire, “marxista ortodossa”. Un punto d’analisi giusto che tuttavia ci sembra insufficiente a spiegare il marasma in cui si dimena il capitalismo mondiale, anzitutto quello occidentale. Se mi è consentito rilevo qui due distorisiteorici principali.
Il primo errore consiste nella concezione meccanicistica per cui posto un effetto (la crisi) si giunge all’univoca causa (sovraccumulazione assoluta di capitale). A ben vedere, e ciò vale anzitutto per i processi storici: non solo un dato effetto risulta dal concorso di più cause, viceversa un combinato disposto di cause può produrre molteplici effetti, spesso contingenti e imprevedibili.
Il secondo errore dipende dal presupposto economicistico del discorso. Posta la centralità della sfera economica e della caccia al plusvalore come modus essendi del Capitale, non è essa sola che occorre tenere in considerazione per capire le trasformazioni e le crisi della formazione sociale capitalistica. Il capitalismo è un organismo per sua natura è costretto a mutare pelle e simili mutazioni hanno spesso cause complesse che afferiscono alla sfera politica (sollevazioni sociali, crisi istituzionali e morali, conflitti statuali e geopolitici, ecc.)
Il difetto dell’economicismo consiste nella reductio ad unum, il suo menomare la complessità storico-sociale. Ogni grande crisi del capitalismo ha la sua radice ultima nella sovraccumulazione di capitale e nella sovrapproduzione di merci, tuttavia da questo presupposto se ne ricava poco o nulla sui suoi eventuali effetti, men che meno per quanto concerne quale debba essere una concreta strategia rivoluzionaria. Tanto per fare un esempio: la Grande Crisi del ’29 colpi tutto il mondo ma negli U.S.A. avemmo il New Deal, in Germania il nazismo, in Spagna la guerra civile. Posta la causa economica generale dello sconquasso i diversi paesi ne sono usciti in maniere differenti, e ciò dipese dai diversi fattori, ad esempio dalle radici culturali e spirituali del paese, dalla potenza ideologica ed egemonica della classe dominante, da quella delle forze antagoniste (Gramsci docet) .
Prendiamo ad esempio, e Moro ne parla, la pandemia Sars-Cov2, ovvero lo shock per giustificare il Grande Reset. Certo che c’è un nesso stringente tra la sottostante sfera economica e la sovrastante sfera ideologica politica, non c’è tuttavia alcun automatismo che dalla prima derivi di necessità una conseguenza. Non si possono comprendere i nessi reali e il tipo di mutazione in atto (che l’élite mondialista vorrebbe portare a termine), senza considerare i fondamentali e correlati aspetti politici, sociali, istituzionali , ideologici e culturali.
Non è questa la sede per approfondire questo discorso che meriterebbe di essere scandagliato nei suoi molteplici aspetti, filosofici ed anche economici.
Vale segnalare, proprio a causa del mix di meccanicismo ed economicismo, il grave scivolone in cui Moro inciampa nel giudizio sul governo Draghi e l’impasse in cui si trova l’Italia. Moro scrive:
«Questo, però, non vuol dire che Draghi sia una specie di commissario europeo dell’Italia. Draghi è espressione e garanzia degli interessi del grande capitale italiano, ed è stato, infatti, fortemente voluto dalla Confindustria».
Draghi non sarebbe un commissario europeo?! Sono caduto dalla sedia. E’ un po’ come dire, che so, “la terra è piatta”. Perché mai questa autentica corbelleria? Un’assurdità tanto più grande se pronunciata da un economicista, che si suppone sappia cosa sia l’Unione europea e le ragioni della sua crisi strutturale in quanto organismo geo-economico prima ancora che geopolitico.
Notate che la negazione (Draghi non sarebbe un commissario suggerito e desiderato dall’oligarchia Ue per sottoporre l’Italia ad un regime di ispezione e protettorato) è oppositiva all’affermazione, quella per cui Draghi è espressione del grande capitalismo italiano.
In verità le due cose stanno assieme, combaciano poiché Draghi è le due cose nello stesso tempo. Ma questo lo hanno capito anche i sassi, e ci viene ripetuto un giorno sì e l’altro pure da chi Draghi l’ha invocato e fatto salire al trono. Ogni giorno che passa si sottolinea che il Draghi è il procuratore dell’Unione europea, il garante del rispetto rigoroso dell’attuazione delle “riforme” (“ce lo chiede l’Europa”). L’Italia viene finanziata a tranche dalla Ue e queste saranno erogate solo a patto che il Paese sia rivoltato come un calzino in senso ordoliberista. Per rendersene conto consiglio la lettura di questo articolo dove si segnala come Draghi stia operando, ovvero come ogni sua decisione presentata in Consiglio dei ministri sia preventivamente decisa con Bruxelles.
Ho un sospetto, che dietro a questa corbelleria ci sia in verità un pregiudizio politico, che sia la copertura cosmetica di un pregiudizio tipico di certa sinistra radicale, quello per cui “Dio ce ne scampi dal rivendicare la sovranità nazionale e… proletari di tutto il mondo unitevi!”.
Pensandoci bene economicismo e estremismo (parolaio) sono sempre andati a braccetto.
Nessun commento:
Posta un commento