Il consulente della Procura di Prato, l'ingegner Carlo Gini, è tornato nella ditta per ricostruire in quale fase della lavorazione è accaduto l'incidente: l'ipotesi è che mancasse la saracinesca protettiva. In un messaggio pubblicato da Repubblica, il 30 aprile la giovane lamentava di aver dovuto "correre come una dannata" e di dover lavorare in autonomia, nonostante il contratto prevedesse l'affiancamento di un tutor.
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Nuovi accertamenti giudiziari sul caso di Luana D’Orazio, l’operaia tessile di 23 anni morta il 3 maggio scorso in una fabbrica a Montemurlo, in provincia di Prato. La convinzione dei magistrati è che, al momento dell’incidente, attorno all’orditoio – il macchinario a rulli girevoli a cui Luana era addetta e in cui rimase intrappolata – mancassero le cautele anti-infortunistiche previste dalla legge, in particolare la saracinesca protettiva. Un’ulteriore ipotesi emersa di recente è che i vestiti indossati quel giorno dalla giovane abbiano contribuito a farla trascinare all’interno. Mercoledì l’ingegner Carlo Gini, consulente della Procura di Prato guidata da Giuseppe Nicolosi, è tornato nella ditta per la seconda perizia, accompagnato dagli esperti delle difese e delle parti civili: i periti stanno completando le verifiche sulla “scatola nera” dell’apparecchio avvalendosi di tecnici della ditta tedesca che lo produce. Per comprendere in quale fase della lavorazione sia avvenuto il decesso è necessario poter stimare la velocità a cui stava girando il subbio, il cilindro rotante che avvolge il filo.
La relazione tecnica dell’ingegnere è prevista entro metà luglio.Gli indagati – per omicidio colposo e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro – sono la titolare dell’azienda Luana Coppini e l’addetto alla manutenzione dell’orditoio, Mario Cusimano. Quest’ultimo, secondo l’accusa, era l’unico ad avere le competenze necessarie per disattivare la saracinesca. Si lavora, tra le altre cose, anche per chiarire se la ragazza avesse ricevuto la formazione necessaria per un mestiere potenzialmente pericoloso: pare infatti che nel contratto fossero indicate soltanto funzioni di catalogazione, non direttamente operative. Nei giorni scorsi gli investigatori hanno ascoltato alcuni dipendenti della ditta, che si sono dimostrati “collaborativi” e hanno “confermato alcune delle circostanze già emerse nel corso dell’indagine”. Nei prossimi giorni è in programma l’interrogatorio dei due indagati, a partire proprio da Cusimano. Nel frattempo un audio Whatsapp pubblicato da Repubblica – ma non ancora acquisito agli atti dell’indagine – aggiunge nuovi elementi alla ricostruzione. “Scusa amore, ho finito solo adesso. Anche oggi ho dovuto correre come una dannata. Mi hanno lasciata da sola con un sacco di lavoro…”, diceva Luana al fidanzato lo scorso 30 aprile, quattro giorni prima del decesso. Secondo i familiari, il messaggio testimonia le difficili condizioni lavorative in cui la ragazza – madre di un bimbo di cinque anni – sarebbe stata costretta in quel periodo. Persone a lei vicine la descrivono travolta da turni e carichi troppo serrati per il suo contratto, che prevedeva, peraltro, la presenza di un tutor in affiancamento. La procura ha invece già accertato che, il giorno dell’incidente, insieme a lei non c’era nessuno.
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