giovedì 27 maggio 2021

Alla ricerca di un camper e di un bicchier d’acqua

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 di: e

Non è immaginabile lavorare tutto il giorno in aperta campagna, in piena estate, sotto il sole, con temperature molto alte, senza la possibilità di avere a disposizione l’acqua corrente per bere e per lavarsi. Eppure è la condizione “normale” in cui si trovano a vivere migliaia di persone invisibili. Senza diritti. Mano d’opera a basso costo per garantire sulle nostre tavole frutta e verdura. È così in Puglia, in Calabria, in Sicilia… È così da tempo. E, nei ghetti in cui il lavoratori stranieri sono ammassati, non manca solo l’acqua, mancano anche tutti i diritti più elementari. A reagire sono, spesso da soli, associazioni, comitati spontanei, singoli cittadini che cercano di assicurare un minimo di diritti ai più vulnerabili. Un coordinamento di alcune di queste realtà è promosso dall’associazione Accoglienza Controvento di cui proponiamo qui due iniziative.

1.

Campobello di Mazara (Trapani) è un paese di 10.000 abitanti a forte vocazione agricola. Come tanti altri piccoli paesi del Sud Italia, è rimasto ai margini della narrazione riguardo allo sfruttamento dei lavoratori stranieri. Eppure è dagli anni ’90 che un numero sempre più elevato di lavoratori provenienti dalla Tunisia viene coinvolto nel lavoro agricolo. Dal 2000 si sono aggiunti in gran numero lavoratori che arrivano dall’Africa Subsahariana, in particolare dal Senegal. Questi lavoratori non sono mai stati considerati alla stregua degli altri e ancora oggi vivono, nella maggior parte, confinati in un vero e proprio ghetto, chiamato “ex-Calcestruzzi”, che rimane nascosto alla vista della cittadinanza. Il ghetto è considerato illegale dalle autorità, nonostante permetta a 700 lavoratori l’anno di trovare un riparo e di poter in qualche modo riposare. Nel ghetto non c’è acqua, né elettricità; le persone sono prive di assistenza sanitaria, è impossibile garantire le più elementari norme d’igiene per la salute e la sicurezza. Oggi, con la pandemia, questi lavoratori stanno vivendo una condizione di estrema vulnerabilità. Ogni misura di igiene, di distanziamento e di protezione è praticamene impossibile. Eppure, l’agricoltura di quelle zone si regge proprio grazie a loro e al loro lavoro. E l’acqua è un bene comune e deve essere pubblica e gratuita per tutti.

A Campobello l’acqua, nonostante ci sia, viene acquistata e portata con cisterne. 8 mila litri di acqua costano 80,00 euro più Iva. E questa provvista basta a mala pena per 24-48 ore. Dipende dal numero di persone che si trovano al ghetto, dove, a volte, si contano, 1200-1400 presenze.

Per questo è nato il progetto Portiamo l’acqua al ghetto di Campobello di Mazara a cui si può concorrere anche con un piccolo versamento.
Questo l’Iban: IT79D0838633910000000470387 – Causale Accoglienza Controvento Campobello

2.

Ogni anno nella stagione della raccolta delle arance e dei mandarini nella Piana di Gioia Tauro arrivano migliaia di lavoratori immigrati. Solo qualche centinaio è ospitato nella tendopoli di San Ferdinando e nel campo container di Rosarno. La maggior parte è costretta a vivere in condizioni disumane in vere proprie baraccopoli sparse nelle campagne delle Piana, senza alcun servizio, senza acqua e senza energia elettrica. Solo in pochi riescono ad avere un contratto di lavoro. La maggior parte, a causa dello status di immigrato senza permesso di soggiorno, è sottoposta a ricatti e costretta a paghe da fame e orari disumani. Un rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato nel settembre 2019, ha denunciato l’insediamento di San Ferdinando e quello di Borgo Mezzanone in Puglia descrivendoli come luoghi di schiavitù, ma poco o niente da allora è cambiato.

In quella realtà così difficile, nella quale hanno perso la vita in modo violento alcune persone e in assenza di una proposta strutturale dello Stato capace di far uscire dalla condizione di precarietà i lavoratori stagionali, alcune organizzazioni umanitarie e associazioni dei luoghi provano a offrire servizi amministrativi e di cura delle persone. A San Ferdinando l’Amministrazione comunale aveva concesso all’Associazione “Nuvola Rossa” una stanza da adibire a sportello per i migranti, dedicato a Soumaila Sacko, un bracciante ucciso due anni fa. Da quando è iniziata la pandemia, peraltro, i problemi sono aumentati e la stanza non è più usufruibile. Da qualche tempo, per portare avanti le pratiche e le richieste, gli aderenti all’associazione vanno direttamente nei vari insediamenti dei comuni della piana di Gioia Tauro e questo permette di incontrare le persone. È ormai diventata un’abitudine compilare i fogli sul cofano dell’auto. Avere una presa elettrica per computer è un’utopia.

Per questo l’associazione Accoglienza Controvento si unisce alle realtà che operano nei territori nella ricerca di un camper di seconda mano da attrezzare come ufficio mobile (con una scrivania, un pc e una fotocopiatrice) che permetta di spostarsi da San Ferdinando a Foggia o a Cassibile o a Caserta, seguendo la stagionalità delle persone.

Per contatti: Associazione culturale Accoglienza Controvento – controvento@gmail.com

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