Nello slalom tra referendum sul taglio dei parlamentari e legge elettorale da scrivere si arriverà dritti al 2 luglio 2021, quando inizierà il semestre bianco. E, statene certi, nessuno vorrà perdere prima la poltrona.
Giancarlo Giorgetti, che ha già capito come andrà a finire, si è messo comodo in tribuna. “Se piove”, spiega, “perlomeno sono al coperto”. Il suo “Capitanol, invece, continua a sbattersi sul terreno di gioco tra bagni di folla e comizi, talk-show e sagre del maiale, in uno stato di eretismo propagandistico dispendioso che può durare qualche settimana o qualche mese al massimo, di certo non all’infinito. Salvini si sta spendendo come se Conte e la sua maggioranza tra poco venissero giudicati (e condannati).
Ma c’è un però: di elezioni politiche qui non si vede traccia.
Anzi peggio: per una somma di scadenze e di convenienze, qualcuna nobile altre decisamente meno, ci stiamo infilando in un lunghissimo tunnel di democrazia sospesa.
Per almeno 18 mesi, il popolo sovrano verrà espropriato. C
on buona pace della Lega, ansiosa di passare all’incasso, è praticamente impossibile che prima del 2022 si torni a votare.
Potrebbero essere gli attuali 930 nominati o, se verrà convalidato il taglio, i 600 altrettanto nominati previsti dalla riforma.
Vista l’aria che tira, possiamo tranquillamente scommettere sulla seconda delle due. Ma non si può mai prevedere cosa passa per la testa degli italiani.
E comunque il presidente della Repubblica, nel caso in cui Conte inciampando cadesse, certamente tirerebbe il freno: “Prima di tenere nuove elezioni”, direbbe, “facciamo svolgere il referendum, evitando l’obbrobrio di un Parlamento appena eletto e subito delegittimato”.
Ragionamento di molto buonsenso cui nessuno potrebbe obiettare, tantomeno Salvini.
Sennonché poi, una volta timbrato il taglio di deputati e senatori, sarà necessario tarare la legge elettorale sulla base dei nuovi numeri.
Ci sarà una delega apposita. Il governo avrà tempo due mesi per provvedere, e tutto fa pensare che se li prenderà fino all’ultimo minuto dell’ultimo giorno disponibile. Nel frattempo saremo a fine novembre, con il pensiero già rivolto al Natale, cioè alla data più temuta dai capponi i quali sanno che cosa li attende. Di capponi terrorizzati sarà pieno il Parlamento perché, nel caso di elezioni anticipate, gran parte dei nostri onorevoli tornerebbe alla vita di prima. Dunque si formerà una massa di disperati, pronti a qualunque contorsione politica pur di non affrettare il giorno in cui cuoceranno in pentola. La loro parola d’ordine sarà “resistere, resistere, resistere”. Per quanto tempo? Non tanto: sarà loro sufficiente arrivare al “semestre bianco” che, come la Costituzione prescrive, vieta al presidente della Repubblica di sciogliere le Camere nei sei mesi che precedono la fine del suo settennato.
Così si volle impedire che il Capo dello Stato ricattasse i partiti minacciando “o mi rieleggete o vi mando tutti a casa”. Figurarsi se a Mattarella verrebbe mai in mente di comportarsi così. Tra l’altro sarebbe contrarissimo a ricandidarsi, assicurano i suoi. Però la legge vale per tutti e, nel caso del dodicesimo presidente, il semestre bianco scatterà il 2 luglio 2021 tipo saracinesca.
Dopo quella data Salvini potrà protestare finché vuole, promuovere manifestazioni sotto il Quirinale e perfino minacciare di buttarsi giù dal Colosseo, ma inutilmente.
L’uomo del Colle allargherà le braccia e gli dirà: “Rivolgiti al mio successore, una volta che sarà stato eletto”. Cioè non prima di gennaio 2022. Passando attraverso tutte le manovre e i mercanteggiamenti che solitamente precedono le elezioni presidenziali.
Un paio di ulteriori considerazioni, suggerite da chi se ne intende. Osserva Gaetano Quagliariello, già ministro delle Riforme, che la finestra elettorale teorica (dal referendum elettorale fino al semestre bianco) è in realtà una finestrella, al massimo una feritoia, uno spiffero, un pertugio. Il motivo? Nella storia d’Italia non si è mai votato durante il semestre bianco; per consuetudine tenere elezioni in quel periodo verrebbe considerato altamente scorretto sul piano costituzionale, e dunque per votare prima del semestre “non bianco ma bianchissimo” Mattarella dovrebbe sciogliere le Camere addirittura a Pasqua. I fautori delle elezioni, ammesso che ve ne siano, dovranno darsi una mossa. Segnala infine Stefano Ceccanti, giurista “dem”, che gli eventuali congiurati avranno più convenienza a pugnalare Conte dopo il 2 luglio, con la certezza di non causare nuove elezioni, piuttosto che venire allo scoperto prima (e causare elezioni al rischio di venire trombati). “Chi lo facesse sarebbe politicamente un folle, un aspirante suicida da ricoverare con un Tso”, garantisce Ceccanti. Sarebbe il salto definitivo nella neuro-politica.
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