Quale dovrebbe essere la “road map” giuridica di una formazione, o di una coalizione, sovranista nel caso riuscisse a raggiungere il Governo del Paese? È una domanda che è opportuno iniziare a porsi perché gli eventi evolvono talmente in fretta da rendere non impossibile un tale scenario. E la risposta non può che partire da un chiarimento intorno allo stesso aggettivo, oggi tanto popolare quanto vituperato, da cui siamo partiti: “sovranista”.
Più precisamente, la “sovranità” coincide con la “potestà di imperio”. Cioè, da un lato con la piena autonomia e indipendenza dello Stato rispetto ad altri soggetti o persone giuridiche (sia di diritto interno, sia di diritto internazionale), dall’altro con la supremazia dello Stato su chiunque (privato o organizzazione) abbia sede o si trovi occasionalmente nel territorio. Il che comporta anche il potere dello Stato di decidere, di imporre e di far rispettare le “regole del gioco”, vale a dire le leggi, a chi nello Stato vive, transita e opera. Nonché di agire in via esecutiva, ed esclusiva, per realizzare qualsiasi progetto ritenuto di utilità sociale per la cittadinanza, senza “soggezioni” o coindizionamenti di sorta. Ovviamente, la potestà di imperio è nulla se, a sua volta, non si declina attraverso i classici tre poteri di cui parlava Montesquieu: legislativo, esecutivo, giudiziario. A questi va aggiunto il quarto, e decisivo, potere che è quello coincidente con la “sovranità” monetaria, cioè con il monopolio nella produzione e nella governance della moneta statale.
Quindi, se scendiamo dal generale al particolare e dall’astratto delle enunciazioni di principio al concreto della realtà giuridico-istituzionale, la potestà di imperio, nel nostro Paese, appartiene in ultima istanza al popolo. E ciò in base a una logica non elitaria, non aristocratica, non oligarchica, ma semmai antitetica a tali “deformazioni”. Una logica ispirata alla più ampia, diffusa e articolata “partecipazione” popolare nella titolarità e nell’esercizio di tutti i poteri in cui la “sovranità” si esplicita.
Alla luce di quanto esposto, qualsiasi movimento si dichiari oggi “sovranista” non potrà che esserlo – perlomeno a Costituzione vigente – nel senso, con le forme e nei modi stabiliti dalla Carta del 1948. Il che pone ogni politico autenticamente “sovranista” di fronte a tre inderogabili linee d’azione (da tradursi in obbiettivi programmatici) rispetto al tema della sovranità: una di carattere conservativo, una di carattere emendativo e una di carattere proattivo. Tutte, comunque, ispirate alla difesa o, addirittura, al miglioramento della ratio del concetto di sovranità “costituzionale”. Vediamole rapidamente.
1) Possibili azioni di carattere conservativo: proteggere in tutti i modi lo spirito profondamente “popolare” e “democratico” della sovranità italiana e, quindi, opporsi alla stipula di ogni ulteriore trattato internazionale volto a ridurla, sminuirla, comprimera o, addirittura, cederla. Soprattutto se ciò implica il trasferimento di tali quote di sovranità a organi non elettivi, trans-nazionali, extraterritoriali e “irresponsabili” (come Commissione, BCE, MES, authority varie, etc.)
3) Possibili azioni di carattere proattivo: inserire nella Costituzione la sovranità monetaria (“dimenticata” dai padri costituenti) e integrare come segue (cioè in melius) l’articolo 5: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali. È, altresì, indisponibile a qualsiasi forma di fusione o aggregazione sovra-statuale e transnazionale, di natura federativa o confederativa, con altri Stati, tale da implicare definitive cessioni di sovranità a organismi extra-statuali in violazione dell’articolo 11”. Integrare, infine, l’articolo 139 come segue: “La forma repubblicana, così come specificata dagli articoli da 1 a 12, e in particolare dall’articolo 5, non può essere oggetto di revisione costituzionale”. Questa riforma renderebbe definitivamente inattuabile, per via costituzionale, l’obiettivo (quasi mai apertamente confessato) degli europeisti odierni: e cioè la confluenza dell’Italia negli “Stati Uniti d’Europa”.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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