Lo
sapevamo, era nelle attese, ma l’approssimarsi e l’emergere di una serie
di indicatori economici rende sempre più vicine, sempre più concrete,
le minacce che da settimane turbano i pensieri di noi tutti.
Gli effetti del lockdown, indesiderati quanto purtroppo necessari ad arginare il pericolo che minacciava di segnare, in maniera ancora più tragica di quanto non abbia fatto, la vita sociale ed economica del nostro Paese, continuano a fare sentire il loro peso colpendo le fasce sociali più fragili e generando nuove sacche di povertà.
Il Covid e la sua lockdown
economy spalancano il baratro della povertà per 2,1 milioni di famiglie
con almeno un componente che lavora in maniera non regolare. Ben
1.059.000 famiglie vivono esclusivamente di lavoro irregolare.
È quanto emerge dal Focus Censis Confcooperative “Covid da acrobati della povertà a nuovi poveri. Ecco il rischio di una nuova frattura sociale”.
Sono loro gli acrobati della povertà, hanno sempre guadagnato il minimo per sbarcare il lunario, ma il lockdown li ha messi ko e ha aperto crepe profonde in aree di fragilità già acute in fase precovid.
Sfruttati, mortificati, mal pagati, senza una rete di protezione sociale e risparmi a cui attingere, con un futuro previdenziale da incubo questi lavoratori hanno visto crollare all’improvviso il loro reddito andando a ingrossare la sacca di povertà, molto spesso assoluta.
La presenza di famiglie con solo occupati irregolari pesa al Sud dove si concentra il 44,2%, ma le percentuali che riguardano le altre ripartizioni danno conto comunque di una diffusione considerevole anche nel resto del Paese: il 20,4% nel Nord Ovest, il 21,4% nelle regioni centrali e il 14% nel Nord Est.
Durante i mesi di stretto lockdown, 15 italiani su 100 hanno visto ridursi il reddito del proprio nucleo familiare più del 50%, mentre altri 18 italiani su 100 hanno subito una contrazione compresa fra il 25 e il 50% del reddito, per un totale di 33 italiani su 100 con un reddito ridotto almeno di un quarto. Ancora più drammatica la situazione fra le persone con un’età compresa fra i 18 e i 34 anni, per le quali il peggioramento inatteso delle propria situazione economica ha riguardato 41 individui su 100 (riduzione di più del 50% per il 21,2% e fra il 25 e il 50% per il 19,5%).
In sintesi, la metà degli italiani (50,8%) ha sperimentato un’improvvisa caduta delle proprie disponibilità economiche, con punte del 60% fra i giovani, del 69,4% fra gli occupati a tempo determinato, del 78,7% fra gli imprenditori e i liberi professionisti. La percentuale fra gli occupati a tempo indeterminato ha in ogni caso raggiunto il 58,3%.
Per arginare il diffondersi della povertà ed evitare divieti irreversibili per fasce sempre più ampie della popolazione, occorre subito mettere in circolo risorse per politiche strutturali che tendano sia alla salvaguardia dell’attuale occupazione, ma soprattutto alla creazione di nuovo lavoro.
Solo rilanciando innovazione, competitività e occupazione potremo far fronte ai debiti che abbiamo contratto, ridurre le diseguaglianze e costruire un modello di Paese più equo, più sostenibile.
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