sabato 11 luglio 2020

"C'è una guerra fredda digitale tra Cina e Usa. Vince chi porta il 5G nella vita di ogni giorno".

Simone Pieranni autore di “Red Mirror” spiega come funziona il 5G in Cina: auto a guida autonoma, Città intelligenti, aziende con robot al posto delle persone, chirurgia a distanza e realtà virtuale. La tecnologia internet superveloce che permette il pieno sviluppo dell’Intelligenza artificiale è già il presente. Una sfida in cui la Cina è più avanti di tutti.


C’era una volta l’America. L’unico luogo dove si poteva immaginare il futuro. Grattacieli, macchine a guida automatica, aziende dotate di computer potentissimi e rapidissimi e in grado di far funzionare macchinari e robot in modo molto più rapido ed efficiente di quanto non accade con gli operai, città intelligenti dove tutto è organizzato dall’Intelligenza artificiale, ospedali che praticano perfettamente la chirurgia a distanza e realtà virtuale per visitare musei, giocare, vivere esperienze, fare vacanze. 
Nel nostro immaginario c’era l’America, ma nella realtà oggi tutto questo è la Cina. E se qualcuno si chiede come sia possibile, la risposta è una: 5G. Sgombriamo il campo da ogni equivoco, il 5G non servirà solo a scaricare film in pochi secondi o a vedere meglio lo streaming. 
Per provare a capire esattamente in cosa consista questo tipo di tecnologia di cui tanto si parla abbiamo intervistato Simone Pieranni, giornalista de Il Manifesto e autore di “Red Mirror. Il nostro futuro si scrive in Cina” (Laterza), un libro che racconta il vantaggio che Pechino ha accumulato sullo sviluppo del 5G, la tecnologia internet superveloce che permetterà il pieno sviluppo dell’Intelligenza artificiale. 

“Gli esperti si aspettano che il 5G avrà una velocità massima di download fino a 20 gigabit al secondo. Il primo paese che distribuirà e commercializzerà le reti mobili ultraveloci 5G avrà un enorme vantaggio economico: le stime viaggiano sui 500 miliardi di Pil e milioni di posti di lavoro. Per questo c’è uno scontro geopolitico silenzioso che vede contrapporsi Cina e Stati Uniti. Una nuova guerra fredda digitale. In palio c’è il primato per rendere il 5G utile alla vita di ogni giorno. E chi vincerà questa corsa usufruirà di tutti i vantaggi del caso. L’Europa è la torta che provano a spartirsi”. 
Come cambieranno le nostre vite con il 5G e l’Intelligenza artificiale?
“In Cina durante l’epidemia di Coronavirus hanno creato delle reti di 5G ad hoc in delle zone che non erano ancora coperte. E le hanno usate per riuscire a superare i limiti del lockdown. Come per esempio utilizzare macchine a guida autonoma per trasportare merci. Solo il 5G consente all’intelligenza artificiale di elaborare in pochissimo tempo una mole enorme di dati: e così l’auto riesce imparare in poco a riconoscere gli ostacoli, a fermarsi, a portare a termine un compito”.
Nel suo libro “Red Mirror” parla di una rivoluzione dai toni ancora più accesi di quando si passò al 4G. Quale è il grande passo in avanti?
“Tutta l’economia che si basa sugli algortmi, sull’elaborazione dei big data, sull’intelligenza artificiale, col 5G può realizzarsi. Col 4G era impossibile immaginare di alimentare una città solo con automobili a guida autonoma. Parlo delle auto perché è quello su cui la Cina sta puntando di più: hanno intenzione di usarla nella logistica e nei trasporti a lunga percorrenza. Inoltre gli incidenti dovuti ai tir e ai trasporti sono tantissimi, le macchine a guida autonoma li evitano. Anche la sincronizzazione del traffico è molto più fattibile. Il 5G è una rivoluzione anche per l’automatizzazione industriale. Già oggi in Cina esistono fabbriche che al loro interno non hanno umani. Poi ci sono tutti i servizi bancari che in futuro potranno anche fare a meno delle persone: basta il riconoscimento facciale e la banca elabora i tuoi dati in maniera immediata. E tutto questo va in un’unica direzione: quella della smart city. Dove dispositivi robotici o legati all’intelligenza artificiale alimentati da un rete a 5g saranno in grado di gestire tutta la città. Basti pensare alle telecamere, ai modelli predittivi che usano le polizie”.
Un esempio?
“Nel momento in cui c’è uno che si aggira intorno a una banca con dei precedenti, il riconoscimento facciale lo identifica e lo segnala. C’è una velocità che aiuta in tutto. Ma il 5G non è solo latenza, c’è anche una maggiore stabilità della connessione. In Cina è tutto finalizzato a smart city e ai progetti industriali. Senza la stabilità della rete salterebbe tutto”.
Si ritiene che il 5G cambierà il mondo del lavoro, come?
“Il futuro oggi è sempre più una trasfigurazione ipertecnologica di situazioni che abbiamo già sperimentato e conosciuto, pensiamo solo alla rivoluzione industriale. Ma il futuro che potrebbe consegnarci il 5G, oltre alle smart city, prevede anche due nuovi attori sociali: i lavoratori che nutrono le macchine e quelli che per via delle macchine rischiano di non lavorare più”.
Con il 5G ogni persona produce una enorme quantità di dati. Questo richiede una grande attenzione alla gestione dei dati personali. Come gestisce la Cina tutto questo?
″È stato approvato un nuovo codice civile che ha una parte molto rilevante sulla protezione dei dati. E così la legislazione dei dati gestiti dalle aziende diventa più vicina a quella europea che americana, dove invece ogni Stato si gestisce autonomamente. Il problema è che una privacy alla cinese: i dati personali sono molto protetti rispetto all’utilizzo che possono farne le aziende private, ma non c’è alcuna indicazione rispetto all’uso che può farne il governo. E che ovviamente quando vuole, li chiede. In Cina questo meccanismo è automatico, anche perché le aziende senza governo non sarebbero così competitive. È una sorta di rapporto di interdipendenza: le aziende passano i dati al governo perché questo garantisce sussidi e agevolazioni fiscali e con la censura non ha fatto entrare i Big occidentali che avrebbero potuto guadagnare fette di mercato. Perfino le aziende occidentali in Cina nel momento in cui Pechino chiede dati dei dissidenti le danno, basti pensare a quello che è successo con Zoom recentemente”. 
Quale è il rischio maggiore?
“C’è una tendenza al sovranismo digitale. La Cina lo pratica da sempre e adesso anche Trump sta iniziando. In pratica dicono: ‘Io stabilisco le mie regole sul mio territorio e voglio che valgano ovunque’. L’esempio più lampante è la legge sulla cybersecurity approvata a Hong Kong, che obbliga tutte le aziende, anche quelle straniere, a tenere i dati in Cina. Risultato: le aziende occidentali stanno lasciando Hong Kong, l’unico posto dove potevano fare il passaggio transfrontaliero.”
C’è una vera e propria guerra digitale tra Stati Uniti e Cina?
″Esatto. E chi si aggiudica il 5G vince. Perché questa tecnologia è un business anche fisico: le reti vanno costruite. I primi che riescono a sviluppare le reti 5G e a esportarle sono favoriti. Dopo la Corea c’è la Cina, chi sta indietro sono gli Usa. Tutti i problemi tra Stati Uniti e Cina hanno proprio lo sviluppo tecnologico come oggetto del contendere, perché Trump vuole rallentare questa velocità cinese nello sviluppare le reti 5G”.
E così Huawei diventa il casus belli...
“Leader mondiale nelle infrastrutture di rete e secondo produttore al mondo di smartphone – proprio nel 2019 ha superato Apple e tallona ormai Samsung –, Huawei è anche una delle società più importanti al mondo per quanto riguarda il 5G. Non ci sono prove che abbia mai messo delle back door nelle sue reti per spiare governi, ma è una possibilità che esiste. Ovviamente pesa il legame con il governo cinese. Perché è difficile che dica “no” se questo gli chiede i dati raccolti”.
E in Europa?
“In Europa su Huawei, nell’ultimo anno e mezzo, è stata una girandola continua. L’Inghilterra dice forse, la Germania sì, in Italia per adesso la Tim ha detto no. Le pressioni degli Stati Uniti sono fortissime e nonostante Di Maio faccia l’amico dei cinesi in realtà c’è una posizione filoamericana. Cosa succederà? L’Europa è un terreno di battaglia, è la torta che provano a spartirsi Usa e Cina. E sarà l’oggetto del contendere da qui in avanti. Se non c’è una posizione unitaria rischiamo di avere un’Europa a macchia di leopardo, divisa tra chi ha la rete 5G gestita dagli americani e chi dai cinesi. Se l’Unione Europea avesse una posizione autonoma e unitaria sui Big data sarebbe più forte e il problema di chi passa le reti 5G sarebbe irrilevante. La protezione dei dati va garantita in ogni Stato nello stesso modo. Devono esserci delle regole chiare e poi uno può dare tutti i dati che vuole. E invece andiamo proprio nella direzione opposta, ognuno si muove come vuole″. 
Il Covid-19 ha aperto un discorso su dati personali e le app del tracciamento del virus.
“In Cina le applicazioni dei codici salute verranno estesi anche post epidemia. Vogliono incrociare i dati della salute con i crediti sociali per ottenere il cittadino perfetto della città intelligente. Fai una vita sana e ti comporti bene? Allora vuol dire che sei un buon cittadino. Questo comporta anche un nuovo concetto di cittadinanza, il 5G potrebbe creare un nuovo rapporto tra popolazione e potere che potrebbe trovare delle strade fuori dettami costituzionali dei paesi. Un esempio? Se non ti fai tracciare non puoi accedere a certi servizi”.
Per questo è necessario che le regole siano chiare?
“Il baratto non può esistere. Più il processo di gestione dei big data è trasparente e gestito dal pubblico più si possono bloccare le mire monopolistiche di certe aziende e la gestione più spregiudicata dei dati. Per questo è necessario che, anche in questo caso, l’Unione Europea abbia una posizione unitaria: ma temo che ognuno farà per conto proprio. A fronte dell’accelerazione che ha avuto il digitale dopo la pandemia da Covid non c’è stata un’accelerazione delle tutele dei cittadini. Non è assolutamente nel dibattito. Nessuno si chiede come possiamo affrontare e tutelare i cittadini in un mondo connesso alla velocità della luce dove produrremo dati a ogni passo perché tra le telecamere, droni, applicazioni, geolocalizzazione diventiamo dei dati ambulanti. O c’è un ritorno del pubblico, o diventa la giungla. Scegliere Huawei è scegliere se stare o non stare insieme alla Cina. Non scegliere Huawei, che è la più competitiva, significa fare una scelta geopolitica”.

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