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Come
ci si poteva facilmente immaginare a settembre le scuole o comunque
molte scuole di ogni ordine e grado, università compresa, rischiano di
non riaprire perché come dicono i sindacati “non ci sono le condizioni”.
E quali sarebbero? Distanziamenti in aula, classi ridotte, mascherine
nocive, banchi gabbietta da 300 euro ciascuno ( che cos’ ci si abitua
subito alla futura condizione umana) , zona cattedra libera e altre
cazzate idiote senza alcun senso suggerite soprattutto da una sfrontata
speculazione economica pronta a vendere qualsiasi cosa in attesa della
pozione magica di Bill Gates. In fondo lo dicono loro stessi
considerando che gli insegnanti di oltre 55 anni (l’assoluta
maggioranza) sono dichiarati a rischio: questo vuol vuol dire che gli
altri non lo sono e dunque non hanno bisogno di labili distanziamenti
che nessuno potrà realmente tenere, che sono una pura finzione. Ma
sapete il coronavirus non conosce confini logici, vaga in una erratica e
delirante narrazione. E magari i sindacati cercassero di strappare
una sorta di indennità rischio, oppure di recuperare un po’ di precari:
come avevo previsto e scritto sono proprio gli insegnanti che invece di
pretendere la riapertura totale, hanno assaporato la comodità della
scuola a distanza e cominciano a fare resistenza e a cercare di far
fruttare la paura vera, finta, ostentata come segnale politico o come
segnale di assoggettamento sociale, anche ammesso che ci sia una
significativa differenza tra questi atteggiamenti, tutti di volontaria
sottomissione.
Che andasse a finire così l’ho sospettato fin da quando
ho cominciato a sentir circolare le tipiche balle preventive: che
l’insegnamento a distanza impegnava più tempo, che si lavorava di più e
via andare, tutte cose per esperienza personale so non essere vere o
esserlo solo nei primi momenti di adattamento a un modulo diverso. Del
resto quelli che “non ci sono le condizioni” sono in buona compagnia con
l’area meno avvertita dei genitori che ormai è schiava dei vapori di
amuchina , godendo appieno degli inferni artificiali. Così insomma
saremo l’unico sistema scolastico al mondo che non solo non ha
minimamente tentato di riaprire la scuola almeno per la coda di fine
anno, promuovendo tutti e di fatto con un solo trimestre effettivo di
insegnamento, ma che presumibilmente non riaprirà nemmeno per il nuovo. O
se lo farà sarà in una totale confusione e macchia di leopardo.
Evidentemente non ci si rende conto che questo significa la fine
definitiva della scuola pubblica perché quella privata ( che ha già
cominciato ad operare in questo senso) si imporrà come standard per chi
se la potrà permettere: solo i più poveri frequenteranno la “scuola di
tutti” e finiranno per avere un’istruzione di serie B che non aprirà
nessuna porta, che non costituirà un ascensore sociale, ma piuttosto un
montacarichi che funziona solo verso il basso come vediamo avvenire
nelle capitali del neoliberismo. Già oggi, grazie all’esperienza di
questi mesi, si può vedere come la tele – scuola oltre a non poter
valutare l’effettiva preparazione degli alunni, costituisce un potente
filtro sociale: chi vive in case piccole dove non è possibile isolarsi
ed è oltre il 40% della popolazione, chi non ha la possibilità di
accedere a mezzi informatici e si tratta del 12 per cento degli scolari,
chi deve condividere il Pci o altri dispositivi mobili si trova in
ulteriore svantaggio rispetto a prima, di quando si andava fisicamente a
scuola, per non parlare delle differenze, in questo caso non solo
economiche ma anche geografiche, tra chi può e chi non può avere un
collegamento veloce. In tutti i casi quella a distanza è una didattica
povera, un pura forma di addestramento, perché manca l’essenza stessa
della scuola, ossia lo scambio reale e non simulato con gli altri che
determina poi l’apprendimento sociale e lo sviluppo della propria
identità.
Nemmeno poi a parlare delle università: tanto vale risparmiare soldi e
iscriversi a un ateneo online. Non sarà prestigioso, forse non
preparerà bene nemmeno rispetto ai modesti standard attuali, ma varrà
esattamente come quello delle università vere almeno fino a che durerà
questa farsa. D’altronde e qui voglio essere apertamente darwiniano, è
anche giusto che le società più deboli, non in grado di affrontare le
emergenze, ma solo di accumularle senza risolverle, di non saper
distinguere quelle vere da quelle false, nelle quali non si sa o non si
vuole valutare il grado effettivo di rischio, sono destinate a rapide
involuzioni. E ci troviamo di fronte proprio a questo fenomeno di
sfilacciamento.
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