La formazione di capitali dipende dal saggio di profitto e dalla massa di profitto.
Nello sviluppo capitalistico, mentre il saggio di profitto tende a
diminuire, la massa di profitto tende a crescere con la accumulazione
del capitale.
Se un capitale di 100 con un saggio di profitto del 20% produce una massa di profitto di 20, con la caduta del saggio di profitto al 10% per produrre la stessa massa di profitto deve essere investito un capitale di 200.
L’esistenza stessa del capitale è legata alla sua costante accumulazione.
E
quando un saggio di accumulazione non è più sufficiente ad accrescere
il capitale reale per fornire una massa di profitto uguale o maggiore
della precedente composizione, allora il grande capitale si alimenta
espropriando i capitali minori presenti sul mercato interno ed estero.
Questa legge della accumulazione riveste un grande ruolo nella situazione odierna e porta a una vera e propria guerra globale di capitali,
resa necessaria dalla rivoluzione delle tecnologie della produzione e
dai costi di produzione delle tecnologie stesse. La produzione di
ricerca tecnologica impiega un vasto numero di operatori e l’impiego di
considerevole capitale fisso.
In
questa guerra di capitali ci saranno vincenti e perdenti, e la cosa in
qualche modo ci riguarda direttamente, visto che oinvolge tre modelli
capitalistici: quello americano, quello cinese e quello europeo.
Il
modello americano si basa sulla forza e resistenza del dollaro come
moneta di scambio e di riserva internazionali, conquistato con la
sconfitta del capitalismo europeo negli anni quaranta.
La
Fed si fonda su questa forza e stampa carta moneta illimitatamente
secondo la situazione: crea una massa monetaria, senza corrispettivo,
che tramite la borsa integra i consumi della classe media, nonostante il
calo dei redditi, salariali e anche renditizi.
D’altro
canto assicura la tenuta finanziaria delle grandissime imprese. Le
grandi società quotate si finanziano con l’emissione di titoli e gli
investitori si rifinanziano cedendoli al FMI e ricostituendo il proprio
capitale speculativo; un ciclo a suo modo funzionale ma dagli esiti
gravemente negativi.
A
parte la crescita inarrestabile del debito pubblico interno e del
debito sull’estero, si assiste ad una crescita abnorme della ricchezza
di un ristretto centile della popolazione americana e una espansione
dell’immiserimento e della povertà che coinvolge oltre 60 milioni di
abitanti.
Il
modello cinese si fonda sulla crescita produttiva e su una ingente
accumulazione di risorse – auree, creditizie, ecc – sulla espansione
dei consumi interni, sulla grandi disponibilità per la formazione e per
le ricerche avanzate in campo scientifico e tecnologico.
Il
mercato cinese poggia su un numero di consumatori che ancora non
conosce limiti, che si espande segnatamente in Asia e in tutte le aree
emergenti. Per dirla con Marx un continente che cresce perché è
orientato più a produrre che a consumare.
Il modello europeo, o sarebbe più corrispondente alla realtà dire modello germanico, si fonda al contrario sulla austerità.
Non
potendo competere con la potenza economico finanziaria e produttiva
degli Stati Uniti e della Cina, si scommette sul ridimensionamento
salariale.
La
Germania ritiene che per stare al passo con le due economie
subcontinentali deve poter disporre di un area subcontinentale chiamata
Unione Europea, una unione tenuta assieme dalla sua forte presa sulla
burocrazia di Bruxelles e sulla soggezione finanziaria e industriale
degli altri 26 paesi.
Il
problema della Germania – non ha senso parlare di “Europa” – è nella
sua intima essenza l’accumulazione di capitale necessaria per far fronte
alle immanenti sfide che si affacciano nella concorrenza
internazionale, tra le quali particolarmente rilevanti sono quelle
dell’auto elettrica, dell’intelligenza artificiale e della rete 5g.
Per
fornirsi di capitali in una misura superiore alle sue capacità di
accumulazione la Germania, dipingendo altri paesi sull’orlo del
fallimento, spinge i capitali di questi paesi a rifugiarsi presso le sue banche e i suoi titoli.
La persistente e strisciante crisi politica, economica
e sociale in varie parti del mondo favorisce questa politica
predatoria, al punto che i capitali in fuga ricevono un interesse
negativo ovvero pagano la sicurezza che la Germania garantisce.
Il
degrado economico e sociale dell’Europa, in questa corsa
all’accumulazione di capitali e al regime di austerità imposto persino
in Germania, ha portato alla esplosione di movimenti popolari (oggi
tutti spregiati come “populistici”) che, quantomeno, imbarazzano la ex
funzionaria della SED.
Ma
il modello non può essere né messo in discussione, né riformato. Tutto
il gran discorso che si fa su Fondi o Mes o Sure o altro, non è che
sceneggiate per far credere alle popolazioni che l’Europa unita esiste e
promette progresso e benessere.
Il
cerchio di ferro tedesco non permette che l’economia italiana e altre
economie possano affrancarsi da una condizione di perenne debito e
ricatto: ne va, ad esempio, della possibilità di sottrarre in
continuazione il sangue del capitale che l’Italia produce in abbondanza
e magari, un domani, attraverso le “condizionalità”, che secondo
Gentiloni non ci sono, di mettere le mani sul grande risparmio degli
italiani.
Lasciate ogni speranza voi che entrate nel cerchio di ferro di Deutschland uber alles…
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