Il
neoliberismo è nato in una dittatura, quella di Pinochet, implementata
da economisti della Scuola di Chicago. Però poi si è estesa a governi
eletti, in America Latina e Europa. Senza dubbio, con il tempo, il
neoliberismo ha dimostrato di essere incompatibile con la democrazia. Il Brasile ne è un buon esempio.
Il
primo progetto neoliberista in Brasile è stato quello del governo di
Collor, presidente eletto, nel 1989 anche se con le manipolazioni
antidemocratiche di Globo nel dibattito finale con Lula. Collor ha
incentrato la sua campagna su due temi centrali per il neoliberismo: i
funzionari pubblici erano maharajás (re) e le automobili prodotte
in Brasile carrozze. È iniziata con Collor la campagna per
criminalizzare lo Stato e aprire l’economia al mercato internazionale.
Abbattuto
dalle accuse di corruzione, il progetto neoliberista è stato ripreso
nel governo di Itamar Franco, e poi da Fernando Henrique Cardoso, che ha
riformulato il modello, ma l’ha continuato. É stato con questo progetto
che Cardoso è riuscito ad essere eletto e rieletto nelle elezioni del
1994 e del 1998, convincendo la maggioranza dei brasiliani che il
maggior problema in Brasil era una spesa pubblica eccessiva, e che
questo generava inflazione. Fino allora, il neoliberismo sembrava compatibile con la democrazia.
L’egemonia
neoliberista è dovuta al discredito gettato sullo Stato, sulle sue
spese, all’esaltazione del mercato e degli imprenditori. È finita per la
crisi finale del governo di Cardoso, e il suo partito non è più
riuscito a convincere la maggioranza dei brasiliani di queste posizioni,
ha perso la sua capacità di egemonia.
Non
facendo politiche sociali, credendo che il controllo dell’inflazione
fosse sufficiente per migliorare le condizioni di vita dei brasiliani,
il governo di Cardoso ha finito per estinguersi con l’immagine ridotta
al suo livello più basso. È stato l’ultimo momento in cui il modello
neoliberista sarebbe stato messo in pratica da un governo eletto in
elezioni.
Dopo
la prima vittoria di Lula, nel 2002, le politiche neoliberiste sono
state rifiutate dalla maggioranza della popolazione, e questo è andato
avanti per i periodi delle tre elezioni: 2006, 2010 e 2014. I governi
del PT hanno consolidato la posizione della maggioranza dei brasiliani,
che hanno preferito democraticamente le politiche anti-neoliberiste a
quelle neoliberiste del PSDB.
I
brasiliani hanno confermato che la democrazia era totalmente
compatibile con lo sviluppo economico accompagnato da politiche sociali
per la redistribuzione del reddito e l’inclusione sociale. La democrazia
e l’anti-neoliberismo si sono sposati, nel periodo più virtuoso della
storia brasiliana per molto tempo. I quattro governi del PT hanno
rappresentato e accentuato l’egemonia del modello anti-liberista.
È
stato necessario rompere la democrazia, con un colpo di stato contro
Dilma, senza alcuna base legale, perché le politiche neoliberiste
tornassero a essere messe in pratica, nel governo di Michel Temer. Un
governo illegittimo, non eletto dal popolo, si è fatto carico di
riprendere il modello antidemocratico neoliberista.
Il
governo di Bolsonaro e la sua politica ultraliberista sono state
possibili solo cambiando i temi della campagna con altri temi che non
siano economici e sociali. Però pure di una mostruosa manipolazione
elettorale: hanno impedito la partecipazione di Lula, favorito nel
vincere le elezioni al primo turno – proponendo il modello
anti-neoliberista – e hanno strumentalizzato le fake news per
falsificare il processo elettorale.
Molte
persone oggi sono contro Bolsonaro – il 70%, secondo i sondaggi -,
senza essere contro il neoliberismo. Accettano persino il fatto che non
viviamo una democrazia piena, perché il presidente commette tutti i
delitti di responsabilità, lui e i suoi figli sono coinvolti in casi di
corruzione, però le istituzioni non si danno da fare per toglierlo dalla
presidenza. I media sono apertamente contro Bolsonaro, alcuni persino
si pronunciano per la necessità di toglierlo dal governo, però senza
opporsi alla politica economica neoliberista.
È
fuor di dubbio che non si rendono conto che solo senza democrazia, solo
con uno stato d’eccezione, è possibile avere un governo che implementi
una politica economica contro le necessità della grande maggioranza
delle persone. Una politica economica che favorisce solo le banche
private e il capitale speculativo, promuovendo la recessione e la
depressione economica, come pure la disoccupazione e la precarietà a cui
la gran maggioranza dei brasiliani sono condannati.
Solo
con un ritorno alla democrazia sarà possibile che la maggioranza della
popolazione esprima la sua volontà maggioritaria, che confligge
direttamente con il modello neoliberista, dando priorità allo sviluppo
economico con redistribuzione delle entrate, lottando contro la povertà,
la miseria, la fame e l’esclusione sociale. E questo è possibile solo
con il ritorno a politiche anti-neoliberiste.
* Emir Sader, sociologo
e analista politico brasiliano, è coordinatore del Laboratorio di
Politiche Pubbliche dell’Università Statale di Rio de Janeiro (UERJ).
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