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Nel mandato di cattura iraniano per Trump non c’è niente di folcloristico: pur di salvarsi il presidente Usa è pronto a tutto.
La procura di Teheran ha emesso un mandato d’arresto per Donald Trump e
altri 36 cittadini, tra cui alti funzionari dell’amministrazione
americana, per l’omicidio del generale iraniano Qassem Soleimani, ucciso
in un raid Usa all’aeroporto di Baghdad il 3 gennaio scorso. Teheran a
chiesto aiuto all’Interpol: che però, con ogni probabilità, lo ignorerà.
Ma questa non è una novità: il vero
punto della questione è che gli iraniani hanno capito che Trump, rimasto
senza la possibilità di sbandierare alcun successo in campo
internazionale, è pronto a tutto, sia sul piano diplomatico che militare
per prendere di mira la repubblica islamica nata nel 1979 dalla
rivoluzione guidata dall’Imam Khomeini.
Questa amministrazione americana sta annaspando, Trump è dato in
costante calo nei sondaggi per la gestione del coronavirus e le
manifestazioni anti-razziali: ha perso credibilità e spera di recuperare
terreno ricorrendo al suo ruolo di “commander in chief”.
L’Iran è da un certo punto di vista
un bersaglio “facile” perché ritenuto dagli Usa responsabile dei guai
del Medio Oriente ed è anche il maggiore nemico di Israele, che si sta
preparando all’annessione di parti della Cisgiordania in violazione di
ogni legge e accordo internazionale.
Quale migliore occasione della campagna elettorale per tentare nuovi
“strike” contro gli iraniani? Ecco perché la procura di Teheran ha messo
questo mandato di cattura: per segnalare che il presidente Usa si sta
preparando a una nuova campagna autunnale per dare impulso al suo
tentativo di farsi rieleggere alla Casa Bianca.
Non è soltanto un sospetto ma c’è molto di più e anche Mosca e Pechino
sanno che Trump ha di nuovo messo nel mirino l’Iran, già sottoposto a
sanzioni che ne stanno strangolando l’economia. Gli Usa, tra l’altro si
oppongono anche alla concessione a Teheran di un prestito del Fondo
monetario da cinque miliardi di dollari.
Proprio con i voti contrari di Cina e Russia, l’Aiea una decina di
giorni fa ha adottato a maggioranza una risoluzione in cui chiede
formalmente all’Iran di autorizzare l’accesso dei suoi ispettori, negato
negli ultimi mesi, a due siti in cui potrebbero essere state attuate
attività nucleari.
In realtà si tratta di una scusa: le presunte attività nucleari “segrete” si sarebbero svolte una ventina di anni fa.
Molto prima che l’Iran firmasse nel
2015 l’accordo sul nucleare con l’amministrazione Obama e la comunità
internazionale. Accordo che Teheran aveva pienamente rispettato almeno
fino a quando Trump ha preso la decisione di stracciare l’intesa.
Gli Usa stanno cercando ogni appiglio per provocare Teheran. La posta in
gioco vera è la prossima fine dell’embargo sulle armi convenzionali
all’Iran: un embargo inserito nella Risoluzione Onu 2231 che recepiva il
Jcpoa, l’accordo sul nucleare, e che scade nell’ottobre 2020.
Washington vuole stoppare a ogni costo al fine dell’embargo e intende
chiedere il ritorno di tutte le sanzioni Onu contro l’Iran, in base ai
meccanismi previsti in caso di inadempienza proprio dall’intesa sul
nucleare da cui Trump è uscito due anni fa.
Insomma il presidente americano e il
suo segretario di Stato Pompeo stanno mettendo in scena una sorta di
commedia dell’assurdo: invocano l’applicazione di nuove sanzioni in base
a un trattato che loro stessi hanno cancellato.
Va bene che gli Stati Uniti sono la maggiore potenza mondiale ma
propongono soluzioni che non stanno in piedi da nessun punto di vista
giuridico.
Il vero stato fuorilegge non è l’Iran
ma sono proprio gli Usa e anche Israele, stato in possesso di armi
nucleari e testate atomiche che nessuno sanziona mai e che per altro non
ha firmato, al contrario dell’Iran, nessun accordo sulla proliferazione
nucleare.
L’aspetto però più sconcertante della
vicenda è che Gran Bretagna, Francia e Germania, si stanno conformando
in maniera acritica alle posizioni americane: eppure questi dovrebbero
essere i tre Paesi che guidano l’Europa ad aggirare le sanzioni imposte
all’Iran dagli americani.
Ma probabilmente in questo atteggiamento c’è anche di peggio.
L’anno era iniziato con Trump che ha
fatto assassinare il generale Soleimani e per farsi rieleggere sarebbe
probabilmente disposto a ripetere il colpo del tre gennaio scorso. Trump
è un uomo pericoloso: basta leggere le sue dichiarazioni assurde sul
Covid-19 e potrebbe essere tentato da qualche azione clamorosa e
temibile per la stabilità internazionale. Ecco perché il mandato di
cattura della procura di Teheran è un avvertimento da non ignorare.
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