Cara Haidi,
il
20 luglio si avvicina. Ti scrivo perché quel 20 luglio di diciannove
anni fa è sempre presente, come il dolore che non passerà.
Quel
venerdì in cui Carlo fu assassinato sull’altare del G8, noi eravamo a
Bussoleno, in quella via Fontan che ora anche tu conosci, a fare gli
ultimi preparativi per la discesa a Genova, in vista della
manifestazione conclusiva programmata per l’indomani.
La notizia di quel giovane morto per mano dei “tutori dell’ordine” ci riempì di rabbia e di sgomento.
Il
telefono cominciò a squillare in continuazione, per i tanti che
chiedevano un posto sul pullman, perché le donne e gli uomini del
neonato movimento NO TAV volevano esserci a quella manifestazione che
aveva ormai assunto il sapore di un momento cruciale, in cui si sceglie
per sempre da che parte stare.
Scendemmo
dalla valle in nove pullman e all’uscita di Genova-Nervi ci si parò
davanti l’apparato repressivo che da lì a poco avrebbe invaso anche le
nostre strade e di cui non ci siamo ancora liberati.
Di
quel giorno ricordo la marea multicolore che riempiva corsi, piazze,
vicoli fino al mare di Boccadasse, quella selva di bandiere, striscioni,
cartelli che gridava al cielo dolore e non rassegnazione, e la gente
dalle finestre, il refrigerio che, nel gran caldo, ci veniva dall’acqua
gettata a secchiate.
Ma
ricordo soprattutto quel nuvolone buio di armati in assetto
antisommossa che, a un certo punto, si infilò nel corteo spezzandolo in
due, proprio all’altezza del gruppo NO TAV.
Allora,
per la prima volta respirammo il veleno dei lacrimogeni di ultima
generazione, quelli al CS che, pur vietati anche in guerra, sono però
usati comunemente contro le proteste sociali e che da anni, ad ogni
manifestazione NO TAV, ad ogni passeggiata collettiva in Clarea, vengono
sparati a profusione, nei paesi e nei boschi, bruciandoci i polmoni e
avvelenando il terreno.
La
settimana dopo tornammo a piazza Alimonda per lasciarvi la bandiera NO
TAV; la consegnai proprio a te, Haidi, e tu la legasti alla cancellata
della chiesa, insieme alle infinite testimonianze di un dolore muto,
perché non c’erano parole capaci di dire l’orrore per quella morte di
ragazzo, per l’ineluttabilità del non ritorno.
Un
dolore senza risarcimento perché davanti a quella pistola spianata,
sotto le ruote di quella camionetta sono finiti, insieme alla vita di
Carlo, i suoi sogni, i progetti sul futuro, la generosità di una vita
che sapeva darsi agli altri e che non tollerava l’ingiustizia; e sono
finiti anche i ricordi di un passato che lo sguardo sincero e sorridente
di quel ragazzo faceva intuire faceva intuire felice e amato.
Penso
al tuo strazio di allora, Haidi e al dolore che dura, alla fatica di
portare alla luce la verità su quel giorno e su quella morte, una verità
tanto più evidente quanto più il sistema tenta di oscurarla.
Carlo
sarà per sempre nel cuore di noi tutti e anche la tua famiglia ci sarà,
perché insieme a noi avete percorso i sentieri della lotta e condiviso
l’amore per questa nostra terra per la quale quegli stessi poteri
assassini hanno decretato carcere e devastazione e che le donne e gli
uomini del movimento NO TAV si preparano ancora una volta a difendere
con la passione di sempre.
Tanti
sono i giovani e giovanissimi determinati a difendere l’ultimo nato, il
presidio dei mulini di clarea e le barricate sorte a sbarrare il passo
alle ruspe e alle annunciate colate di cemento.
Con loro Carlo ci sarebbe stato….Carlo c’è.
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