giovedì 22 agosto 2019

Vennero per suonare e furono suonati.


Non sappiamo esattamente quali calcoli abbiano fatto Salvini e la Lega, ma certo questa sconfitta è avvenuta per autodafé e di fronte al terzo partito della coalizione, cioè quello del presidente Mattarella che è il “filo” che, tramite Conte, Tria, Maovero, Trenta, univa il governo “sovranista” al suo contrario cioè all’Unione Europea.
Questo “partito del Quirinale” è quello ha evitato le procedure d’urgenza della UE sui conti italiani, che ha mediato sugli sbarchi degli immigrati e che ha evitato una rottura traumatica tra l’esecutivo del nostro paese ed il resto dell’Unione contenendo l’empatia di Salvini verso Trump e Putin.
Emerge così con chiarezza da chi sia stato sconfitto Salvini (oltre che dalla sua arroganza), cioè dalla capacità politica della UE di influenzare e determinare gli scenari interni del nostro paese, e questo senza considerare che i cosiddetti sovranisti sono stati sonoramente sconfitti nella tornata elettorale delle Europee e che “l’ultimo dei Mohicani” dissonanti – Salvini – a questo punto appare fortemente depotenziato e precario nelle sue prospettive.

Occorre dire che anche il M5S non ne esce bene – nonostante che l’insipienza di Salvini gli abbia consentito di rimettersi una costola – dopo che praticamente dall’inizio del governo non sia stato mai soggetto ma oggetto dell’iniziativa salviniana. Gli esempi sono innumerevoli. Anche ora, nel momento della rivalsa, la prospettiva non è buona in quanto dovranno fare i conti con l’altra “bestia nera” per loro cioè il PD, insomma i M5S rischiano di passare dalla padella alla brace visto anche il recente voto e la sconfitta storica sulla TAV.
I motivi veri di questa debacle però non risiedono nella testa delle “ombre cinesi” che vediamo ogni giorno in TV, nei social o nei giornali, ma li abbiamo già rappresentati in articoli precedenti, indicando l’analisi dei settori sociali che hanno scelto quelle forze come loro rappresentanti.
Questi sono i settori sociali deboli, sconfitti dalla sviluppo attuale, settori di piccola borghesia intellettuale (nel centro sud) e produttiva (il famoso nordest), disillusi dalla politica e dalla riduzione dei vantaggi resi disponibili del sottogoverno dei principali partiti della seconda repubblica (PD e Berlusconi sostanzialmente).
Ma questa è solo una faccia della medaglia, l’altra è l’opportunismo della “nostra” grande borghesia che, abdicando ad ogni ruolo “progressivo” sul piano nazionale si è trasformata in borghesia bollettara (vedi i Benetton con le autostrade), in tagliatori di cedole finanziarie; ha delocalizzato dopo aver spremuto ben bene le casse dello Stato (vedi la FIAT), oppure si sta riciclando nella dimensione continentale cercando alleanze e spazi di azione economica e finanziaria dentro la UE. Ciò è talmente vero che anche Mediaset sta tentando l’avventura europea, il che perché anche Berlusconi sia stato illuminato sulla via non di Damasco ma di Bruxelles.
Quello che ha fatto la nostra ex grande borghesia nazionale non lo hanno certo fatto quelle di Francia e Germania, le quali non solo hanno rafforzato il cuore produttivo delle grandi imprese ma hanno mantenuto un ruolo dello Stato Nazionale nell’economia, integrato nella UE ma con una propria funzione egemone.
Alcune considerazioni per concludere.
La prima riguarda la sinistra in tutte le sue varianti, da Renzi fino a LEU. Ancora si usa la minaccia fascista non perché questo sia un pericolo reale – se esistono i fascisti non è affatto detto che esista il pericolo del fascismo – ma per i soliti interessi elettorali come ormai è stato più volte certificato. Ricordiamoci la gran cassa che fu fatta all’epoca della vittoria di Berlusconi e che ci ha perseguitato fino alla sua riconversione nel 2011.
La cosa che meraviglia è però quell’automatismo psicologico, quel riflesso condizionato, autolesionista di tanti dei “nostri” che pur schierati contro le politiche del PD non riescono a discernere i veri pericoli, che vengono dalla UE, dallo spauracchio che la cultura e la stampa d’apparato, vedi il ruolo di Repubblica ma anche del Manifesto, agitano a mo’ di ricatto continuo sul pericolo del fascismo.
La seconda riguarda una questione che ci portiamo dietro dalla crisi del 2007: quella della necessità di avere una rappresentanza politica radicalmente indipendente sul piano politico, sociale e culturale dei settori popolari disgregati dalla crisi e dalle destrutturazioni di questi tre decenni. In realtà sia il M5S e la Lega hanno risposto in questi anni a questa esigenza curvandola su caratteri reazionari, vedi la questione dei migranti, e togliendo spazio politico a chi ha provato a misurarsi con questo nodo fuori dall’asfittico acquario della sinistra, anche di quella radicale.
Il fatto che le due forze abbiano fallito nell’esperienza di governo e che si stiano modificando, vedi il sostegno del M5S alla presidente della Commissione Europea, riapre la partita sul fronte della rappresentanza politica di quella parte della società penalizzata dall’attuale sviluppo. Non sarà un processo rapidissimo ma il fallimento di quelle espressioni può ridare forza ad un progetto organizzato di classe e indipendente nel nostro paese.
Allo stato non sappiamo come andrà a finire questa vicenda, ovvero se ci sarà un nuovo governo o si andrà alle elezioni. Una cosa però è certa: il prossimo esecutivo non potrà che tornare ad essere fortemente condizionato dalle tecnocrazie europee, anche nel caso in cui che la Lega torni al governo, questa non potrà che farlo con Berlusconi, cosa che già è emersa negli incontri avuti dopo l’avvio della crisi.
Ma se tutti sono pronti a tornare nell’ovile UE va ricordato che questa si trova di nuovo dentro una crisi economica, che può divenire finanziaria e che ciò avviene assieme alle crisi anche degli USA e dalla stessa Cina. Insomma riprendere a riferimento la UE oggi significa prepararsi a doverci sobbarcare tutti quelli effetti economici e sociali che già conosciamo, e che non potranno che peggiorare vista l’incapacità strutturale del capitalismo di promuovere crescita ed emancipazione sociale.
In conclusione la necessità di una rappresentanza politica indipendente non si pone solo per l’incapacità del governo appena caduto ma anche per il precipitare della situazione economica e sociale e della competizione globale in atto che scaricherà ancora un volta su lavoratori, disoccupati, settori popolari tutte le misure necessarie ad assicurare la priorità dei profitti e dei mercati.
*Rete dei Comunisti

Nessun commento:

Posta un commento