“Il problema non è l’esercizio provvisorio, ma la manovra mostruosa
che abbiamo davanti” e che ammonta ad almeno 23 miliardi. “Togliamoci
dalla testa che trovare 23 miliardi sia facile per questo la manovra è
il primo punto del confronto”.
Il segretario del Pd ci ha tenuto a precisare che “Un eventuale nuovo governo deve essere “di svolta, di legislatura” altrimenti “è meglio andare alle urne”.
Ma quali sarebbero secondo Zingaretti gli elementi di svolta? E qui, dietro le rassicuranti parole di circostanza, vengono i dolori: “Appartenenza leale all’Unione Europea; pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del parlamento; sviluppo basto sulla sostenibilità ambientale; cambio nella gestione di flussi migratori, con pieno protagonismo dell’Europa; svolta delle ricette economiche e sociale, in chiave redistributiva, che apra una stagione di investimenti”.
Fin qui tutto bene si potrebbe dire, il problema come al solito non è la caduta ma l’atterraggio. Il primo punto di svolta, infatti, contraddice almeno tre degli altri. Tranne che sulla gestione dei flussi migratori, su democrazia rappresentativa, sostenibilità ambientale e ricette economiche che consentano redistribuzione e investimenti, Zingaretti sa bene che l’obbedienza ai diktat dell’Unione Europea non consentirà di farli. E negare questa cosa solo perché la dice anche Salvini è una idiozia. Inoltre, secondo alcune indiscrezioni apparse su L’Avvenire, nei giorni scorsi un primo abboccamento Pd/M5S su un possibile programma di governo comune, vedeva l’eliminazione di Quota 100 al primo posto. Analoga sorte, ma questo sarebbe salutare, toccherebbe alla follia della Flat Tax, mentre ci sarebbero aperture sul salario minimo.
Il problema però è esattamente quello che Zingaretti ha detto in premessa. Repetita juvant: “Il problema non è l’esercizio provvisorio, ma la manovra mostruosa che abbiamo davanti che ammonta ad almeno 23 miliardi. Togliamoci dalla testa che trovare 23 miliardi sia facile”.
Torniamo dunque al nodo gordiano che non è stato neanche intaccato dalle rodomontate di Salvini o dalle misure del M5S e che, anzi, è stato stretto ancora più fortemente dai professori del “partito del Quirinale” (Conte, Tria, Moavero, Trenta) dentro l’ex governo gialloverde: il rispetto dei vincoli imposti dal pareggio di bilancio e dai diktat della Commissione europea, non consentono di fare politiche espansive su redditi, welfare, investimenti, domanda interna. Lo possono fare, e lo stanno facendo, solo Germania e Francia perché loro sono al posto di comando. Se non si rompe questo vincolo e si taglia questo nodo, ogni governo non potrà che essere uguale o peggiore di quello precedente.
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