Molti anni fa - mi pare fosse il 1991 - l'allora direttore
dell'Europeo Vittorio Feltri fece una copertina con una ragazza coperta
solo da cartelli di divieto, di quelli stradali per capirci. La cover strillava appunto "basta divieti!" e se la prendeva con alcune nuove norme, non mi ricordo se sul fumo o sui caschi in moto, o entrambe.
A.Gilioli
Ero giovane, la copertina mi colpì.
L'individuo contro la società: nessuno mi deve rompere le balle, faccio quello che voglio, statemi fuori dalle balle. "Stá sü de doss", come si dice a Milano.
Non è una cultura rara.
Anzi è di molto cresciuta - dai tempi della copertina di Feltri - a mano a mano che le regole invece di diminuire aumentavano,
anno dopo anno: fumo, caschi, cinture di sicurezza, strisce blu e
strisce gialle, più di recente quella gran rottura della raccolta
differenziata, tre quattro bidoni in ogni casa (una volta ce n'era uno
solo e ciao), tutti obbligati a tagliare il tappo di plastica dal
contenitore di tetrapak, che palle. Per non dire dei comportamenti
pubblici, non si può più dare pacche sul culo alle ragazze o raccontare
barzellette sui negri, buttare la cicca di sigaretta in mare, lasciar
cagare il cane dove capita e così via.
Sempre più norme civili, quindi - per conseguenza - reazioni sempre più diffuse e arrabbiate.
Sempre più norme civili perché ognuno, come cittadino-elettore, vuol
difendersi dagli impatti negativi dei comportamenti altrui, in una
società sempre più interconnessa, dove appunto ciascuno incide molto di
più sugli altri, con i suoi gesti.
Sempre più reazioni irose perché ciascuno, come individuo, non vorrebbe che il mondo gli rompesse le balle, è normale.
Oggi siamo arrivati a una fase in cui le due visioni del mondo sono a un gigantesco scontro. È proprio un gigantesco scontro culturale, cognitivo e politico.
Il partito dell'Io contro il partito del Noi.
Negli Stati Uniti ad esempio, il partito dell'Io, della reazione
individualista, è arrivato alla Casa Bianca, con Trump: se mi va di
sgasare col Suv lo faccio, non rompetemi con il riscaldamento globale. È
anzi probabile che Trump abbia vinto anche perché la rappresentava
benissimo questa cultura, questo partito, fin dalla retorica, dalla
fisicità - e dai comportamenti sessuali.
Il partito opposto è simboleggiato forse da Greta Thunberg, che per
non impattare sul pianeta va addirittura in America in barca vela; e
dai Fridays For Future. Esattamente agli antipodi della linea
Feltri-Trump, per capirci.
Tutto questo mi è venuto in mente leggendo oggi lo slogan con cui il team digitale di Matteo Salvini lancia la sua campagna d'autunno, che ora avrà per obiettivi polemici Pd e M5S. Lo slogan è "Libera la Bestia che è in te". Fa appello all'"istinto" e ad andare "fuori controllo".
La cultura dell'Io portata all'estremo. L'elogio dell'istinto, cioè
della "pancia". Il rifiuto proclamato di qualsiasi ostacolo
all'estensione del proprio se stesso.
Insomma questa battaglia tra l'Io e il Noi sta diventando non solo politica ma proprio partitica.
O almeno spero. Nel senso che il partito del "mi faccio i cazzi miei,
libero l'istinto, non mi controllo" è molto chiaro, e va da Trump a
Bolsonaro (all'estero) da Feltri a Salvini (qui in Italia). Non so però
se e quanto le altre forze politiche italiane - a partire da quelle che
ora stanno cercando di fare un nuovo governo - abbiano invece il coraggio di intestarsi apertamente il partito del Noi,
del "siamo tutti interconnessi, quindi impattiamo sugli altri il meno
possibile se non vogliamo che gli altri impattino su di noi".
Secondo me sarebbe un ottimo programma, quest'ultimo, per una forza
politica. Ma sapete già che quelli che voto io non vincono mai, o quasi
mai.
Ah, comunque "stá sü de doss" è la scritta stampata sulla cover del telefonino di Matteo Salvini. Sì, è un programma politico.
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