sabato 6 settembre 2014

Umberto Eco. Classici del nostro tempo.

Classici del nostro tempoGenitori che ricorrono al Tar perché il figliolo 
è stato bocciato. 
Non c’è poi da meravigliarsi se l’ignoranza dilaga. Come accade in quei consigli comunali che dedicano strade e piazze a personaggi razzisti e antisemiti.

L'Espresso 














Un Tar classico
Un articolo di Giovanni Belardelli sul “Corriere” del 30 giugno scorso segnalava un fatto gravissimo. Indignati del fatto che il loro figlio, studente del classico, fosse stato bocciato perché aveva riportato 3 in matematica, 4 in fisica e 3 in storia dell’arte, invece di prendere l’erede a sganassoni, come avrebbero fatto i genitori reazionari di una volta, papà e mamma si sono rivolti al Tar del Lazio.

E il Tar, dall’alto della sua autorità, ha annullato la bocciatura. Ora, è possibile che tre insufficienze, seppur gravi, siano poco per una bocciatura, ma queste cose dovrebbe deciderle un consiglio di professori o qualche organo didattico superiore. Ricorrendo all’incompetentissimo Tar si incoraggiano quei genitori che, quando i figli prendono brutti voti, invece di prendersela con loro, vanno a protestare con gli insegnanti. Buzzurri, educheranno dei figli altrettanto buzzurri.

Ma c’è di più. La sentenza recita che un 3 in fisica e un 4 in matematica non sono gravi perché si trattava di un liceo classico. Così alcuni intellettuali della Magna Grecia (come avrebbe detto Agnelli) non sanno che dal classico ci si può poi iscrivere a medicina, ingegneria, matematica, o altre scienze; e che anche per una buona formazione umanistica il secondo principio della termodinamica è altrettanto importante dei misteri dell’aoristo. “Quis custodiet custodes?”, chi mai boccerà i giudici del Tar del Lazio? O i loro genitori protesteranno.

Il vispo Telesio
Leggo su “Pagine ebraiche” un elenco commentato di illustri fascisti, razzisti e antisemiti, cui sono state dedicate strade in alcuni paesi: A Roma e a Napoli si è onorato Gaetano Azzariti, già presidente del Tribunale della Razza, e si sono intitolate strade a Nicola Pende (Modugno di Bari, Bari e Modena), a Sabato Visco (Salerno), ad Arturo Donaggio (Roma e Falconara): e si tratta di tre persone che, pur essendosi rese famose in altri campi, hanno sottoscritto per primi nel 1938 il famigerato “Manifesto della razza”.

Ma pazienza, è noto che in molti comuni sono andati al potere dei fascisti, e magari gli altri partiti, quando è stata fatta la proposta, non sapevano per niente chi fossero i signori così celebrati. Inoltre si potrebbe dire che tutti costoro avevano altrimenti meritato in vari settori e che si poteva perdonare loro il peccatuccio occasionale di un’adesione fatta magari per viltà, interesse o eccesso di zelo. Non abbiamo persino perdonato (o quasi) Heidegger, che pure nel nazismo aveva creduto? E, per giovane età o per cruda necessità (vivendo al nord), non avevano aderito in qualche modo alla Rsi personaggi amabili e giustamente amati come Oscar Carboni, Walter Chiari, Gilberto Govi, Gorni Kramer o Ugo Tognazzi? Ma nessuno di loro ha mai scritto o detto che si dovevano massacrare otto milioni di ebrei.

Però il fatto che più colpisce è che a Castellamare del Golfo (Trapani) è stata intitolata una via a Telesio Interlandi (tra l’altro, neppure nato da quelle parti). Telesio Interlandi non era uno scienziato altrimenti rispettabile come Pende o un giurista rispettato anche nell’Italia post-bellica come Azzariti, ma uno sporco mascalzone che ha dedicato la vita intera e seminare odio razzista e antisemita con la rivista “La difesa della razza”. Chi sfoglia le annate di questa ripugnante rivista, o ne legge l’antologia raccolta da Valentina Pisanty (Bompiani), si rende conto che solo un personaggio in completa e servile malafede poteva pubblicare le menzogne e le assurdità tipiche di quella pubblicazione. Dimenticavo; sempre in quegli anni Interlandi aveva pubblicato un “Contra judaeos”, e anche chi non sa il latino può intuire quale fosse la sua missione.

D’altra parte si sta discutendo a Roma se intitolare una via a Giorgio Almirante, che della “Difesa della razza” è stato segretario di redazione, con la motivazione (indiscutibile) che poi ha accettato il gioco democratico (e vorrei ben vedere) ed è andato a onorare la bara di Berlinguer. Ma Berlinguer non aveva mai scritto libelli per incoraggiare lo sterminio dei kulaki.

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