sabato 27 settembre 2014

S. Fassina (PD). Le mie dieci domande a Matteo sul Jobs Act.

Il disegno di legge delega ha principi ambigui che lasciano spazio a possibilità attuative di segno opposto. Il Parlamento non può dare una delega in bianco al governo. È necessario specificare i principi di delega in punti dirimenti.

Stefano FassinaS.Fassina parlamentare PD
Lasciamo sullo sfondo e in fondo la questione relativa alla possibilità di reintegro di una persona che lavora licenziata senza giustificato motivo, martellata dal Presidente del Consiglio. Concentriamoci sulle misure vere necessarie al contrasto della precarietà e alla valorizzazione del lavoro. In ordine di rilevanza: la politica macroeconomica; la regolazione del mercato del lavoro.
La politica macro-economica è la variabile decisiva. La ripresa dell'economia può arrivare soltanto da una forte ripresa della domanda aggregata. Soltanto così si possono determinare effetti positivi sulla quantità e qualità dell'occupazione. Insistere per la preliminare attuazione di riforme strutturali vuol dire ingigantire gli ostacoli alle riforme e aggravare le condizioni dell'economia. Allora, sarebbe utile sapere dal Governo, prima di decidere sulla regolazione del lavoro, quali passi avanti si fanno durante la presidenza italiana dell'Unione europea per correggere la rotta insostenibile del mercantilismo liberista.
E, quindi, conoscere quale è il segno e quali sono i principali contenuti della legge di stabilità in arrivo. Ha un segno espansivo? Il segno espansivo è sufficientemente robusto da generare un effetto positivo sul Pil e sull'occupazione? Qual'è la composizione in termini di spese e entrate? Qual'è il programma su privatizzazioni e utilizzo di eventuali proventi?
In secondo piano, le regole del mercato del lavoro. Il disegno di legge delega ha principi ambigui che lasciano spazio a possibilità attuative di segno opposto. Il Parlamento non può dare una delega in bianco al governo. È necessario specificare i principi di delega in punti dirimenti. In particolare, prima di pronunciarsi sia la Direzione del PD sia, nella loro autonomia, i gruppi parlamentari, si dovrebbe rispondere alle seguenti domande:
1. Quali tipologie contrattuali vengono cancellate? La delega prevede la cancellazione soltanto come eventualità.
2. Quali tipologie contrattuali oggi escluse vengono coperte con misure di sostegno al reddito in caso di disoccupazione, di indennità di maternità, di indennità di malattia? Qual'è l'ordine di grandezza della platea coinvolta? Nessuna informazione disponibile sul punto.
3. Quale carattere hanno le misure di sostegno al reddito, indennità di maternità e indennità di malattia? Hanno, in parte, carattere assicurativo, ossia sono a carico di datore di lavoro e persona che lavora come è per i cosiddetti "garantiti"? Oppure, sono completamente a carico del Bilancio dello Stato? "Coprire" 500.000 precari costa oltre 4 miliardi all'anno. Quante risorse aggiuntive si rendono disponibili rispetto agli impegni degli ultimi anni per la Cassa Integrazione in Deroga (circa 3 miliardi nel 2013)? Quali capitoli di spesa si intendono tagliare per reperire le risorse aggiuntive necessarie?
4. Che cosa vuol dire, per i neo assunti, "contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio"? Si elimina la possibilità di reintegro in caso di licenziamento senza giustificato motivo oppure tale tutela entra in vigore dopo un periodo tempo?
5. Sia nel primo che nel secondo caso, come si indennizza la persona che lavora? Il condiviso obiettivo del governo di eliminare discriminazioni, implica che, in caso si elimini la possibilità di reintegro, il regime vale anche per i contratti in essere? Inoltre, l'indennizzo eventualmente introdotto vale sempre, ossia anche per i licenziamenti esclusi dalla possibilità di reintegro e per le imprese sotto i15 dipendenti? Oppure, rimangono lavoratori e lavoratrici di "serie B"?
6. Qual'è il canale di trasmissione tra eliminazione della possibilità di reintegro e maggiori assunzioni a tempo indeterminato? Il diritto del lavoro italiano viene classificato dall'Ocse molto flessibile anche per le imprese sopra i 15 dipendenti (si legga la comparazione sintetizzata dal prof Riccardo Realfonzo). Le imprese hanno decine di forme contrattuali "usa e getta&low cost" per assumere e licenziare, alle quali il "Decreto Poletti" ha aggiunto i contratti a termine senza causale reiterabili per 3 anni e i contratti di apprendistato, molto agevolati sul piano contributivo, senza requisiti di stabilizzazione alla fine del triennio. Perché l'eliminazione della possibilità di reintegro per licenziamenti senza giustificato motivo dovrebbe orientare le imprese a preferire un contratto più costoso a contratti molto meno costosi in quanto senza oneri per l'indennizzo in caso di licenziamento e caratterizzati da minori oneri contributivi (cocopro, associazione in partecipazione, Partita Iva, ecc)?
7. Come disconoscere che l'unico effetto dell'eliminazione della possibilità di reintegro sia l'ulteriore indebolimento della capacità contrattuale delle persone che lavorano e, inevitabilmente, l'ulteriore riduzione delle retribuzioni, come avvenuto in tutti i paesi oggetto delle raccomandazioni di una Commissione europea segnata da forze conservatrici dedicate ciecamente all'impossibile mercantilismo liberista? In sostanza, l'accanimento terapeutico sulla svalutazione del lavoro, imposta nell'impossibilità di svalutare la moneta, oltre che regressivo sul piano dell'equità, è depressivo sul piano economico.
8. Come si raccorda il contratto a tempo determinato senza causale introdotto dal "Decreto Poletti" e il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti? La soluzione indicata in alcuni emendamenti del Pd al disegno di legge delega prevede l'attivazione della possibilità di reintegro dopo un primo triennio di lavoro. È una soluzione considerata scarsamente innovativa, anzi alimentata da "conservatorismo e corporativismo". Ma si è consapevoli che implicherebbe 6 anni di licenziabilità ad nutum dato che l'impresa avrebbe convenienza a fare prima, per un triennio, un contratto a tempo determinato senza causale o un contratto di apprendistato? Si è consapevoli che la mediana della permanenza di un lavoratore in un'azienda sopra i 15 dipendenti è 5 anni e per una lavoratrice 4 anni?
9. È consapevole il governo che in nessun paese europeo alla persona che lavora è sottratto il diritto di rivolgersi a un giudice per licenziamento senza giustificato motivo?
10. Infine, il governo non ritiene che, oltre a far ripartire la domanda aggregata, l'unica condizione per asciugare l'area della precarietà sia la riduzione e conseguente fiscalizzazione degli oneri sociali sul contratto di lavoro dipendente, come indichiamo da anni, altrimenti, anche in assenza dei contratti precari oggi disponibili, prevarrebbero comunque le finte Partite Iva, invincibili per via normativa o con i controlli della Guardia di Finanza e degli ispettori del lavoro?
Le risposte a tali fondamentali domande faciliterebbero la discussione nel Pd e, certamente, aiuterebbero a raggiungere un approdo unitario in Direzione e in Parlamento.

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