Alexej
Miller, ad di Gazprom, ha ventilato possibili "interruzioni" nel flusso
di metano verso l’Europa attraverso l’Ucraina. E il numero uno di
Naftogaz, Andrii Koboliev, ha detto che non sono state prese decisioni
definitive. Venerdì il commissario Ue all'Energia Guenther Oettinger
aveva dato per raggiunta l'intesa sul pagamento dei crediti vantati dal
gruppo di Mosca nei confronti di Kiev. Intanto le sanzioni minacciano
gli investimenti di Rosneft in partnership con Exxon.
Punto”, dicendo però che un’intesa potrebbe essere raggiunta entro martedì. Già venerdì, d’altro canto, il ministro dell’Energia di Kiev, Iuri Prodan, aveva messo le mani avanti dichiarando che si tratta di una proposta europea che non è detto soddisfi tutti.
Di certo le parti per ora sono distanti. Secondo Miller, Kiev vorrebbe iniziare con il pagamento di soli 1,5 miliardi di dollari e solo dopo il primo mese di forniture, mentre Gazprom chiede di essere pagata in anticipo. La guerra delle cifre riguarda anche le riserve di Kiev. Secondo i calcoli di Gazprom, Kiev dovrebbe aver stivato almeno 18 miliardi di metri cubi di gas prima della fine dell’inverno per essere in grado di garantire il transito di gas russo in Europa: per Mosca in questo momento l’Ucraina avrebbe bisogno di incamerare altri 7 miliardi di metri cubi. Kiev, invece, sostiene di avere riserve per 16,6 miliardi di metri cubi al 25 settembre.
Mosca ha chiuso i rubinetti del gas all’Ucraina a giugno a causa di un mancato accordo sul prezzo del metano (che la Russia ha portato alle stelle dopo che a Kiev è salito al potere un governo filo-occidentale) e di un debito irrisolto per il gas che secondo il Cremlino ammonta a 5,3 miliardi di dollari. E le posizioni su prezzi e condizioni sono ancora molto lontane: in particolare, Kiev vuol pagare solo dopo il ripristino dei flussi mentre Mosca insiste sul saldo anticipato. Molti analisti, pur escludendo l’ipotesi che l’Europa vada verso un inverno al freddo, fanno notare che queste tensioni avranno comunque perlomeno l’effetto di incrementare la bolletta energetica dei Paesi Ue. I precedenti non sono incoraggianti: circa il 15% del gas utilizzato nell’Ue passa attraverso l’Ucraina e i precedenti scontri sulle forniture tra Mosca e Kiev avvenuti nel 2006 e 2009 avevano avuto ripercussioni sull’afflusso di gas nel continente.
La situazione si è complicata dopo la decisione presa venerdì dall’Ungheria. Budapest ha interrotto il transito di gas verso l’Ucraina dopo che giovedì il governo di Viktor Orban ha raggiunto un nuovo accordo con Gazprom. La compagnia ungherese Fgsz ha interrotto il flusso giovedì alle 18, per un periodo indefinito di tempo, citando l’aumento della domanda interna. La sospensione segue l’accordo tra Gazprom e il governo magiaro, che prevede un aumento delle importazioni del gas russo nel periodo invernale. Orban aveva spiegato ieri di aver raggiunto l’accordo con il Ceo di Gazprom, Alexey Miller, citando la necessità di riempire le riserve. Oggi le strutture per lo stoccaggio sono piene al 60%, ha aggiunto Orban. La società ungherese Fgsz assicurava 6,1 miliardi di metri cubi all’anno all’Ucraina, dal marzo 2013.
Nel frattempo, sempre venerdì, per un altro gigante russo dell’energia è arrivata una buona notizia che potrebbe però trasformarsi in beffa alla luce delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti per la crisi Ucraina. Il gruppo statale Rosneft (che ha forti interessi anche in Italia) ha infatti annunciato di aver scoperto, in joint venture con gli americani di ExxonMobil, un giacimento da un miliardo di barili di petrolio e 338 miliardi di metri cubi di gas nell’Artico. Peccato che l’avventura rischi di finire qui: Exxon e Rosneft hanno siglato l’accordo per i lavori di trivellazione due anni fa, ma ora lo scenario è profondamente diverso. Dal 10 ottobre, in base alle misure decise da Washigton per mettere alle strette Mosca, le compagnie americane non potranno più partecipare a joint-venture nel Mar Artico russo. E Rosneft non possiede la tecnologia e il know-how per proseguire da sola i lavori in un ambiente offshore con temperature polari. Il colpo sarebbe duro da assorbire anche per Exxon Mobil, che è la società petrolifera occidentale più esposta alla Russia. Entrambe, dunque, sperano vivamente in un’inversione di rotta rispetto all’escalation di sanzioni degli ultimi mesi.
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