Nuova
tappa nella vicenda che oppone il governo argentino ai fondi
avvoltoi. Il giudice nordamericano, Thomas Griesa, ha
autorizzato la Citibank a pagare i buoni del debito emessi in
dollari secondo la legislazione argentina (circa 5 milioni di
dollari) ai fondi che hanno rinegoziato con Buenos Aires. Un debito
che rimonta al default argentino del 2001.
Il Manifesto Geraldina Colotti
Buenos Aires ha puntualmente pagato la propria rata nelle banche newyorchesi, ma Griesa l’ha bloccata il 26 giugno, pretendendo prima il pagamento ai fondi avvoltoi: ovvero a quei fondi speculativi che hanno lucrato sul default argentino, non hanno accettato di negoziare a pretendono l’intera somma.
Questa è la prima sentenza di Griesa che non va completamente a loro favore: per ora la Citibank, pressata dall’incombere di multe salate da parte del governo argentino, potrà di pagare il dovuto entro il 30 settembre. Il giudice ha però concesso 30 giorni agli «avvoltoi» per presentare ricorso. E non ha comunque accolto gli argomenti dell’avvocata Karen Wagner, della Citibank: secondo la quale i buoni, emessi in dollari secondo la legge argentina, riguardano il debito interno e non quello estero, e quindi non sono soggetti alla clausola del pagamento simultaneo, che protegge il diritto dei fondi speculativi.
Alle 16 di ieri, ora argentina, Griesa avrebbe dovuto decidere su altre eventuali sanzioni al governo argentino per inadempienza, oppure sull’eventuale passaggio della decisione ad altre istanze di negoziato su una questione che sta tenendo col fiato sospeso l’intero sud del mondo e non solo. La presidente argentina, Cristina Kirchner ha portato il caso in tutte le istanze internazionali, ottenendo la solidarietà del continente e anche l’appoggio dell’Onu, che ha votato a favore di una risoluzione, di fatto, contro i fondi avvoltoi: una risoluzione che chiede regole chiare in merito al pagamento del debito estero.
«Vogliono metterci in ginocchio, ma non ci arrenderemo», ha detto Kirchner.
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