giovedì 25 settembre 2014

Silvio Berlusconi sente aria di patatrac e frena sulla legge elettorale: "Renzi punta al voto per evitare la troika".

SILVIO BERLUSCONI“Patatrac” è la parola che usa Berlusconi per descrivere la manovra spericolata di Renzi. Parola che, nel ragionamento dell’ex premier, porta a un’eventualità che negli ultimi giorni a palazzo Grazioli viene considerato il vero obiettivo di Renzi: il voto anticipato.

E c’è qualcosa di più di una suggestione nella battuta che il Cavaliere ha consegnato ad amici fidati: “Se succede il patatrac, Renzi va al voto senza la sua vecchia guardia di ex Pci. Noi andiamo con una lista Berlusconi e poi… poi governiamo assieme”.
Nella battuta c’è la convinzione che “Matteo” ormai sia alla ricerca di un incidente, proprio sul jobs act, per andare a elezioni anticipate prima di essere imbullonato a palazzo Chigi da una crisi che non aveva previsto. Si spiegherebbe così la sua sfida all’ok Corral con la vecchia guardia e i sindacati sull’articolo 18. Un “non tratto” che neanche Berlusconi ai bei tempi. Pronunciato ovunque.
In Italia e nel corso del suo viaggio negli Usa. È “una via d’uscita”, ragiona a voce alta chi raccoglie i pensieri del Cavaliere. Una via d’uscita diventata obiettivo politico. Perché la scommessa del giovane Matteo di agganciare la ripresa può considerarsi fallita visti i dati del Pil e tutti gli indicatori economici che annunciano mesi di lacrime. E c’è il fantasma della Troika. Un fantasma che si è materializzato già nell’incontro a palazzo Chigi, nel corso del quale Renzi è apparso particolarmente preoccupato in relazione alla prossima legge di stabilità.
Già, la Troika. A uno abituato a riconoscere le pressioni dei poteri forti come Berlusconi non è sfuggito il crescendo delle ultime settimane: le frequenti esternazioni di Draghi, l’ultima intervista, allarmata, del governatore di Bankitalia Ignazio Visco. E il fondo del direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli, indicatore della ormai palese sfiducia verso il governo di quell’establishment che “tifa” per una “soluzione tecnica modello Troika”. È uno scenario ben presente nella testa del premier, che non a caso ha chiesto un’accelerazione sull’Italicum: “Renzi – dice un azzurro di rango – sta usando il jobs act per far precipitare la situazione verso il voto ed evitare la Troika. Così può dire: io ci ho provato, ma me lo hanno impedito. Datemi il consenso per cambiare l’Italia”.
A questo si lega la grande frenata di Forza Italia sulla legge elettorale. Con Berlusconi che tira il freno a mano proprio quando Verdini, il “vicepremier”, voleva spingere sull’acceleratore”. Non è un caso che l’Italicum al Senato sia slittato almeno di una settimana. E che Berlusconi, sulle modifiche chieste da Renzi nell’ultimo incontro, si è mostrato freddino. Al momento è il Consultellum la legge attorno l’ex premier articola la sua manovra: “Se Renzi vuole andare al voto, andiamo al voto col Consultellum e poi…”. In una trama complessa in cui si intrecciano i fili della realtà e quelli della fantasia, un punto è fisso nella strategia berlusconiana. E riguarda l’elezione del prossimo capo dello Stato, tema fulcro del “patto del Nazareno”. Non è un mistero che Napolitano vorrebbe mollare al più presto. E negli ultimi giorni le voci di una crescente “stanchezza” dell’inquilino del Quirinale si sono intensificate. Guarda caso, proprio il Quirinale è il cuore del ragionamento di De Bortoli. È chiaro, sussurrano a palazzo Grazioli, che il “partito della Troika” vuole pesare nella successione di Napolitano. Si spiega così la durezza del Corriere attorno al patto del Nazareno: “Hanno paura – dice un azzurro di peso - che il nuovo mondo si impossessi del Quirinale”.
Già, il nuovo mondo, ovvero il mondo del “patto del Nazareno”. I numeri delle travagliate elezioni della Corte, dove il quorum è altissimo, dicono che – in questo Parlamento – Renzi e Berlusconi sono perfettamente in grado di eleggere un capo dello Stato condiviso. Nel prossimo, invece, la garanzia per Berlusconi è il cosiddetto Consultellum, non una legge col premio di maggioranza. Che fatalmente induce chi vince alla tentazione di mettersi il suo capo dello Stato.

Nessun commento:

Posta un commento