Lo
scorso 22 agosto, nell’ora d’aria nel carcere di Opera, il boss
spiegava al co-detenuto Alberto Lorusso la sua verità sul rapporto tra
l’ex presidente del Consiglio e Cosa Nostra fin dagli anni 80: il
pagamento di milioni di lire a fronte di un patto per ottenere reciproci
e futuri vantaggi. Conversazioni depositate agli atti del processo per
la trattativa Stato-mafia.
Berlusconi?
“…si è ritrovato con queste cose là sotto, è venuto, ha mandato là
sotto a uno, si è messo d’accordo, ha mandato i soldi a colpo, a colpo,
ci siamo accordati con i soldi e a colpo li ho incassati’’. Quanti
soldi?
“A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi”. Parola di
Totò Riina, che il 22 agosto dello scorso anno nell’ora d’aria nel carcere di
Opera smette di parlare di
Berlusconi in termini politici, generici o rancorosi (“È un buffone’’) e racconta al co-detenuto
Alberto Lorusso la sua verità sul rapporto tra l’ex presidente del
Consiglio e
Cosa Nostra fin dagli anni 80, ormai consacrato in una sentenza della
Cassazione:
il pagamento di un “pizzo” milionario a fronte di un patto per ottenere
reciproci e futuri vantaggi. La conversazione depositata agli atti del
processo per la trattativa Stato-mafia, parte dalla sorte giudiziaria di
Berlusconi, in bilico in quei giorni di agosto dell’anno scorso, e il
discorso cade subito sulle somme versate dall’imprenditore milanese ai
boss palermitani e sulle analoghe richieste provenienti dai catanesi.
Era la fine degli anni 80, e partendo dalle rivelazioni di un testimone oculare,
Salvatore Cancemi, i giudici hanno accertato che dal 1989 era
Pietro Di Napoli, uomo d’onore della famiglia di
Malaspina, a ricevere da
Dell’Utri le somme di denaro per poi “girarle” a
Raffaele Ganci, reggente del mandamento della
Noce (cui fa capo la famiglia di
Malaspina), e infine al destinatario ultimo delle somme,
Totò Riina. Che il 22 agosto dell’anno scorso rivela a
Lorusso: “I catanesi dicono, ma vedi di… – dice il capo dei capi –. Non ha le
Stande, gli ho detto, da noi qui ha pagato. Così, così li ho messi sotto, gli hanno dato fuoco alla
Standa. Minchia, aveva tutte le Stande della
Sicilia,
tutte le Stande erano di lui. Gli ho detto: bruciagli la Standa. A
noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi, 250 milioni ogni sei mesi’’.