''Il
risparmio postale non può essere distratto per coprire il buco nero di
Alitalia''. A protestare, giustamente, questa volta è l’Adusbef, che
ritiene ''svantaggioso ed al di fuori dalla propria mission, che le
Poste si imbarchino in Etihad, ''soccorrendo così le allegre concessioni
di credito delle maggiori banche, che hanno largheggiato nel finanziare
le avventure dei 'capitani coraggiosi'''.
controlacrisi.org fabio sebastiani
Adusbef non
fa altro che mettere a nudo i veri arcani di questa vicenda, che ha
tutta l'aria di essere un “classicone” del modo con cui in Italia si
affrontano le questioni imprenditoriali. E così, mentre il ministro Lupi
e qualche altro “corifero” di terza scelta continuano a puntare il dito
contro i sindacati, rei di difendere, pensate un po’, gli interessi dei
lavoratori, a suon di pietosi diktat, quasi nessuno parla
dell’assurdità del coinvolgimento di Poste italiane in una vicenda che
ha tutto il sapore della beffa. Il guaio perpetrato con Berlusconi deve
essere coperto a tutti i costi, pena un belcolpo al cuore alla
maggioranza. Tra l’altro, proprio i sindacati “dissidenti” hanno fatto
capire in queste ore che un accordo si può trovare. Il punto non è,
però, il lavoro.
Poste italiane, la cui mission non si può dire legata al trasporto aereo, fu chiamata qualche mese fa per aiutare “la baracca”, ovvero raggranellare qualche milione ed evitare così a Cai di portare i libri in tribunale. L’assegno staccato fu di 75 milioni. Fu, se così possiamo dire, una imposizione bella e buona, al limite dell’aiuto di Stato, esercitata dal Governo. La pezza non risolse i problemi, ovviamente. E l’operazione Etihad ne fu il corollario immediato. Oltre ad essere un “aiuto di Stato” sotto mentite spoglie la genialata è censurabile anche per un altro fondamentale motivo. Poste italiane, come è noto a tutti, era, ed è, alla vigilia di una complicata fase di privatizzazione. Oppure l’ex-sindaco di Firenze non lo sapeva? Non lo sapeva Renzi che tutta quella “sofferenza” accumulata con Cai avrebbe prima o poi portato a dover tirare una riga con il il “valore” di Poste italiane messo sul mercato. Certo che lo sapeva, ma la disperazione, associata all'ottusità, porta a questa e a ben altre cappellate.
Si scelse, all’epoca, una forzatura. E si sa che da una forzatura ne nascono almeno due-tre. E allora ecco questo bel capolavoro dello scontro frontale con le banche, che ovviamente non vogliono accettare altri sacrifici. Ci sono in ballo almeno sessanta milioni, che Francesco Caio, l’amministratore delegato di Poste italiane, dovrebbe tirar fuori per chetare le ire degli istituti di credito. La loro tesi è che il socio deve partecipare al pari degli altri all’aumento di capitale. Tesi non errata, anche se da un punto di vista formale il socio si può rifiutare, come ha fatto Air France, del resto.
Ma la fiera dell’improvvisazione non è finita qui. Alla disperata ricerca di una “sinergia possibile”, in modo da tenere buono chi, da dentro Poste italiane ha sempre sottolineato, l’innaturale matrimonio con i “capitani coraggiosi” (sic!), Caio tira fuori il monopolio della biglietteria. Roba da tiarsi addosso tutte l'attenzione di tutte le authority possibili e immaginabili.
Adusbef ritiene ''folle, irresponsabile e perfino soggetto ad azione di responsabilità civile, che Poste prosegua ad erogare milioni di euro a fondo perduto, per compiacere governi e banche''. Domani, annuncia l'associazione, ''presenteremo un esposto- denuncia alla Corte dei Conti, chiedendo di verificare se siano stati bruciati i 75 milioni di euro del risparmio postale già erogato''.
E’ chiaro perché c’è tutto questo abbaiare all’indirizzo dei sindacati? Una vicenda quanto meno indecorsa, figlia di quel “renzismo” d’accatto che sembra in perfetta continuità con il timbro bi-partisan della maggioranza che sostiene il Governo. "Renzi nella vicenda Alitalia si comporta come Marchionne – sottolinea il segretario del Prc Paolo Ferrero - e cioe' dice ai sindacati che o firmano oppure chiude l'azienda. E' un metodo inaccettabile basato sul ricatto e sui dictat, un metodo inaccettabile in un paese civile. Del resto Renzi e' impegnato a distruggere la democrazia nel paese e Marchionne risulta essere il vero e proprio padre nobile della nuova repubblica basata sull'arroganza del piu' forte."
Poste italiane, la cui mission non si può dire legata al trasporto aereo, fu chiamata qualche mese fa per aiutare “la baracca”, ovvero raggranellare qualche milione ed evitare così a Cai di portare i libri in tribunale. L’assegno staccato fu di 75 milioni. Fu, se così possiamo dire, una imposizione bella e buona, al limite dell’aiuto di Stato, esercitata dal Governo. La pezza non risolse i problemi, ovviamente. E l’operazione Etihad ne fu il corollario immediato. Oltre ad essere un “aiuto di Stato” sotto mentite spoglie la genialata è censurabile anche per un altro fondamentale motivo. Poste italiane, come è noto a tutti, era, ed è, alla vigilia di una complicata fase di privatizzazione. Oppure l’ex-sindaco di Firenze non lo sapeva? Non lo sapeva Renzi che tutta quella “sofferenza” accumulata con Cai avrebbe prima o poi portato a dover tirare una riga con il il “valore” di Poste italiane messo sul mercato. Certo che lo sapeva, ma la disperazione, associata all'ottusità, porta a questa e a ben altre cappellate.
Si scelse, all’epoca, una forzatura. E si sa che da una forzatura ne nascono almeno due-tre. E allora ecco questo bel capolavoro dello scontro frontale con le banche, che ovviamente non vogliono accettare altri sacrifici. Ci sono in ballo almeno sessanta milioni, che Francesco Caio, l’amministratore delegato di Poste italiane, dovrebbe tirar fuori per chetare le ire degli istituti di credito. La loro tesi è che il socio deve partecipare al pari degli altri all’aumento di capitale. Tesi non errata, anche se da un punto di vista formale il socio si può rifiutare, come ha fatto Air France, del resto.
Ma la fiera dell’improvvisazione non è finita qui. Alla disperata ricerca di una “sinergia possibile”, in modo da tenere buono chi, da dentro Poste italiane ha sempre sottolineato, l’innaturale matrimonio con i “capitani coraggiosi” (sic!), Caio tira fuori il monopolio della biglietteria. Roba da tiarsi addosso tutte l'attenzione di tutte le authority possibili e immaginabili.
Adusbef ritiene ''folle, irresponsabile e perfino soggetto ad azione di responsabilità civile, che Poste prosegua ad erogare milioni di euro a fondo perduto, per compiacere governi e banche''. Domani, annuncia l'associazione, ''presenteremo un esposto- denuncia alla Corte dei Conti, chiedendo di verificare se siano stati bruciati i 75 milioni di euro del risparmio postale già erogato''.
E’ chiaro perché c’è tutto questo abbaiare all’indirizzo dei sindacati? Una vicenda quanto meno indecorsa, figlia di quel “renzismo” d’accatto che sembra in perfetta continuità con il timbro bi-partisan della maggioranza che sostiene il Governo. "Renzi nella vicenda Alitalia si comporta come Marchionne – sottolinea il segretario del Prc Paolo Ferrero - e cioe' dice ai sindacati che o firmano oppure chiude l'azienda. E' un metodo inaccettabile basato sul ricatto e sui dictat, un metodo inaccettabile in un paese civile. Del resto Renzi e' impegnato a distruggere la democrazia nel paese e Marchionne risulta essere il vero e proprio padre nobile della nuova repubblica basata sull'arroganza del piu' forte."
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