La percentuale di inattivi è del 44 per cento. Circa 20 milioni di persone tra cui studenti, pensionati e casalinghe non cercano e non sono disposte a lavorare.
Meno di un italiano su due in età da lavoro ha un impiego. I numeri parlano chiaro: l’Italia con un tasso di occupazione del 48,7%, superiore solo a quello della Grecia, si colloca al penultimo posto nell’Eurozona. E’ quanto rileva uno studio dell’Associazione Bruno Trentin della Cgil realizzato elaborando i dati dell’Istat tratti dalla Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro. Lo studio evidenzia un’anomalia: il tasso di disoccupazione in Italia è in linea con la media europea (12,2% in Italia contro gli 11,9% nell’Eurozona a 18, secondo i dati del 2013), ma il tasso di occupazione è di quasi 8 punti inferiore rispetto al resto d’Europa (48,7% in Italia, 56,2% nell’Eurozona a 18, secondo i dati del 2013). La spiegazione, secondo lo studio dell’Abt, è l’altissima percentuale di popolazione inattiva, che supera il 44% a fronte di una media europea del 36 per cento.Nella Penisola ci sono infatti circa 20 milioni di persone, in età compresa tra i 15 e i 74 anni, che semplicemente non cercano e non sono disponibili a lavorare, tra cui anche studenti, casalinghe e pensionati. Queste persone, spiega l’associazione della Cgil, non sono considerate ai fini del calcolo del tasso di disoccupazione, perché non possiedono le due principali condizioni per essere inserite tra i disoccupati standard, ovvero essere disponibili ad iniziare a lavorare entro due settimane ed effettuare una ricerca attiva di lavoro. Nonostante ciò, circa 2,2 milioni di persone ne possiede almeno una e si dichiara esplicitamente come disoccupata. La peculiarità italiana appare ancora più chiara osservando i dati relativi ad alcuni dei Paesi europei più colpiti dalla crisi, come Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda, dove il tasso di disoccupazione registrato lo scorso anno è superiore al nostro, ma anche il tasso di occupazione, con la sola eccezione della Grecia, è più alto di quello italiano.
“Una loro progressiva emersione renderebbe gli indicatori del nostro mercato del lavoro più in linea con quelli degli altri Paesi europei”, sostiene nello studio dell’Associazione Bruno Trentin. Si tratta, infatti, di un consistente “esercito di disoccupazione di riserva”, che non sarebbe corretto sommare automaticamente ai dati ufficiali della disoccupazione ma che certo, sottolinea l’Abt Cgil, “insieme al tasso ufficiale di disoccupazione, salito al 13,6% nel primo trimestre del 2014, fornisce un quadro reale di quella che è la drammatica situazione del lavoro nel nostro Paese”.
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