Anche il 54% degli americani a favore della legalizzazione.
NEW
YORK - Capovolgendo una linea editoriale da sempre contraria alla
liberalizzazione delle droghe, comprese quelle più leggere, il New York Times
abbraccia la causa della legalizzazione della marijuana, il cui consumo
è stato autorizzato nei mesi scorsi da alcuni Stati, ma rimane un reato
punibile col carcere a livello federale. Quello pubblicato ieri dal
quotidiano non è soltanto un articolo di fondo che sancisce un cambio di
rotta: il più autorevole giornale d’America ha riunito direzione e
«board» editoriale per discutere della questione e, fatta la scelta di
sostenere la legalizzazione, ha deciso di costruirci sopra una campagna:
tre gli articoli pubblicati ieri, compresa la copertina della Sunday
Review , l’inserto domenicale delle analisi. E l’annuncio che nei
prossimi giorni verranno pubblicati altri sei editoriali a sostegno
della marijuana libera, esaminando i vari aspetti del problema.
Divieto di vendita per i minori di 21 anni
Ma già ieri il giornale «liberal» che su questa materia era stato
sempre molto prudente, ha spiegato le ragioni della sua svolta: «Non che
non ci siano dubbi sui danni che possono venire dalla marijuana. Ma gli
effetti tossici e la dipendenza per questo tipo di sostanza sono
minimi, soprattutto se confrontati con alcol e tabacco». Secondo il
quotidiano le preoccupazioni mediche principali riguardano la
vulnerabilità dei giovani negli anni in cui il loro cervello è ancora in
una fase di sviluppo: un problema da affrontare stabilendo, come per
gli alcolici, il divieto di vendita a chi ha meno di 21 anni.
Ieri tutti i siti politici, dall’«Huffington Post» a «Politico.com», hanno dato grande spazio alla svolta del «Times» anche perché solo l’anno scorso il giornale aveva sostenuto che la liberalizzazione poteva favorire l’uso delle formulazioni più potenti della marijuana da parte dei «teenager». Ancora nel gennaio scorso, dopo la legalizzazione decisa dal Colorado, il giornale di New York ribadì questo suo punto di vista e un mese fa ospitò il commento di un esperto che, convinto che la marijuana sia «molto più pericolosa di quello che molti di noi credono», collegò il suo uso alla schizofrenia.
Ieri tutti i siti politici, dall’«Huffington Post» a «Politico.com», hanno dato grande spazio alla svolta del «Times» anche perché solo l’anno scorso il giornale aveva sostenuto che la liberalizzazione poteva favorire l’uso delle formulazioni più potenti della marijuana da parte dei «teenager». Ancora nel gennaio scorso, dopo la legalizzazione decisa dal Colorado, il giornale di New York ribadì questo suo punto di vista e un mese fa ospitò il commento di un esperto che, convinto che la marijuana sia «molto più pericolosa di quello che molti di noi credono», collegò il suo uso alla schizofrenia.
Le ragioni del dietrofront
Perché l’improvviso dietrofront? Gli estensori dell’editoriale dicono
di essersi convinti che il divieto stabilito nel 1970, nell’era Nixon,
da un Congresso che votò in modo frettoloso ed emotivo dopo il discorso
di un senatore che attribuì una strage di soldati americani in Vietnam
provocata da un loro commilitone ad «allucinazioni da marijuana», ha
portato a un’era di vero e proprio proibizionismo. Che, come quello
degli alcolici degli anni Venti e Trenta del secolo scorso, ha prodotto
distorsioni e danni più gravi di quelli che i politici volevano
prevenire. A cominciare dagli enormi costi sociali: nel 2012 negli Usa
ci sono stati 658 mila arresti per possesso di marijuana rispetto ai 256
mila relativi a cocaina, eroina e loro derivati.
Gli editorialisti del «New York Times» hanno anche una preoccupazione di tipo legale: la legge federale del 1970 è talmente antiquata che molti Stati hanno cominciato da tempo a superarla con loro provvedimenti locali: 34 Stati hanno già legalizzato l’uso di marijuana per scopi medici, mentre il Colorado e lo Stato di Washington sono stati i primi ad autorizzarne anche il suo consumo «ricreativo». Ma, mentre la legge del Colorado consente di coltivare fino a 10.200 piante di cannabis, la legge federale prevede un minimo di 10 anni di carcere per chi coltiva più di mille piante. Ora è vero che il ministero della Giustizia ha dichiarato che non applicherà questa parte delle norme se verranno prese alcune precauzioni (come la tutela dei minori), ma c’è sempre il rischio di interventi di giudici conservatori zelanti o di un cambio di rotta del governo dopo la fine del mandato di Obama.
Gli editorialisti del «New York Times» hanno anche una preoccupazione di tipo legale: la legge federale del 1970 è talmente antiquata che molti Stati hanno cominciato da tempo a superarla con loro provvedimenti locali: 34 Stati hanno già legalizzato l’uso di marijuana per scopi medici, mentre il Colorado e lo Stato di Washington sono stati i primi ad autorizzarne anche il suo consumo «ricreativo». Ma, mentre la legge del Colorado consente di coltivare fino a 10.200 piante di cannabis, la legge federale prevede un minimo di 10 anni di carcere per chi coltiva più di mille piante. Ora è vero che il ministero della Giustizia ha dichiarato che non applicherà questa parte delle norme se verranno prese alcune precauzioni (come la tutela dei minori), ma c’è sempre il rischio di interventi di giudici conservatori zelanti o di un cambio di rotta del governo dopo la fine del mandato di Obama.
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