lunedì 28 luglio 2014

«Marijuana libera per tutti» La svolta del New York Times.

Anche il 54% degli americani a favore della legalizzazione.

corriere.it di Massimo Gaggi


NEW YORK - Capovolgendo una linea editoriale da sempre contraria alla liberalizzazione delle droghe, comprese quelle più leggere, il New York Times abbraccia la causa della legalizzazione della marijuana, il cui consumo è stato autorizzato nei mesi scorsi da alcuni Stati, ma rimane un reato punibile col carcere a livello federale. Quello pubblicato ieri dal quotidiano non è soltanto un articolo di fondo che sancisce un cambio di rotta: il più autorevole giornale d’America ha riunito direzione e «board» editoriale per discutere della questione e, fatta la scelta di sostenere la legalizzazione, ha deciso di costruirci sopra una campagna: tre gli articoli pubblicati ieri, compresa la copertina della Sunday Review , l’inserto domenicale delle analisi. E l’annuncio che nei prossimi giorni verranno pubblicati altri sei editoriali a sostegno della marijuana libera, esaminando i vari aspetti del problema.

Divieto di vendita per i minori di 21 anni
Ma già ieri il giornale «liberal» che su questa materia era stato sempre molto prudente, ha spiegato le ragioni della sua svolta: «Non che non ci siano dubbi sui danni che possono venire dalla marijuana. Ma gli effetti tossici e la dipendenza per questo tipo di sostanza sono minimi, soprattutto se confrontati con alcol e tabacco». Secondo il quotidiano le preoccupazioni mediche principali riguardano la vulnerabilità dei giovani negli anni in cui il loro cervello è ancora in una fase di sviluppo: un problema da affrontare stabilendo, come per gli alcolici, il divieto di vendita a chi ha meno di 21 anni.
Ieri tutti i siti politici, dall’«Huffington Post» a «Politico.com», hanno dato grande spazio alla svolta del «Times» anche perché solo l’anno scorso il giornale aveva sostenuto che la liberalizzazione poteva favorire l’uso delle formulazioni più potenti della marijuana da parte dei «teenager». Ancora nel gennaio scorso, dopo la legalizzazione decisa dal Colorado, il giornale di New York ribadì questo suo punto di vista e un mese fa ospitò il commento di un esperto che, convinto che la marijuana sia «molto più pericolosa di quello che molti di noi credono», collegò il suo uso alla schizofrenia.

Le ragioni del dietrofront
Perché l’improvviso dietrofront? Gli estensori dell’editoriale dicono di essersi convinti che il divieto stabilito nel 1970, nell’era Nixon, da un Congresso che votò in modo frettoloso ed emotivo dopo il discorso di un senatore che attribuì una strage di soldati americani in Vietnam provocata da un loro commilitone ad «allucinazioni da marijuana», ha portato a un’era di vero e proprio proibizionismo. Che, come quello degli alcolici degli anni Venti e Trenta del secolo scorso, ha prodotto distorsioni e danni più gravi di quelli che i politici volevano prevenire. A cominciare dagli enormi costi sociali: nel 2012 negli Usa ci sono stati 658 mila arresti per possesso di marijuana rispetto ai 256 mila relativi a cocaina, eroina e loro derivati.
Gli editorialisti del «New York Times» hanno anche una preoccupazione di tipo legale: la legge federale del 1970 è talmente antiquata che molti Stati hanno cominciato da tempo a superarla con loro provvedimenti locali: 34 Stati hanno già legalizzato l’uso di marijuana per scopi medici, mentre il Colorado e lo Stato di Washington sono stati i primi ad autorizzarne anche il suo consumo «ricreativo». Ma, mentre la legge del Colorado consente di coltivare fino a 10.200 piante di cannabis, la legge federale prevede un minimo di 10 anni di carcere per chi coltiva più di mille piante. Ora è vero che il ministero della Giustizia ha dichiarato che non applicherà questa parte delle norme se verranno prese alcune precauzioni (come la tutela dei minori), ma c’è sempre il rischio di interventi di giudici conservatori zelanti o di un cambio di rotta del governo dopo la fine del mandato di Obama.
Anche Obama favorevole
Lo stesso presidente già nel 2012 aveva chiesto la depenalizzazione, ma il Congresso non l’ha seguito su questa come su molte altre proposte. Un Parlamento sempre più paralizzato di certo non si metterà al lavoro per la spinta di un quotidiano «liberal» inviso a tutti i conservatori. Ma anche in politica le cose stanno evolvendo perché sulla questione delle droghe leggere, come qu quella dei matrimoni gay, è lo stesso stato d’animo del popolo americano che sta cambiando rapidamente. I sondaggi del Pew Research Center dimostrano che, se ai tempi del varo della legge proibizionista l’85% degli americani era contrario alla legalizzazione della marijuana, la situazione è andata gradualmente cambiando fino a quando, due anni fa, i favorevoli alla liberalizzazione hanno superato i contrari (oggi siamo al 54%). Con una maggioranza schiacciante di favorevoli tra i progressisti: il pubblico di riferimento del «New York Times». Che, cambiando rotta, ha fatto sì una scelta etica, non priva però di riflessi commerciali.

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