DINAMO PRESS - MARCO PETRONI
Il racconto di tre giorni di festa, calcio popolare, quartieri ribelli, sport e solidarietà vissuti lo scorso fine settimana. I cori dei tifosi, provenienti dalla piccola tribuna ai bordi del campo dei Cavalieri di Colombo, si riversano fino alle stradine limitrofe del quartiere di San Lorenzo, a Roma, in una domenica mattina caldissima.
Bandiere, stendardi, fumogeni, tanta polvere e voglia di divertirsi: è questo il colpo d’occhio offerto da più di un centinaio tra tifosi, giocatori e dirigenti impegnati in un quadrangolare di calcio popolare che vede di fronte le squadre di Atletico San Lorenzo, Fc St.Pauli 7 Herren, Ardita San Paolo e il progetto di calcio per migranti dell’Asinitas Fc.
Finisce con una pacifica invasione di campo per festeggiare tutti insieme i campioni di casa dell’Atletico San Lorenzo che si impongono in finale per 1-0 contro i tedeschi del St.Pauli, dopo aver battuto, con lo stesso punteggio, anche i cugini dell’Ardita, nel primo derby capitolino. Una vittoria festeggiata tra scambi di maglie e sciarpe e la promessa di rivedersi ad Amburgo per una rivincita.
Il torneo di calcio è stato soltanto uno dei momenti all’interno dell’iniziativa “San Lorenzo incontra St.Pauli” durata 4 giorni, da giovedì 5 a domenica 8 giugno, che aveva come tema l’incontro tra le squadre di calcio dei rispettivi quartieri.
Storie di quartieri che sono vicini in molte cose. Entrambi nati fuori le mura della città e centri del proletariato; teatri della più feroce resistenza al fascismo; vittime dei bombardamenti alleati, a pochi giorni di distanza, nel terribile luglio del 1943, quando le bombe americane cadevano sulle case di San Lorenzo e sul porto di Amburgo con l’Operazione Gomorrah. Ma anche centri dell’Autonomia negli anni ’70 e ’80 con i Comitati autonomi operai di via dei Volsci a San Lorenzo e le occupazioni della Hafenstrasse ad Amburgo. Quartieri sotto attacco della gentrificazione e della speculazione nei giorni correnti.
Il primo contatto è avvenuto giovedì sera a San Lorenzo, dove la riservatezza e timidezza dei 30 ragazzi provenienti da Amburgo si sono sciolte velocemente di fronte alla festa di benvenuto riservata dallo staff dell’Atletico. Si formano capannelli misti di italiani e tedeschi che tra una birra e un piatto di pasta intrecciano i loro racconti e le loro esperienze in un inglese sbilenco. Tutto questo fino a quando non sbuca un pallone che trasforma una serata tutto sommato tranquilla, in una tiratissima partita di calcio di strada tra i marciapiedi e le serrande abbassate dei negozi.
L’arrivo a Roma della “7Herren” del St.Pauli, ovvero di una delle numerose squadre amatoriali della società amburghese, nata all’interno del vasto bacino dei soci attivi (quei soci che fanno attività sportiva) e ambasciatrice dei valori fondamentali del club è stata l’occasione per conoscere da vicino il modello St.Pauli nel quale i tifosi-soci sono parte integrante della società, dettano le linee guida del club e sono famosi in tutto il mondo per il loro impegno politico avendo dato vita a decine di battaglie e progetti sociali che hanno avuto come denominatore comune l’accessibilità per tutti allo sport.
Nel dibattito conclusivo, tenutosi domenica pomeriggio all’interno del Cinema Palazzo, Massimo Finizio, leader storico della “7Herren”, romano trasferitosi ad Amburgo, con un passato ad inizio anni duemila da dirigente del St.Pauli Fc, ha spiegato come alla base del successo di questa società, ci siano i soci che partecipano alle attività sportive e non del club portando avanti valori condivisi nello Statuto come ad esempio l’attività sociale all’interno del quartiere e l’abbattimento di qualsiasi forma di razzismo e fascismo. “Le società di calcio tedesche, ha continuato Finizio, sono delle associazioni sportive (e.V) e in questo contesto non esistono proprietari, ma solo soci. Motivo per cui, più che di modello di “azionariato popolare”, il quale prevede il possesso di “azioni”, bisognerebbe parlare di “associazionismo”, nel quale ogni socio vale un voto nell’assemblea generale.”
Nello spirito e nel modello del St.Pauli si riconosce anche l’Atletico San Lorenzo. Un progetto nato come squadra di calcio di terza categoria e che strada facendo, grazie all’enorme partecipazione del quartiere, si è trasformato in un vero e proprio progetto sociale, capace di rendere più vivibile San Lorenzo attraverso decine di iniziative in piazza che hanno coinvolto tante altre associazioni di quartiere. Dalle cene auto organizzate in cui ognuno porta stoviglie, bevande e cibo ai progetti di verdificazione del quartiere, ai tornei di calcio e basket nelle piazze. Così facendo l’Atletico è diventato uno strumento di aggregazione eccezionale e ha ampliato il suo raggio d’azione sportivo al calcio femminile, alla scuola calcio per i bambini e al basket.
L’altro grande obiettivo raggiunto da questa iniziativa è stato quello di aver avviato un percorso di avvicinamento e confronto tra le esperienze di calcio popolare in Italia. Grazie al lavoro di Atletico San Lorenzo e Ardita San Paolo, nella giornata di sabato sono giunte a Roma delegazioni da mezza Italia: Lokomotiv Flegrea, Stella Rossa Napoli, Ardita 2 Mari Taranto, Stella Rossa Venezia, Liberi Nantes, Centro Storico Lebowski, Polisportiva Gagarin Teramo, Asinitas Fc, Associazione Quartograd e tante altre che hanno aderito pur non potendo partecipare. L’assemblea si è sviluppata su tre aspetti fondamentali come l’autorganizzazione, il rapporto col territorio e l’accesso agli spazi. Ognuno con la sua origine la sua storia: dalle esperienze di curva, ai centri sociali, dal movimento antifascista ai progetti per i rifugiati e richiedenti asilo. Ne è uscito fuori uno spaccato del calcio popolare italiano alle prese con problemi che vanno dall’autofinanziamento, alla carenza di strutture pubbliche e alla repressione. L’esperienza registrata in pochi anni di attività ha evidenziato un forte aumento del movimento e il raggiungimento di risultati sportivi impensabili, nonostante l’ostracismo dimostrato da FGIC, questure e amministrazioni comunali che si impegnano sempre più a rendere il diritto allo sport un affare per privati e speculatori.
Bisognerà ora lavorare a proposte concrete e costruire una “Rete del calcio popolare” per mettere in comune le buone pratiche, ma anche per sfidare e scardinare dall’interno quel calcio ufficiale che, come le vicende provenienti dal prossimo mondiale brasiliano testimoniano in questi giorni, appare ormai in uno stato di crisi irreversibile. I segnali che si raccolgono da questa lunga iniziativa romana, sono molto incoraggianti, lo si vedeva negli occhi e sui volti di tutti coloro che hanno partecipato.
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