venerdì 20 giugno 2014

Made in Italy. Latte contaminato: sequestrate 2.440 forme di Parmigiano.

Quattro persone agli arresti domiciliari: sequestrate 2.440 forme di Parmigiano.

2.440 forme di parmigiano sono state sequestrate dopo che è stata riscontrata la presenza di latte contaminato da aflatossina M1. Lo riporta Rainews:

Quattro persone agli arresti domiciliari, tra cui il direttore del centro servizi per l’agroalimentare di Parma, Sandro Sandri, e tre imprenditori agricoli, 63 persone indagate e 2440 forme di parmigiano-reggiano sequestrate. Sono questi i numeri di una maxi operazione conclusa la scorsa notte dai Nas di Parma. Al centro delle indagini il rinvenimento nel latte, con cui si produceva il formaggio, di aflatossina, tossina proveniente da un mais risultato contaminato a causa del caldo e della siccità.
Per tutti, spiega il sito, “l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata al falso in atto pubblico e alla commercializzazione di sostanze alimentari nocive e tentata truffa aggravata finalizzata alla ricezione di pubbliche erogazioni per il latte qualità. Secondo gli inquirenti le analisi di sicurezza alimentare sarebbero, in sostanza, state falsificate, lasciando così che il latte contaminato venisse utilizzato per la produzione del formaggio.
Il livelli di aflatossina erano doppi rispetto al limite consentito:
Da quanto è emerso dalle indagini dei Nas, gli sforamenti sui livelli di aflatossina presente nel cereale, utilizzato per l’alimentazione dei bovini da latte, raggiungeva anche il doppio di quanto consentito dalla legge e dalle regole comunitarie.

Inoltre non veniva indicata la presenza della tossina:
L’inchiesta, coordinata dal pm Fabrizio Pensa della Procura di Parma, ha rilevato che le analisi, condotte dal Centro servizi per l’Agrolimentare di Parma, non indicavano la reale presenza di aflatossina nelle partite latte.
In tutto sarebbero 2.402 forme di Parmigiano Reggiano:
Un fenomeno che si sarebbe ripetuto dal febbraio del 2013 ad oggi coinvolgendo 2.402 forme di Parmigiano Reggiano in diversi caseifici del parmense, permettendo così di immettere nella produzione il prodotto contaminato che, secondo la legge, doveva invece essere consegnato all’Asl di competenza per la distruzione.
E per chi si chiedesse cosa sono le aflatossine, lo riportiamo di seguito:
sono micotossine prodotte da due specie di Aspergillus, un fungo che si trova in particolare nelle aree caratterizzate da un clima caldo e umido. Le aflatossine sono note per le loro proprietà genotossiche e cancerogene, possono essere presenti in prodotti alimentari, quali arachidi, frutta a guscio, granoturco, riso, fichi e altra frutta secca, spezie, oli vegetali grezzi e semi di cacao, a seguito di contaminazioni fungine avvenute prima e dopo la raccolta. L’aflatossina B1 è la più diffusa nei prodotti alimentar,i ed è una delle più potenti dal punto di vista genotossico e cancerogeno. L’aflatossina M1 è uno dei principali metaboliti dell’aflatossina B1 nell’uomo e negli animali, e può essere presente nel latte proveniente da animali nutriti con mangimi contaminati da aflatossina B1.
L’Unione europea, spiega Rainews, “ha introdotto misure, volte a ridurre al minimo la presenza di aflatossine in diversi prodotti alimentari. I livelli massimi di aflatossine sono stabiliti dal regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione. I prodotti che superano i livelli massimi consentiti non devono essere immessi sul mercato dell’UE. La direttiva 2002/32/CE stabilisce i livelli massimi di aflatossine B1 nelle materie prime per mangimi.
La Coldiretti ha dichiarato in merito:
E’ un fatto grave che il prodotto contaminato sia stato utilizzato per produrre Parmigiano Reggiano, tuttavia l’operazione dei Nas ha individuato prontamente le 2.400 forme a rischio, che sono una parte limitatissima dei 3 milioni di forme prodotte ogni anno pari allo 0,07% del totale. L’attività di controllo sugli alimenti è una priorità in un Paese come l’Italia che ha conquistato il primato nella sicurezza alimentare, settore di punta nell’economia nazionale” ha proseguito l’associazione, rimarcando che “ancora una volta il sistema dei controlli in Italia si rivela al top dell’efficacia in Europa per tempestività e capillarità“.
Ma i consumatori non dovrebbero preoccuparsi più di tanto secondo Coldiretti, in quanto: “i controlli nel nostro Paese sono “in grado di individuare tutte le situazioni di potenziale rischio e di intervenire chirurgicamente sui prodotti a rischio”, a tutela del 75,6% delle famiglie italiane che consuma regolarmente il parmigiano, tre su quattro. “Un’ azione a difesa dei 3500 allevatori – ha concluso Coldiretti – che forniscono latte per la produzione di 3,25 milioni di forme per il 2014”.

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