Non avremmo voluto in alcun modo prendere parola nella vicenda che riguarda la famiglia di Aboubakar Soumahoro e che, inevitabilmente, sta coinvolgendo anche lui. Riteniamo però utile ripercorrere, per chiarezza, il suo percorso in USB e la tempistica della sua fuoriuscita.
Abou ha lavorato con noi dal 2007 e formalmente fino al 2020. In questo lungo periodo si è occupato in prevalenza di organizzare le battaglie dei lavoratori migranti per il permesso di soggiorno, la regolarizzazione, il diritto al lavoro e contro il razzismo.
Membro dell’Esecutivo nazionale confederale, ha avuto l’incarico di operare presso i siti in cui i migranti venivano utilizzati come braccianti e in particolare negli insediamenti del Foggiano, insieme agli altri sindacalisti dell’USB Lavoro Agricolo.
Svolgeva cioè il suo lavoro di sindacalista insieme ad altri sindacalisti e le iniziative che venivano assunte erano frutto di scelte collettive e condivise.
Nel 2018, dopo le prime apparizioni sui media, Abou ha però mostrato una evidente insofferenza ad una relazione d’organizzazione, piegando le iniziative sindacali alla propria necessità di emergere piuttosto che alla concreta risoluzione dei problemi.
Contemporaneamente è iniziata la sua vita pubblica con presenze televisive, inviti a convegni, produzione di un libro, in cui l’USB usciva definitivamente dal suo orizzonte, divenuto a quel punto del tutto individuale.
La rottura definitiva è arrivata dopo un ennesimo tentativo dell’Esecutivo di costringerlo ad un confronto, risultato però del tutto infruttuoso.
La costruzione della Lega Braccianti – non un sindacato, ma un’associazione – avviene a marzo 2020, quindi all’insaputa di USB.
La sua fuoriuscita e l’emersione della Lega Braccianti produce una spaccatura tra i braccianti del Foggiano, tra quelli che scelsero di rimanere in USB e quanti decisero inizialmente di seguire Abou ma che, scottati da una gestione economica come quella che sta emergendo dalle indagini e dalle denunce degli stessi, ne fuoriuscirono per tornare nell’unico sindacato che continuava ad occuparsi dei problemi dei braccianti: l’USB.
Abbiamo quindi continuato il nostro lavoro di organizzazione dei lavoratori agricoli e dei lavoratori stranieri, dando priorità alla difesa collettiva dei diritti ed alla necessità che i lavoratori migranti in Italia acquisissero collettivamente la consapevolezza che la propria emancipazione e la propria dignità fosse un processo organizzato di cui loro stessi erano protagonisti.
Abbiamo avviato un lavoro di alfabetizzazione sindacale che ha portato nel nostro sindacato decine di delegati migranti, nei campi, nella logistica, tra i rider che sono oggi integrati nell’organizzazione sindacale senza bisogno di scorciatoie mediatiche o rappresentazioni social, tanto amate dal carrozzone mediatico protagonista della politica italiana.
Ci preme però, una volta chiarite le dinamiche della rottura delle relazioni tra USB e Aboubakar, evidenziare come in mezzo ad un mare di articoli, prese di posizione, scoop massmediatici, non ci sia nessuno sguardo che si levi verso i veri protagonisti di questa vicenda: i lavoratori migranti e il degrado in cui versano nelle baraccopoli bracciantili, lo sfruttamento che subiscono quotidianamente da parte di imprenditori senza scrupoli nella logistica e nel delivery, la condizione da tutti conosciuta che vivono le badanti.
La persistenza di normative e leggi che si occupano di loro per ricacciarli fuori dai nostri confini o, al più, per regolarne l’afflusso per garantire che non manchi manodopera disposta a tutto nei campi, nella logistica e nei lavori più umili “che gli italiani non fanno più”, sono l’unico momento in cui lo Stato e i mass media volgono lo sguardo verso di loro.
I sindacalisti USB continuano a stare affianco ai lavoratori e alle lavoratrici migranti, al servizio di un progetto di riscatto e di riconoscimento dei propri diritti, lontano da telecamere, affari e piagnistei.
Per saperne di più:
La sottoscrizione di Soumahoro: a cosa sono serviti quei soldi?
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