lunedì 28 novembre 2022

DANIELA RANIERI. Altro che Montessori, è il metodo di Valditara: umiliazione e sudore.

 Proseguono le Valditariadi, le personali Olimpiadi del ministro dell’Istruzione e del presunto Merito per diventare il nuovo Giovanni Gentile.


(DI DANIELA RANIERI – Il Fatto Quotidiano)

L’ultima uscita pubblica vede Valditara seduto a tavola sul set di un assurdo programma di SkyTg24, “A cena da Maria Latella”, in cui lui e altri commensali discettano amabilmente di scuola mentre mangiano. “Il bullismo, l’indisciplina, la disattenzione, il ragazzo che gioca col cellulare… Limitarsi alla sospensione cosa vuol dire? L’idea dei lavori socialmente utili che ti educano alla responsabilità, invece!” dice il ministro togliendosi i filacci dai denti con la lingua. Bruno Vespa, facendo la scarpetta: “Una punizione non potrebbe essere quella di fargli passare 4 ore da solo in biblioteca?”. Latella, a capotavola: “No, è meglio fargli pulire le aule!”. Una scena raccapricciante di puro sadismo che pare presa da Salò o le 120 giornate di Sodoma, o da quel film di Buñuel in cui degli insulsi borghesi pronunciano fatuità a tavola seduti sui water.

La scena prendeva le mosse dalle recenti dichiarazioni di Valditara sulle punizioni scolastiche, su cui a suo dire è stato frainteso.

L’asserito misunderstanding è noto: “Evviva l’umiliazione”, aveva detto a un convegno, “un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità, di fronte ai propri compagni. Da lì nasce il riscatto”, dal che tutta la popolazione alfabetizzata italiana aveva capito che per Valditara i docenti devono umiliare gli studenti indisciplinati davanti ai compagni. In serata il ministro ha ritrattato: lui voleva dire che gli studenti discoli devono “umiliarsi”, cioè “essere umili,” stabilendo con ciò la totale interscambiabilità di “umiltà” e “umiliazione”. Non contento, ha scritto a Repubblica per lamentarsi che “qualche commentatore forse non pienamente in buona fede” ha “voluto generalizzare”, e Dio sa cosa c’entri la generalizzazione con la transitività dei verbi. Nella lettera finge di darsi torto per darsi ragione (vecchio trucco degli oratori principianti): “Riconosco che il passaggio stesso può risultare non univoco nella sua interpretabilità”, hai detto niente, in fondo è solo il ministro dell’Istruzione, mica è tenuto a conoscere l’interpretabilità delle parole; poi ci spiega la differenza semantica tra umiliare qualcuno e umiliarsi davanti a qualcuno: “È decisivo l’uso riflessivo del verbo”, vedi tante volte.

Non padroneggiando appieno “la sola scienza al mondo suprema, la scienza delle parole”, per citare un autore che dovrebbe essergli caro (D’Annunzio), il ministro dell’altrui Istruzione ha voluto dire la sua sul Reddito di cittadinanza: “È moralmente inaccettabile darlo a chi a chi non ha terminato l’obbligo scolastico”. Riscatto, umiliazione, moralmente inaccettabile: Valditara ha questo eloquio intimidatorio, ampolloso, da verbale di questura del 1930. Ma è giusto: chi non ha la terza media, e magari lavora per pochi spicci da quando era minorenne, va punito vieppiù e affamato per giunta. Come se non fosse la povertà il primo motivo di abbandono della scuola. All’uopo, il suo governo toglie il Rdc ai genitori dei ragazzini indigenti, così imparano. E, per limitare la dispersione scolastica, con la manovra il suo ministero si appresta a chiudere centinaia di scuole.

Dopo aver redatto di suo pugno una circolare per dire alle e agli studenti che il comunismo è “un incubo” (il suo), l’instancabile Valditara ha detto che la scuola deve “avviare al lavoro fin dalle elementari”. È il metodo Valditara, dopo quello Montessori: creare forza-lavoro; premiare i fenomeni, i cresimati dal merito, i figli dei ricchi; punire i reietti, gli emarginati, gli scarsi (tipo Einstein, che andava male a scuola). Lo Stato deve bullizzare i bulli, costringendoli alle pene alternative al carcere che i tribunali comminano ai condannati. “Coi lavori socialmente utili il ragazzo accetta la sfida di ridurre le pretese del proprio ego”, ha detto il leghista (ex An), e chissà come si riducono le pretese dell’ego dei ministri, già autori di opere monumentali quali L’impero romano distrutto dagli immigrati. Sfornando studenti umiliati e impauriti, oppure spavaldi e prevaricatori – tutto fuorché cittadini liberi, pensanti – costruendo una società disciplinare fondata sulla competizione e sulla performance, neoliberista e classista con una base di destra autoritaria che nega qualunque progresso della pedagogia.

“Quando io ero bambino” ha detto Valditara con rimpianto, “il maestro era il maestro con la emme maiuscola”. Quando lui era bambino, a metà degli anni ’60, si usavano ancora le bacchettate sulle mani e le pene corporali: che voglia ripristinarle?

Ne abbiamo tutti fatto esperienza: gli insegnanti che mortificavano gli allievi erano dei palloni gonfiati repressi, falliti e frustrati; i danni che hanno fatto negli animi di generazioni di ragazzini innocenti sono incalcolabili. O forse basta guardare agli adulti che ci governano.

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