martedì 29 novembre 2022

Incredibile! Lo Stato italiano paga le tasse in Olanda

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ENI, la partecipata principe dal Tesoro è stata tra le prime aziende italiane a spostare la sede all'estero per godere dei vantaggi fiscali che offre il paese dei tulipani. Di fatto un vero e proprio trasferimento fiscale che ci conferma il nostro "status" di colonia all'interno dell'Unione europea

 

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Nel manuale di come si costruisce uno Stato coloniale, un capitolo fondamentale riguarda i trasferimenti fiscali; nella sostanza ricchezza finanziaria, che dal paese colonizzato affluisce, quasi sempre attraverso l’imposizione, verso i poteri che dominano lo Stato colonizzatore.

A dire il vero dei trasferimenti fiscali se ne parla spesso anche in riferimento a stati “cosiddetti” democratici, sia essi costituiti sotto forma di Repubbliche che di Federazioni. In democrazia, dove prevale lo spirito di solidarietà, in genere i trasferimenti fiscali all’interno delle sotto-aree (es.: regioni e/o stati federali), hanno finalità redistributiva con il proposito essenziale, di riequilibrare i vari sistemi economici, che sono parte integrante della nazione stessa.

Parlando del territorio di un paese o di una nazione, vuoi per ragioni ambientali, climatiche, storiche e di localizzazione di risorse, può accadere che alcune zone siano più svantaggiate nel produrre ricchezza rispetto ad altre, e quindi, si prospetta loro la necessità di dover ricorrere ai sostegni. Questa operazione vede nei governi, attraverso l’esercizio della loro funzione di gestione della politica fiscale, i principali attori nel dirottare in quelle aree le risorse finanziarie occorrenti per uno sviluppo armonioso con il resto del paese.

Tanto per fare un esempio di tali politiche fiscali a noi vicino, vi rammento la famosa “Cassa del mezzogiorno”, che diede un sostegno vitale al nostro “Sud”. In pratica, consisteva in un massiccio e lungo trasferimento fiscale per finanziare iniziative industriali tese allo sviluppo economico del meridione d’Italia, allo scopo di colmare il divario con l’Italia settentrionale.

Già sento le urla di coloro che, vivendo al nord, ancora oggi si lamentato contro questa misura, inveendo con il solito classico impropero da bar: al sud non hanno voglia di lavorare e vogliono vivere con i soldi nostri!

Guarda strano, sono le stesse identiche argomentazioni con cui dall’introduzione dell’euro, la nostra stampa main-stream, identifica le lamentele dei tedeschi nei confronti del popolo italiano intero.

Insomma, per eludere la verità e poter comandare, nel rispetto del principio tirannico del “divide et impera”, il “Potere” ha sempre usato lo stratagemma di presentare alle masse, ogni sventura imposta, non come la logica conseguenza di una lotta di classe, ma bensì inventandosi falsi problemi, quali la razza e la religione ed oggi per fino indicando nell’ambiente in cui viviamo il nostro nemico. Bianchi contro neri, popoli del sud contro quelli del nord, cristiani contro mussulmani e catastrofi naturali in arrivo sono le scuse più gettonate.

Individuare il tuo nemico in chi ti vive accanto, come colui che ti porta via la ricchezza – senza che tu comprenda, che lui stesso sta vivendo la tua stessa disgrazia –  ti fa togliere l’attenzione da coloro che, invece, nella sostanza te la portano via realmente.

E purtroppo sono ancora molti quelli che ci cascano. Pensate, c’è ancora chi crede alla paura che nel mondo saremmo persino troppi numericamente, senza nemmeno realizzare, cosa realmente rappresenti la soluzione a tale falso problema.

Sul tema, lo scrittore e giornalista britannico Gilbert Keith Chesterton era uso affermare: “la risposta a chiunque parli della sovrappopolazione è chiedergli se egli fa parte della popolazione in eccedenza o, in caso contrario, come sa di non esserlo”.

Ma torniamo al tema dell’articolo, ovvero i trasferimenti fiscali, che come dicevamo, all’interno della solidarietà che dovrebbe essere un principio fondante della democrazia, consistono nell’indirizzare risorse dove c’è più bisogno. Del resto, a questo servono i governi eletti democraticamente dal popolo, a garantire un’equa e democratica distribuzione della ricchezza, affinché ognuno possa avere lavoro, dignità e la giusta serenità per poter provvedere senza ansie, alla propria famiglia ed alla comunità in cui vive e si rapporta.

Quindi, per ottemperare alla logica sopra esposta, il naturale percorso che questi flussi di denaro dovrebbero fare, è quello che va dal meno bisognoso al più bisognoso.

Attenzione!

Questo concetto non deve assolutamente essere interpretato secondo le false proposizioni messe in atto da chi gestisce il potere, il quale, giocando all’interno di una apparente scarsità di risorse, ci presenta la questione come se per dare la tranquillità ad uno la dovessimo togliere ad un altro.

Le risorse ci sono e sono abbondanti, soprattutto se consideriamo quelle che sono le più indispensabili, ovvero le risorse umane e la moneta!

Quando invece i trasferimenti fiscali invertono la direzione del loro flusso naturale, è bene essere chiari ed espliciti, stiamo minando in modo pesante le fondamenta democratiche di uno Stato e questo potrebbe facilmente condurci, a realtà che nessuno si augura: dal feudalesimo al colonialismo, fino alla tirannia.

Che nel mondo occidentale, ed in particolare nell’Unione europea, tali flussi non vadano da tempo nella direzione giusta, credo ormai sia cosa risaputa e sperimentata sulla pelle della maggioranza.

I surplus governativi imposti a stati del sud come Grecia e Italia,  l’enorme trasferimento di ricchezza messo in atto attraverso il pagamento di interessi sul debito pubblico, del tutto non necessario – che nel caso del nostro paese dalle tasche del 95% della popolazione finisce in quelle del 5% di una ristretta élite di italiani ed in quelle di tutto il mondo finanziario nazionale ed internazionale – sono lì a dimostrarlo.

In definitiva, i soldi vanno dal popolo greco alle banche tedesche e francesi e dal popolo italiano ai nostri “rentier”, non certo in ottemperanza del citato principio di solidarietà.

Non solo, i trasferimenti fiscali di ricchezza che vanno in controtendenza, vengono messi in atto nelle più svariate forme.

Un altro caso clamoroso è quello che vede molte aziende italiane – che operano stabilmente nel nostro paese – spostare la loro sede all’estero, per avvantaggiarsi di un regime fiscale migliore rispetto a quello in vigore in Italia e di conseguenza togliere ingenti entrate al nostro fisco, per versarle nelle casse di altri paesi.

Addirittura, cosa che ha davvero dell’incredibile, perfino alle più importanti aziende partecipate dallo Stato italiano, è consentito trasferire la loro sede altrove, tanto che arriviamo all’assurdità di uno Stato (quello italiano in questo caso), che si ritrova a pagare le tasse ad un paese membro.

Uno stato sovrano, che sappiamo dare valore alla propria moneta attraverso l’imposizione fiscale, poi, con la stessa moneta provvederebbe lui stesso a pagare le tasse ad un altro paese membro dell’unione, anch’esso sovrano nella stessa valuta: stiamo riscrivendo 5000 anni di scienza economica, attraverso la follia più totale!

Tanto per fare un esempio, ENI ed Enel – partecipate rispettivamente dal nostro Tesoro per il 30 ed il 25 per cento – hanno da anni la loro sede in Olanda. I Paesi Bassi pur non essendo un paradiso fiscale rappresentano il paradiso in terra all’interno della UE: semplicemente il diritto societario è meno complesso rispetto ad altrove. A fronte di aliquote che non sono molto differenti da quelle degli altri Paesi UE, a essere quasi nulla è la tassazione sugli utili. Quindi in maniera trasparente e legittima le plusvalenze societarie restano nelle casse dell’azienda.

Da FCA a Ferrari, da Luxottica a Mediaset per finire con Campari, pertanto, quasi tutti i grandi marchi del made in Italy hanno fatto le valige dirottando ad Amsterdam oltre 30 miliardi di euro che dovrebbero restare nelle casse italiane. Ma di questi 30, solo 10 finiscono al fisco olandese, gli altri restano nelle tasche delle imprese. [1]

Questo è ciò che avviene nel “fantastico” mondo dell’euro, la cui nostra entrata fu costruita sull’ormai famosa bugia di Romano Prodi: “Con l’euro lavoreremo un giorno di meno, guadagnando come se lavorassimo un giorno in più”. Forse il padre dell’Ulivo, all’epoca, si dimenticò di specificare a chi si stava rivolgendo! Non certamente alla maggioranza degli italiani.

Oggi, la UE è una unione monetaria senza l’unione fiscale e con una banca centrale indipendente e magnanima all’occorrenza, a seconda che ci sia da bastonare i popoli o salvare l’euro.

Quindi, da una parte si inchiodano le economie dentro la gabbia della politica del cambio fisso riguardo all’uso della moneta e poi a livello fiscale ognuno fa quello che gli pare e piace.

Che tradotto nella pratica della realtà significa: i ricchissimi si arricchiscono sempre più ed il resto è condannato a rimanere schiavo all’interno di debiti e precarietà.

Ora dico io, se giochiamo tutti insieme, dovremmo almeno avere le regole eguali.

Se ad Agnelli per non dire Berlusconi, viene consentito di tenersi tutti gli utili aziendali, mentre al bar sotto casa gli prendiamo oltre il 60% di quello che guadagna, i trasferimenti fiscali, oggetto del presente articolo è chiaro che vanno definitivamente nella direzione opposta da quello che richiede la dottrina per poter vivere in uno stato democratico moderno e far sì che il sistema economico non vada in crisi.

E’ chiaro che questo tipo di Europa è un vestito fatto su misura per pochissimi, a meno che non si voglia credere che il bar sotto casa, come del resto tutte le piccole e medie imprese italiane, possano avere la struttura per sostenere i costi e la gestione di una loro sede nel paese dei coffee-shop.

Ma anche se questo fosse un giorno possibile, ossia si riesca, attraverso le economie di scala, a permettere anche alle attività più piccole di potere beneficiare dei vantaggi fiscali offerti dal governo olandese, vi pare una cosa sensata ed accettabile che, all’interno di una unione monetaria, alcuni Stati debbano rinunciare al gettito fiscale proveniente da chi lavora sul proprio territorio, a vantaggio di altri Stati?

Come vedete, questo è un esempio ulteriore che ci fa capire, che questa Europa, al contrario di quello che hanno sempre voluto farci credere, è costruita tutt’altro che su basi solidali e democratiche, anzi, strada facendo assomiglia sempre più ad un moderno colonialismo che viaggia diretto sulla strada verso contorni di tirannia sempre più evidenti.

E’ stata creata una finta competizione tra nazioni e popoli, attraverso l’infondere di falsità dottrinali in materia di economia, per coprire il vero obiettivo che sta dietro l’insaziabile arricchimento dei “poteri profondi” che sono a capo di questo progetto elitario.

Anche la tanto dibattuta questione dei famosi differenziali fra i vari titoli del debito pubblico dei paesi membri – sto parlando del ben noto “spread” – è una favola che viene raccontata al solo scopo di indirizzare, capitali e flussi di ricchezza, dove è più consono a chi comanda. Chi è dotato di un minimo di riflessione, può facilmente comprendere che, benché ne dicano le agenzie di rating, un BTP italiano denominato in euro ha il medesimo grado di rischiosità di un Bund tedesco fin tanto che persiste la garanzia di colui che è il “produttore” della moneta euro. Sto parlando chiaramente della Banca centrale europea.

Quindi, nessuna logica di rischio esiste dietro l’introduzione di questo differenziale, come è altrettanto logico che all’interno di una unione monetaria il livello dei tassi debba essere uniforme.

Tutto questo ammasso di “obbrobri” dottrinali, su cui è costruita la UE, porta ad evidenti e conseguenti squilibri macroeconomici. Uno dei più evidenti viene rilevato dai saldi del più volte spiegato Target 2, il quale mette in evidenza come masse enormi di liquidità, di provenienza dai paesi del sud fluiscono verso i paesi del nord, ritenuti più sicuri, in base false prospettazioni. Questo, naturalmente porta le economie dei primi ad andare in deficit di moneta, costringendo poi il loro sistema bancario a continui rifinanziamenti presso gli Istituti centrali, con costi reali diretti ed indiretti a carico del settore privato, che poi si trova ad essere meno concorrenziale rispetto ai competitor europei.

L’esempio più eclatante di come i flussi dei trasferimenti fiscali in UE girino in perfetto stile colonialista, ci viene sempre dalla passata crisi greca. Ingabbiando i paesi dentro la moneta unica ma con tassi volutamente diversi, abbiamo paesi, come ad esempio la Germania, dove il costo del denaro è bassissimo (addirittura anche sotto lo zero), in cui le banche raccolgono denaro a costo quasi nullo per poi andare a comprare i titoli greci o italiani, dove i tassi sono molto più alti, guadagnando montagne di soldi. Questo fa sì che da un paese povero come la Grecia enormi risorse si trasferiscano verso un paese ricco come la Germania, attraverso la differenza dei tassi di interesse.

Il paese povero si impoverisce sempre di più, mentre il paese ricco si arricchisce sempre di più.

Quando poi il paese povero non è più in grado di pagare i propri debiti, arrivano gli aiuti europei, ovvero altri debiti. Alla Grecia furono dati 250 miliardi di euro, non per pagare le pensioni dei greci, ma per rimborsare le banche francesi e tedesche che erano gli istituti maggiormente esposti in terra ellenica. Di questi 250 miliardi che partirono dal bilancio europeo, i greci non sentirono neanche l’odore, poiché ben 220 miliardi furono girati direttamente ai suddetti istituti.

Dunque, quando ci raccontano che con le nostre tasse paghiamo le pensioni dei greci, è una balla, perché nella realtà paghiamo le banche tedesche, ed in piccola parte anche quelle italiane che erano esposte in modo marginale. Paghiamo le banche tedesche e francesi che hanno deciso di finanziare i greci per comprare i loro prodotti, che altrimenti non avrebbero mai esportato in quelle terre.

In definitiva, come abbiamo visto, i soldi – che ricordiamo sono numeri elettronici che le banche centrali creano dal “nulla” –  fanno un sacco di giri per poi finire sempre nelle tasche di quei pochi che ne gestiscono la creazione e la loro distribuzione.

E poi, ci lamentiamo che i sistemi economici sono in crisi, come se la crisi stessa non fosse provocata ed alimentata volutamente dai meccanismi appena descritti!

di Megas Alexandros

 

Fonte: Incredibile! Lo Stato italiano paga le tasse in Olanda….. – Megas Alexandros

Note:

[1] Le aziende italiane con sede legale in Olanda (per motivi fiscali) – Panorama

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