domenica 27 novembre 2022

Anna Lombroso. Sumahoro, caporale a sua insputa.

Venne chiamato il teorema Craxi e fu largamente impiegato per dimostrare il diretto coinvolgimento del leader socialista in alcune operazioni opache: per Constellation Financiere e Northern Holding – conti gestiti dal suo compagno di scuola Giorgio Tradati – riceve nel 1991-‘92 la maxitangente da 21 miliardi versata da Berlusconi dopo la legge Mammì.

 

il Simplicissimus Anna Lombroso

Sul Northern Holding incassa almeno 35 miliardi da aziende pubbliche, come Ansaldo e Italimpianti, e private, come Calcestruzzi e Techint, che finivano su quattro conti personali. Craxi rubava soprattutto per sé e i suoi cari. Principalmente su quattro conti personali: quello intestato alla società panamense Constellation Financière presso la banca Sbs di Lugano; il Northern Holding 7105 presso la Claridien Bank di Ginevra; quello intestato a un’altra panamense, la International Gold Coast, presso l’American Express di Ginevra; e quello aperto a Lugano a nome della fondazione Arano di Vaduz.

La teoria messa a punto dal pool di Manipulite doveva però anche dimostrare che un decisore, un dirigente politico, un manager aziendale non poteva non sapere, non conoscere la natura delle imprese illecite condotte dalla sua cerchia: è la Corte d’appello di Milano a scrivere nella sentenza All Iberian poi divenuta definitiva “Non ha alcun fondamento la linea difensiva incentrata sul presunto addebito a Craxi di responsabilità di ‘posizione’ per fatti da altri commessi…. “.

Sono passati molti anni da allora, l’ingenuo ragazzotto di Rignano non era tenuto a conoscere gli intrallazzi di babbo, leader politici vivono all’insaputa delle intrinsechezze dei loro presentabili in odor di mafia (sono 368 i comuni sciolti).

Il conflitto d’interesse è stato retrocesso necessario accorgimento per pagarsi onerose campagne elettorali, così pare che l’unico su cui grava ancora il sospetto di collusione sia il sindacalista nero, quello degli stivali in Parlamento che non era autorizzato a non interrogarsi sugli outfit della garrula e brillante consorte, dell’altrettanto sgargiante suocera ambedue molto apprezzate da influenti figure istituzionali: 
la prima che rivendicava di essere nipote del premier ruandese, e in questa veste insignita di importanti incarichi nel contesto dei rapporti Italia-Africa (Era l’assistente di Alberto Michelini, nominato all’indomani del G8 di Genova rappresentante personale del presidente del Consiglio per l’Africa. In seguito era andata a lavorare direttamente per Bruno Archi, consigliere diplomatico di Silvio Berlusconi), 
la seconda protetta dalla Boldrini e vera e proprio anima nera, è il caso di dirlo, di malversazioni sulle quali sono in corso indagini della magistratura.

A chi dice che se non fosse stato nero non gli sarebbe stato riservato questo trattamento è fin troppo facile rispondere che se non fosse stato nero non sarebbe stato candidato e ripescato dalla cerchia delle anime belle che lo hanno costretto a sospendersi dal Gruppo dei suoi sponsor Alleanza verdi e Sinistra.

A meno che non si tratti di un nero e proprio filibustiere, intriso di cinismo e turpe spregiudicatezza, l’uomo comunque le ha proprio sbagliate tutte accreditandosi come un prodotto mediatico, tirato giù dagli scaffali della società dello spettacolo, cui per appartenenza, storia personale, fotogenia sarebbe stata perdonata qualche leggerezza, assimilandolo a certe scimmiette parlanti da esibire in talk show alla pari con la Serracchiani in quota rosa, e altri rappresentanti di minoranze cui deve essere doverosamente riconosciuto un ruolo, come ai tempi in cui nelle liste del Pci doveva esserci la bracciante, l’edile, il maestro.

Ma non poteva esserci indulgenza per quegli stivaloni così perentori e dadaisti, per quella retorica esibita come una credenziale inattaccabile. Giustamente non doveva esserci però per le prime esternazioni, le lacrime che gli rigavano il viso, la pretesa di innocenza “tutto era stata fatto a mia insaputa” manco fosse l’attico al Colosseo di Scajola, e non una villetta acquistata con i proventi del suo libro, la persuasione vittimista di essere oggetto di una sordida macchinazione ordita contro di lui, la sua reputazione la sua integrità.

Dovessimo definire la sua difesa potremmo dire che a imbarazzo si è aggiunto imbarazzo: la sconsiderata ammissione che non si sa quali cespiti sono stati investiti in un resort in patria, la difesa a oltranza degli outfit della bella consorte, autorizzata dai tempi al diritto all’eleganza e al lusso (mia moglie lavora, proprio come gli sventurati dipendenti della cooperativa di famiglia), la strumentale confusione tra illegalità, illegittimità e inopportunità. È stata incresciosa la sua sorpresa per essere stato abbandonato dai suoi sponsor, rotti da anni a compromessi, godendo di una immunità fondata sulla specialità della sinistra.

L’intervista concessa a Formigli è un inventario di miserabili leggerezze, omissioni, mancanze, che sconfinano in comportamenti criminali, decine e decine di dipendenti sfruttati e non pagati, tenuti in condizioni di evidente lesione della dignità personale, quattrini pubblici deviati per mantenere una struttura parassitaria, tutto questo in nome di una presunta ingenuità, credulona e sempliciotta, preferendo mostrarsi come un pollo preso per i fondelli che non ha il coraggio di misurarsi con la matriarca.

Ma c’era ben altro che doveva sconsigliare il tandem alleanza Verde e Sinistra. Dietro al suo presentarsi e accreditarsi come manifesto di se stesso, Sumahoro aveva redatto un suo programma raccogliticcio di tutti i canoni del progressismo neoliberista che l’intero arco politico condivide, condivisibili per la loro genericità, diritto alla studio ben oltre Vuitton, senza pretendere, non sia mai, che vengano restituiti i fondi da anni tolti alla scuola pubblica per darli alla scuola privata, così come per la sanità, concorda con Confindustria che da anni salassa le risorse con incentivi arbitrari sulla necessità di rivedere la politica degli ammortizzatori, in favore delle opportunità padronali, dimentica la battaglia per il salario minimo, la cancellazione della legge Fornero. Eppure ha militato in un’organizzazione che accusa i sindacati di aver ceduto sui principi fondanti che hanno determinato precarietà, disuguaglianze discrezionali, perdita di beni e sicurezza.

Eppure li ha visti da vicino gli ultimi della terra, gli invisibili, immersi nel fango dei suoi stivaloni.

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