Questo
weekend siamo stati davanti a diversi presidi ospedalieri e sedi
istituzionali in tutto il Piemonte per mandare un messaggio chiaro ad
istituzioni e cittadinanza: Potere
al Popolo dice no alla regionalizzazione e all’aziendalizzazione del
SSN, e sostiene la necessità di ripristinare e potenziare da subito il
Servizio Sanitario Nazionale, che deve essere integralmente pubblico.
Come già sottolineato nella nostra inchiesta sulla sanità regionale, crediamo che l’emergenza COVID-19 abbia acuito e messo a nudo molte delle carenze strutturali del sistema sanitario regionale,
che rimandano a scelte politiche di lungo corso, di giunte regionali di
centro-destra come di centro-sinistra. Le difficoltà emerse in questa
fase sono il frutto avvelenato del progressivo ma drastico ridimensionamento della spesa sanitaria, dovuto ai meccanismi di aziendalizzazione della sanità e imposizione dei vincoli di bilancio, prima ancora di qualunque possibile “inefficienza”.
Diversi
presidi territoriali sono stati chiusi nella nostra regione negli
ultimi vent’anni, mentre parallelamente subivano drastici tagli anche i
posti letto e il personale a tutti i livelli. La medicina territoriale,
la diagnostica, i servizi di base, l’assistenza ad anziani e malati non
autosufficienti, la prevenzione: tutte dimensioni consapevolmente trascurate perché poco redditizie, andando a privilegiare la costruzione di grandi poli “di eccellenza” fondati su diverse forme di collaborazione con il privato.
Sono
inoltre emerse anche molte altre criticità direttamente legate alla
fase emergenziale (di cui proprio in questi giorni si discute una
proroga fino a fine anno). L’incapacità gestionale delle ASL, la
mancanza di personale qualificato e di spazi adatti hanno costretto la
chiusura di molti servizi ospedalieri reputati non “essenziali” e la
conseguente cancellazione di controlli, visite ed operazioni già
programmate (se prima le liste di attesa erano lunghe, ora non ne
parliamo). Cosa succederà ora a tutte quelle persone che non si sono
potute curare?
TORINO
Questo
quadro regionale si evidenzia caso per caso in ogni Provincia. In
quella di Torino abbiamo denunciato in particolare il caso del “Parco
della Salute”, progetto in project financing già in fase avanzata ad
opera di Chiamparino-Saitta, ed ora quindi rivendicato a gran voce non
solo dal PD cittadino, ma da tutti i maggiori partiti (Lega e 5Stelle
inclusi). Abbiamo assistito al tentativo del centro destra, subentrato
al governo della Regione, di intestarsi i “meriti” del progetto,
cambiando a questo fine qualche elemento rilevante in corso d’opera.
Noi
ribadiamo con forza la nostra opposizione al “partito trasversale degli
affari”, che spinge a fare della sanità pubblica un oggetto
privilegiato di interesse per creare profitti privati, come dimostra
l’attuale Piano Regolatore. Ci opponiamo alla privatizzazione della
sanità attraverso nuovi “ospedali unici di zona” che riducono la
copertura sanitaria pubblica proprio dopo un’emergenza che ne richiede
invece, assolutamente, l’ampliamento sul territorio. E crediamo che
questa opposizione sia il presupposto per bloccare una tendenza
involutiva generale contro il Servizio Sanitario Nazionale, e per
rimettere quindi in discussione il modello dell’aziendalizzazione e
della regionalizzazione.
DOMODOSSOLA
Ad
esempio, nella provincia del VCO da circa vent’anni si parla della
realizzazione di un ospedale unico; in questi anni sono stati proposti
ed accantonati diversi progetti in cui sono prevalsi per lo più lo
spirito campanilista dei vari sindaci che hanno seguito la questione
nonché il perseguimento dei propri interessi politici a discapito
dell’interesse dei cittadini in tema di sanità pubblica. A nostro
parere, invece, prima di pensare alla costruzione di un nuovo ospedale
sarebbe più importante discutere di un serio progetto finalizzato al
potenziamento della medicina territoriale.
VALSUSA
La
demolizione del sistema sanitario nazionale è una piaga che, ad
esempio, in Val di Susa si conosce fin troppo bene. Un percorso
disseminato di scelte sciagurate che hanno visto la dislocazione di
interi reparti, come il caso di Ostetricia a Susa, passando per la
chiusura dei Pronto Soccorso come quello di Avigliana, per giungere alla
serrata dei presidi sanitari di Exilles e Gravere.
Un
territorio che si sviluppa per 80 km, e che coinvolge 90.000 persone,
si vede sempre più in difficoltà per l’accesso basilare alle strutture
ospedaliere.
Tutto
questo mentre la stessa Valle si vede devastare il proprio territorio
dal TAV, opera che fagocita milioni di Euro in nome, esclusivamente, del
profitto privato.
ALBA
Ad
Alba e Bra la pandemia è stata il pretesto per accelerare la chiusura
dei pronto soccorso e la dismissione degli ospedali delle due città. Il
Pronto Soccorso di Bra ha chiuso in piena emergenza Covid, ad Alba
chiuderà il 19 luglio. I servizi verranno spostati nel nuovo ospedale di
Verduno, opera ventennale finanziata con denaro pubblico ma che
rappresenta un enorme affare per la società privata che ne gestisce i
servizi (come abbiamo descritto nel dettaglio qui).
Certo,
considerato quanto è costato all’ambiente naturale e alla collettività,
anche in termini di danno erariale, accertato per via giudiziale, ci
auguriamo che l’ospedale di Verduno diventi realmente un polo
d’eccellenza, tuttavia questo non può avvenire a discapito di una
medicina di prossimità degna di questo nome, attenta innanzitutto alla
prevenzione dell’insorgenza del disagio e delle patologie e alle tante
esigenze di tutela della salute dei cittadini nei più diversi contesti
di vita, una medicina del territorio che con l’emergenza covid si è
dimostrata ampiamente deficitaria anche nella nostra zona.
Il
nosocomio di Verduno, di difficile accesso per la sua ubicazione,
specie nel periodo invernale, rappresenta, al di là della propaganda, un
impoverimento dei servizi sanitari di base per il comprensorio di
Langhe e Roero e non sono certo sufficienti le rassicurazioni di
facciata sulle attività che rimarranno in vigore, né le promesse di
apertura di case della salute che rischiano di convertirsi nell’ennesimo
affare per gli interessi privati che lucrano sulla sanità ridotta a
merce; la ventilata vendita all’asta delle strutture dei due ospedali,
che potrebbero essere proficuamente impiegate per riorganizzare e
potenziare i servizi dell’ASL, rappresenterebbe un ulteriore regalo alla
speculazione immobiliare.
Gli
ospedali di Bra e Alba devono rimanere di proprietà pubblica, i Pronto
soccorso e i presidi sanitari devono rimanere attivi! Non ci pieghiamo
alla logica del mercato che fa profitti sulla pelle dei cittadini! Per
questo continuiamo la raccolta firme affiancata da altre forme di
mobilitazione per impedire la vendita all’asta dei due immobili e per
ripristinare i Pronto soccorso e le strutture sanitarie interamente
pubbliche sul territorio!
CIRIE’ VALLI DI LANZO
Nel territorio
delle Valli di Lanzo il presidio ospedaliero Ciriè-Lanzo ha vissuto
delle giornate molte difficili. La cronica difficoltà del pronto
soccorso di Ciriè, ancora più accentuata in questo periodo, è
balzata all’attenzione dei media nazionali e l’ospedale di Lanzo, che
nel corso degli ultimi anni è stato fortemente depotenziato, ha vissuto
l’esperienza Covid con un’iniziale esplosione di casi interni
e la sospensioni o il trasferimento di molti servizi, di cui, al
momento, non si neppure se e quando verranno ripristinati.
…ANCHE NICOLETTA E’ CON NOI!
Questa
dunque una panoramica minima della situazione nella nostra regione.
Crediamo sia urgente e necessario, soprattutto in questa fase (ovvero
prima che vengano varate nuove riforme lacrime e sangue che
determineranno un nuovo aumento di precarietà e disuguaglianze),
articolare una proposta complessiva di rottura rispetto a tali dinamiche e ai soggetti politici che se ne fanno portatori, incluso il PD la cui critica alla gestione Cirio-Icardi è solo strumentale.
La sanità non può essere trattata come un “investimento produttivo”, e non può dipendere dal rispetto dei vincoli di bilancio. Bisogna
tornare ad un Servizio Sanitario totalmente pubblico, superando la
regionalizzazione e interrompendo il flusso continuo di soldi verso le
strutture convenzionate.
È necessario inoltre un maggiore investimento nella formazione
di nuovi medici e figure specialistiche. Non vogliamo
nuovi “eroi” presto dimenticati, ma pretendiamo un lavoro sicuro ed una
vita dignitosa per tutti i medici, gli/le infermieri/e,
gli/le operatori/trici sanitari.
Ai nostri posti sempre ci troverete. Non finirà qui!
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