Abbiamo tradotto questa intervista di Jules Boykoff, pubblicata sulla storica rivista della sinistra radicale statunitense The Nation a Kent Ford, fondatore della sezione del Partito delle Pantere Nere di Portland nello Stato dell’Oregon.
contropiano.org
Lo
sguardo di Kent, a 77 anni, è lucidissimo e da ogni riga traspare la
sua passione per una causa che sposò da giovane e che non ha mai
abbandonato.
Intreccia,
grazie alle domande, il passato della sua militanza delle Panthers con
un presente carico di possibilità, cercando di trasmettere ai giovani
cosa fosse la “vecchia scuola” fatta di dura militanza quotidiana,
formazione politica e repressione.
L’ottimismo
di Kent è lo stesso che trapela dalle prese di posizione di una altra
“veterana” della lotta di liberazione afro-americana Angela Davis:
“Questo
è un momento straordinario. Non ho mai sperimentato nulla di simile
alle condizioni che stiamo vivendo attualmente, la congiuntura creata
dalla pandemia di Covid-19 e il riconoscimento del razzismo sistemico
che è stato reso visibile in queste condizioni a causa delle morti
sproporzionate nelle comunità di Blacks e Latinos. E questo è un momento
in cui non so se mi sarei mai aspettata di sperimentare (…) ho spesso
detto che non si sa mai quando le condizioni possono dar luogo a una
congiuntura come quella attuale, che sposta rapidamente la coscienza
popolare e ci consente improvvisamente di muoverci nella direzione del
cambiamento radicale.
Se
uno non coglie l’occasione quando si presenta un momento del genere,
non possiamo sfruttare le opportunità di cambiamento. E, naturalmente,
questo momento passerà. L’intensità
delle attuali dimostrazioni non può essere sostenuta nel tempo, ma
dovremo essere pronti a cambiare marcia e affrontare questi problemi in
diversi campi, tra cui, ovviamente, quello elettorale”.
È
un fatto assolutamente rilevante che una generazione di attivisti
sopravvissuti al tentativo di annichilimento sistematico da parte degli
apparati statali prenda parola e crei un ponte tra quel tentativo di
“assalto al cielo” e le attuali mobilitazioni.
Lo hanno fatto per esempio alcuni ex membri delle Pantere Nere e del Black Liberation Army, rivolgendosi ad una serie di artisti afro-americani del mainstream,
richiamandoli alle proprie responsabilità di fronte alla loro comunità
ed al ghetto globale in cui vivono i nuovi dannati della terra:
“Riconosciamo
tutti che siamo in un periodo che è uno ‘spartiacque’ tra il fallimento
economico e quello governativo, una pandemia e ora un movimento di
resistenza per cui le cose che scaturiranno non saranno mai più le
stesse. Ciò che facciamo tutti in questo periodo avrà un impatto diretto
sui destini, la sopravvivenza e la libertà dei neri e di altri nel
mondo che soffrono della stessa oppressione. Nelle favelas sud
americane, nelle baraccopoli sud-africane, nei territori palestinesi, o
nei ghetti neri dell’America razzista, il capitalismo e la supremazia
bianca, hanno tramutato, per i profitti di pochi, il mondo intero in un
ghetto. Quindi, dovremmo prestarci attenzione l’un l’altro, perché qui,
nel cuore dell’America razzista, siamo tutto ciò che abbiamo, e insieme
ai nostri veri alleati, siamo davvero tutto ciò di cui abbiamo bisogno.”
Siamo di fronte ad una forte crisi di legittimità rispetto ad un “sistema sociale fallito”, come l’ha definito Cornel West – storico attivista ed intellettuale afro-americano:
“Il catalizzatore è stato senza dubbio il linciaggio pubblico di Fratello George Floyd, ma [vi sono anche, ndt]
i fallimenti dell’economia capitalista predatrice nel fornire i bisogni
di base di cibo, assistenza sanitaria e istruzione di qualità, lavori
con un salario dignitoso, allo stesso tempo il crollo della classe
politica, il crollo della classe professionale.
La
loro legittimità è stata radicalmente messa in discussione, ed è
multirazziale. È la dimensione neofascista in Trump. È la dimensione
neoliberista di Biden, Obama, Clinton e così via. E include gran parte
dei media. Comprende molti professori nelle università. I giovani stanno
dicendo: ‘Siete
stati tutti ipocriti. Non sei stato preoccupato per la nostra
sofferenza, la nostra miseria. E non crediamo più nella tua
legittimità.’ E tutto si riversa in una violenta esplosione.”
Tutti
gli indicatori sembrano confermare che non sembra esserci una
inversione di tendenza nella gravità della situazione da ogni punto di
vista. Solo sul fronte sanitario i contagiati negli Stati Uniti sono 2
milioni e seicento mila, le morti sono 126 mila, un quarto di quelle
mondiale sebbene la popolazione statunitense sia solo il 4% di quella
del Pianeta. Decessi che hanno colpito in proporzione molto di più la
popolazione nativo-americana, afro-americana ed i latinos rispetto alle
altre.
Difficile pensare che agli afro-americani – ma questa volta non solo a loro – rimanga altra possibilità che non sia quella di insorgere.
Buona Lettura
*****
Le
ultime tre settimane Kent Ford le ha passate nelle strade di Portland,
manifestando contro la brutalità della polizia e lottando per la
giustizia razziale.
Ford,
77 anni, sa il fatto suo sulla repressione poliziesca e sulla militanza
politica: cinquantuno anni fa ha fondato la sezione di Portland delle
Black Panthers.
Dopo
essere uscito di prigione, dove era stato detenuto con l’accusa di
disordini e sommosse, Ford, dagli scalini della sede della polizia di
Portland annunciò ufficialmente la nascita delle sezione locale delle
Black Panthers con le seguenti parole: “se verranno portate avanti queste tattiche fasciste, inizieremo a difenderci”.
Era
il giugno del 1969 e la sezione era già parzialmente attiva con alcune
iniziative non pubbliche. Dopo l’assassinio di Martin Luther King Jr.,
Ford aveva partecipato, insieme ad altri attivisti afroamericani, a
degli incontri settimanali di formazione politica in cui venivano letti
Kwame Nkrumah, Mao, e Huey Newton.
Sarebbero sorti presto due importanti centri medici: la clinica odontoiatrica Malcolm X e la clinica popolare gratuita Fred Hampton.
La violenza e la cancellazione della memoria storica sono entrambi elementi della repressione statale ed è di primaria importanza mantenere vive le storie di chi li ha subiti.
Quando
il dissenso viene schiacciato o rimanere sotto traccia, si creano delle
fratture tra una generazione e l’altra, e molti temi rischiano di
perdere rilevanza.
Ford
è determinato a riportare questi contenuti in primo piano, lavorando
con la nuova generazione di attivisti per insegnare loro il metodo della
“vecchia scuola” e allo stesso tempo mettere in campo nuove tecniche e
prospettive.
Jules
Boykoff: la recente ondata di omicidi di cittadini afroamericani da
parte della polizia – tra cui George Floyd e Breonna Taylor – ha spinto
la gente in tutto il paese scendere in strada e manifestare. C’è un
qualche legame tra gli episodi di repressione che tu hai subito con
quanto sta accadendo oggi?
Kent Ford: Allora la
comunità era una polveriera proprio come oggi. La polizia ci stava
addosso, contestandoci infrazioni ridicole. Una lucina della targa
mancante, una freccia fulminata, attraversamento fuori dalle strisce
pedonali. Cose davvero di poco conto. La mia prima esperienza con la
brutalità della polizia risale alla fine degli anni Sessanta, quando dei
poliziotti mi trascinarono fuori da una volante per malmenarmi. Ero
ammanettato, proprio come Floyd. Sostenevano che avessi ingoiato
qualcosa, che non era vero, e uno di loro mi infilò un dito in gola. Io
d’istinto chiusi la mascella e questo urlava come un pazzo “mi ha morso! Ha morso il mio dito!”.
Appena
finirono di menarmi, io mollai il dito. Mi accusarono di disordini e
incitamento alla sommossa e mi portarono in prigione. Promisi a me
stesso e a Dio che se fossi sopravvissuto a quella nottata avrei
combattuto il sistema fino all’ultimo dei miei giorni. Alla fine venni
prosciolto e un giudice federale mi accordò un risarcimento di seimila
dollari.
Il punto 7 del manifesto in dieci punti delle Black Panthers recita “vogliamo la fine immediata della brutalità della polizia e dell’uccisione dei neri”.
Ed è stato scritto nel 1966! Siamo nel 2020 ed è ancora drammaticamente
attuale. Quando la polizia ha ucciso George Floyd in Minnesota si è
trattato di una vera e propria esecuzione pubblica. E lo stesso per
Breonna Taylor. Quasi ogni città americana ha storie di questo tipo. Qui
a Portland ci sono quelle di Keaton Otis, Aaron Campbell e Kendra
James. Keaton Otis fu ucciso con 23 colpi di pistola dalla polizia di
Portland, pochi mesi dopo il caso di Aaron Campbell. Ogni mese vado a
una veglia in onore di Otis.
Provo
a collegare quanto sta accadendo a Portland con quello che accade in
altre parti del paese. Non si può capire cosa sia successo a Floyd senza
parlare della Palestina. I sionisti hanno sottratto le terre dei
palestinesi. Non si può parlare della situazione interna di questo paese
senza considerare la macchina da guerra americana all’estero. C’è una
linea diretta. Ammetto di essermi bevuto anch’io un po’ della retorica
secondo la quale con Obama le cose sarebbero andate meglio. Non
dimentichiamo però che il movimento Black Lives Matter è nato durante il
mandato di un presidente nero. È molto più grande di Obama. È un vero e
proprio razzismo sistemico.
Puoi parlarci del programma di mutuo soccorso istituito dalle Black Panthers a Portland?
I nostri programmi di sostentamento sono il cuore nevralgico della nostra
attività quotidiana. Entro il 1970 avevamo due centri medici che
lavoravano a pieno regime. Alla clinica dentale Malcolm X i dentisti
volontari visitavano pazienti lunedì, mercoledì e venerdì sera. La
clinica popolare gratuita in memoria di Fred Hampton contava più di
venti medici volontari, una cinquantina di infermiere ed era aperta
cinque sere a settimana dalle sette alle dieci. Le cliniche offrivano
cure mediche gratis a chiunque, senza badare alla razza. La comunità ne
aveva un gran bisogno, quelle cliniche erano sempre affollatissime.
L’iniziativa
delle colazioni gratuite era uno dei punti più significativi del nostro
programma. A Portland servivamo circa 125 ragazzini al giorno. Ci
alzavamo alle 5 del mattino e caricavamo il camion con pericolose armi
di distruzione di massa: pancetta, uova, pastella per i pancake. E
quello fu uno dei guai peggiori che combinammo. Eravamo spesso a corto
di volontari, ma in qualche modo ce la siamo sempre cavata. La gente
viene da me oggi e mi dice “Signor Ford, sono uno dei ragazzini che lei sfamava.”
Lo trovo bellissimo. La città aveva completamente tagliato fuori questa
zona di Portland, era terra di nessuno. La gente di quei quartieri ci
adorava; noi pensavamo a loro e loro pensavano a noi, ci si sosteneva a
vicenda.
E avevate anche un programma di formazione politica.
Sì,
eravamo dei gran promotori della formazione politica, o FP, come la
chiamavamo allora. Richiedevamo ad ogni membro del partito di dedicare
almeno due ore al giorno alla lettura. Avevamo anche un gruppo di
lettura in cui si discutevano i testi di Kwame Nkrumah, James Baldwin,
Angela Davis, Malcolm X, Harold Cruse, Mao. I dannati della Terra di Frantz Fanon era come una bibbia per noi.
Le
lezioni di politica si tenevano ogni mercoledì e ogni domenica sera, ed
erano focalizzate su quanto accadeva intorno a noi a livello locale,
nazionale e internazionale. Le nostre letture si focalizzavano su tre
grandi mali dell’imperialismo: militarismo, capitalismo e razzismo.
Alcune volte partecipavano anche degli avvocati, per darci delle nozioni
legali di base riguardo le manifestazioni e le infrazioni stradali che
avrebbero potuto contestarci, per aiutarci a tenere la situazione sotto
controllo.
E rimani un avido lettore ancora oggi.
Leggere
autori come Arundhati Roy, Malcolm X, Cornel West, Angela Davis, Assata
Shakur o Gary Younge, può aiutare a capire molto la politica. Younge è
una della menti più brillanti al mondo, lo metterei addirittura al
livello di Malcolm X.
Altre letture importanti: The New Jim Crow, di Michelle Alexander; The Holocaust and the Nakba: A New Grammar of Trauma and History, a cura di Bashir Bashir e Amos Goldberg; A More Beautiful and Terrible History: The Uses and Misuses of Civil Rights History, di Jeanne Theoharis.
Li leggi, li metabolizzi, li fai diventare tuoi e poi li porti con te nelle strade e nelle piazze.
I media hanno largamente usato la dicotomia del buon manifestante/cattivo manifestante. Cosa ne pensi?
Non
mi faccio ingannare da queste stronzate. Ai nostri tempi eravamo noi i
cattivi manifestanti che venivano sbattuti in prima pagina. Siamo tutti
lì fuori per un motivo, combattere i soprusi della polizia e fermare la
violenza contro i neri. Siamo tutti sulla stessa barca. L’idea che ci
siano delle brave e delle cattive persone serve solo a creare delle
divisioni nel movimento.
Per
quanto tempo ci è stato detto di manifestare in modo pacifico? E guarda
che fine hanno fatto Martin Luther King e Malcolm X. Trump non fa che
parlare di pericolosi antifa e atti di terrorismo, ma io voglio invece
ringraziare gli antifa per aver salvato la vita di Cornel West a
Charlottesville. Voglio far sapere agli antifa che sono i benvenuti ai
nostri comizi; uniamo le nostre forze. Non voglio nemmeno sentirla
nominare la parola “saccheggio”.
Gli Stati Uniti non hanno fatto altro che saccheggiare le comunità nere, da sempre.
Portland
è una città a prevalenza bianca, in parte a causa dell’atto costitutivo
dello stato dell’Oregon, che fino agli anni Venti aveva bandito i neri
dallo stato. Com’è stato avere sostenitori bianchi e collaborare con
loro in una città abitata quasi solo da bianchi?
Questo
c’era e con questo abbiamo fatto funzionare le cose. Abbiamo stretto
alleanze con gli Studenti per una Società Democratica (SDS), con il
Partito per la pace e la libertà, con il Partito Comunista e con la Lega
internazionale femminile per la pace e la libertà.
Abbiamo
sempre avuto il supporto di gruppi anticapitalisti e antimperialisti.
Perfino Bill Walton, dei Trail Blazers di Portland (quadra di Basket
locale che gioca nella NBA, ndr) ha partecipato alle nostre
manifestazioni e iniziative di tanto in tanto. Molti dei nostri
sostenitori ci hanno aiutato con le cauzioni quando ne avevamo bisogno.
Hanno addirittura istituito un fondo per le nostre cauzioni senza fare
domande. Quando è toccato a me finire dentro per sommossa, la mia
cauzione di 80mila dollari è stata pagata da due bianchi: metà da Morris
Malvin, un radiologo e metà da Panny Sabin, l’ereditiera della Blue
Bell Potato Chips che ha pagato in azioni della sua azienda.
Malbin
si è occupato di molte raccolte fondi per noi. Tutti i dottori nelle
nostre cliniche erano bianchi. Da sempre vedo la gente unirsi nelle
lotte, bianchi neri, nativi, e questo mi aiuta a tenere alta la mia
motivazione.
Gary
Younge ha detto “Quando le persone parlano della natura distruttiva
delle rivolte, dovrebbero tenere a mente in primis la natura distruttiva
di ciò che le ha provocate, ma anche le possibilità che spesso vengono
aperte da questi momenti storici.”
È
proprio così. Le persone che stanno portando avanti le proteste a
Portland hanno una forza incredibile e un grande cuore. Stanno facendo
arrivare alla gente i messaggi giusti. Parlano ai manifestanti dei loro
diritti. Parlando al telefono con due di loro, qualche giorno fa, li ho
incoraggiati a continuare a portare queste istanze nelle strade. Perché è
lì che devono essere risolte.
Riceveranno
presto delle pressioni per iniziare ad accettare dei compromessi. Non
possiamo farci fregare accontentarci di qualche riforma irrilevante.
Abbiamo l’opportunità di pensare in grande: limitare i fondi per la
polizia, porre fine al problema della mancanza di alloggi, rivendicare
un lavoro per tutti.
In
questo momento stiamo vedendo lo spirito nelle strade di tutti gli
Stati Uniti, anche nelle piccole città. Qui in Oregon, ci sono proteste
in città che di solito non vedono mobilitazioni, luoghi come Klamath
Falls. Questa
è la vera coalizione arcobaleno di cui parlava Fred Hampton negli anni
’60 prima che la polizia lo crivellasse di pallottole insieme a Mark
Clark. Ora siamo in movimento. Abbiamo una reale possibilità di migliorare le cose per i nostri nipoti. È un peccato che abbiamo visto quegli orribili otto minuti e 46 secondi per far prendere coscienza alle persone della realtà della situazione. Dobbiamo guardarci l’un l’altro alle spalle, guardarci l’un l’altro.
Ora ho 77 anni e chissà, potrei non essere qui oggi, domani o il giorno successivo. Ma posso star certo che una cosa: fintanto che le persone saranno fuori per le strade a lottare contro l’omicidio dei neri, io sarò lì.
Sono a fine corsa ma è come se mi sentissi all’inizio. Siamo stati qui prima, ma questa volta portiamolo alla sua conclusione. Ricominciamo e facciamolo bene.
Nessun commento:
Posta un commento