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Riporto integralmente un articolo apparso sul Fatto Quotidiano il
30 Giugno 2020 che contiene dieci ragioni per le quali non possiamo
permetterci di cadere nella trappola del MES. Questo pezzo è stato
pubblicato in contrapposizione al decalogo che il fratello di Zingaretti
ha diffuso tramite il Corriere della Sega, con il quale diffonde il
solito piscio spacciandolo per champagne sul fondo salva stati.
Di Salvatore Cannavò – FQ 30 GIUGNO 2020
Il segretario del Pd ha esposto in una lettera al Corriere della Sera
i motivi per cui l’Italia dovrebbe ricorrere al Mes, il Meccanismo
europeo di stabilità. Dieci motivi molto specifici per utilizzare quei
36 miliardi circa che il Mes mette a disposizione dell’Italia entro il
2022, con una “linea di credito rafforzata”, Eccl, denominata Pandemic
crises support. Si va dall’investimento nella ricerca alla
digitalizzazione del settore sanitario, dalla medicina territoriale al
miglioramento di ospedali e strutture sanitarie, oltreché aumentare gli
stipendi del personale. Zingaretti, però, fa finta di non sapere che
quei fondi non sono gratis e non tanto perché hanno un costo, ma perché
sono inseriti in una cornice ben precisa, delineata dalle regole della
Ue. Con l’obiettivo di darsi un profilo si allinea a un europeismo di
maniera che al momento ha un unico obiettivo: costringere il M5S, e
Giuseppe Conte a cui non è stato anticipato il testo della lettera, a
subordinarsi al quadro politico europeo. Non che Conte non abbia già
fatto molto in quella direzione, in fondo l’elezione di Ursula von der
Leyen è anche merito suo, ma qui si vuole una resa totale. Eppure di
motivi per non cedere a questa richiesta ce ne sarebbero molti.
1) Non è vero che mancano le condizionalità
Sull’assenza di condizionalità c’è un ritornello al limite della
molestia. Se non bastasse l’articolo 136 del Trattato di funzionamento
dell’Unione europea, deciso dal Consiglio europeo del 25 marzo 2011 e
poi approvato l’anno successivo – “La concessione di qualsiasi
assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà
soggetta a una rigorosa condizionalità” – basterebbe rileggersi il
Trattato istitutivo del Mes: in base all’articolo 14, per un Paese non
finanziariamente solido si prevede la linea di credito “rafforzata”,
Eccl che nelle linee guida (Guideline on Precautionary Financial
Assistance) prevedono all’articolo 5 “una sorveglianza rafforzata da
parte della Commissione Ue”. Questi documenti non sono mai stati
menzionati né si prevede di modificarli.
2) Il Mes non è un fondo salva-Salute.
L’Eurogruppo ha adottato una decisione per la concessione della Eccl
finalizzata alla crisi pandemica e sottoposta a precise e ben elencate
spese sanitarie, “dirette o indirette”, e questo è vero. Ma il Mes è
rimasto quello che è, un trattato intergovernativo che permette a un
organismo sovranazionale di funzionare come una banca. Che presta soldi
per riaverli indietro. Da questo punto di vista, si potrebbe
tranquillamente dire che la condizione relativa alle spese sanitarie non
è sostitutiva delle altre condizioni, ma è semplicemente aggiuntiva.
3) La Commissione non può garantire di più.
Nella lettera con cui i due commissari europei, Paolo Gentiloni e
Valdis Dombrovskis, hanno dovuto assicurare che la “sorveglianza
rafforzata” deve essere “semplificata”, i due commissari si sono
riferiti al Regolamento 472/2013 del Consiglio europeo che prevede,
appunto, le condizioni di una sorveglianza a seguito dei prestiti del
Mes. Ma non si sono mai riferiti né al 136 del Tfue né, tantomeno, al
Trattato istitutivo del Mes. Che restano saldamente in vigore.
4) Perché non può esistere un Mes light?
Con queste premesse è comprensibile capire perché ricorrere al Mes
presenti dei rischi: perché le caratteristiche del Trattato che lo
regola sono tutte in piedi. Paragrafo 2 delle premesse: c’è il chiaro
rinvio all’articolo 136 che prevede la “stretta condizionalità”;
paragrafo 4: La “stretta osservanza” del quadro della Ue, della
sorveglianza macro-economica, del Patto di stabilità “dovrebbero
rimanere la prima linea di difesa contro la crisi di fiducia che incide
sulla stabilità dell’area euro”. Articolo 12: “Ove indispensabile, per
salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso
e dei suoi Stati membri, il Mes può fornire a un proprio membro un
sostegno alla stabilità, sulla base di condizioni rigorose commisurate
allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tali condizioni possono
spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto
costante di condizioni di ammissibilità predefinite”.
5) La natura del Mes: garantire la stabilità.
Come si vede da queste citazioni, la parola chiave del Mes è
“stabilità” non “solidarietà”. E infatti l’introduzione del Mes nel Tfue
non ha utilizzato, magari modificandolo, l’articolo 122 che parla di
“spirito di solidarietà tra gli Stati membri”, ma ha introdotto un
articolo nuovo che ritiene indispensabile “salvaguardare la stabilità
della zona euro nel suo insieme”.
6) Il senso politico dell’articolo 136 del Tfue.
Non è un caso che nel discutere di Recovery fund e degli “eurobond”
che gli sono sottintesi, si faccia riferimento proprio al 122 Tfue. Se
le intenzioni fossero davvero quelle che vengono espresse ripetutamente e
in tutte le salse, perché non si modifica il trattato del Mes e lo si
trasforma in un organismo che, in uno “spirito di solidarietà”, punti a
emettere bond europei che servano ai Paesi che ne hanno bisogno?
7) Il ricorso al Mes non riduce il debito.
In realtà neanche questo sarebbe risolutivo, perché anche in assenza
di “strette condizionalità” – quando si tratta di prestare denaro
qualche condizione deve essere sempre prevista – si gonfierebbe comunque
il debito pubblico. Per ora il Patto di stabilità è sospeso, ma che
succederà quando sarà riattivato? E come si comporterà il Mes di fronte
alla difficoltà economica di un Paese come l’Italia? Il problema della
condizionalità non è tanto un ostacolo per accedere al Mes, ma un
problema per il dopo, quando la crisi sarà magari superata e all’Italia
sarà richiesto di rientrare, sia pure nell’arco di dieci anni.
8) Al Mes non ci ricorre nessuno, chissà perché.
Questo punto è stato spiegato proprio sul Fatto Quotidiano da un
testimone d’eccezione, Emanuele Felice, responsabile economico del Pd:
“Il Mes è senza condizioni e a tassi di interesse molto bassi – spiegava
– ma il problema è che se lo chiediamo solo noi si può creare un
‘effetto stigma’ sui mercati che può far salire il tasso sul resto del
nostro debito. Così è difficile dire se ci guadagniamo”. Infatti, la
Spagna non ha intenzione di farvi ricorso e anche Portogallo e Grecia
hanno fatto sapere di non averne l’intenzione. Saremmo solo noi: stigma
assicurato.
9) Il Mes è un creditore senior, come il Fmi.
Anche questo punto in genere è sottovalutato, ma come si evince
sempre dal Trattato del Mes “i capi di Stato e di governo hanno
concordato che i prestiti del Mes fruiranno dello status di creditore
privilegiato in modo analogo a quelli del Fmi. Tale status produrrà i
suoi effetti a decorrere dall’entrata in vigore del presente trattato”.
Avere un creditore senior abbatte, automaticamente, la credibilità del
debito residuo per cui è ipotizzabile che i tassi di interesse per un
debito che non è privilegiato possano salire.
10) Caro Mes, ma quanto mi costi?
I prestiti Mes sono costati a Cipro lo 0,76 per cento. Le tabelle
ufficiali, complicate, paralno di tasso base, commissioni e una tantum
per circa lo 0,2%. Secondo il sito del Mef, “l’andamento del tasso medio
ponderato di interesse dei titoli di Stato domestici calcolato sulla
base dei rendimenti lordi all’emissione fra il 2018 e il 2019 è passato
dall’1,07 per cento allo 0,93 per cento”.
Il risparmio sembra essere di 270 milioni l’anno. Davvero vale la pena?
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