C’era da aspettarselo che alla fine Bruce Springsteen sarebbe passato dalle parole alla musica (la sua arma più forte) per suonargliele, così, di santa ragione al presidente Trump. Il songwriter del New Jersey aveva iniziato ad attaccarlo quando gli Stati Uniti erano ancora in piena campagna elettorale, e lui in tour. L’11 settembre scorso, infatti, si era presentato sul palco, a Pittsburgh, con una copia della Costituzione americana tra le mani, indirizzando al pubblico le seguenti inequivocabili parole: «Una persona, prima di iniziare il concerto, mi ha regalato una copia della Costituzione. Sulla copertina c’è scritto “Vaffanculo Trump!”». Da allora non ha mai perso l’occasione per esprimere la sua posizione molto critica verso quest’amministrazione, essendosi impegnato anche in prima persona per sostenere Hillary Clinton (immaginiamo “turandosi il naso”).
Ora, finalmente, è arrivata la prima canzone americana dichiaratamente anti-Trump, e non poteva che essere lui a cantarla, almeno in parte. In realtà, il brano, che s’intitola “That’s What Makes Us Great”, l’ha scritto il suo vecchio amico Joe Grushecky, pensando, però, di eseguirla in duetto con Springsteen (è possibile scaricarla da questo sito http://joegrushecky.com). Il pezzo affronta subito, fin dai primi versi, la questione più spinosa di cui il paese si sta occupando in questi mesi, quella dell’immigrazione, e lo fa riallacciandosi un po’ alla retorica di quell’American Dream in cui Springsteen, caparbiamente, non ha mai smesso di credere, pur essendo consapevole che quel sogno può trasformarsi talvolta in un incubo: «Arrivano da ogni parte, col desiderio di essere liberi. Vengono qui per unirsi a noi, da un mare all’altro». Springsteen si riserva i versi più espliciti, rivolgendosi direttamente al suo “antagonista” Trump (anche se il nome del presidente non è mai pronunciato): «Non raccontarmi bugie spacciandole per verità. Ho già percorso quella strada e non intendo tornare indietro». E poi il ritornello, che è un vero inno alla rivolta, o, almeno, al cambiamento radicale: «Ribaltiamo questa situazione prima che sia troppo tardi. Dipende da me e te. L’amore può vincere l’odio. So che è possibile. È proprio questo che ci rende grandi». In quel «That’s what makes us great» di questa canzone è impossibile non sentire l’eco del discorso pronunciato da Obama a Chicago subito dopo la vittoria del suo secondo mandato: «That's what makes America great!».
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