venerdì 28 aprile 2017

Buttateli tutti a mare

In questi giorni sta crescendo una polemica assurda. Da più parti, anche di rilevo istituzionale, arrivano continui attacchi alle Ong che svolgono operazioni di soccorso in mare. Al largo della Libia e dove salvano migliaia di vita umane. 
 
Come ben ricostruito da Annalisa Camilli su Internazionale le Ong lavorano a stretto contatto con la Marina Italiana e le Capitanerie di Porto, nonché con la missione della Guardia di Finanza. Il 60% dei salvataggi sono fatti da organismi militari, il resto è di sostegno alla missione istituzionale, da Ong.
I salvataggi sono coordinati dalla centrale operativa della guardia costiera a Roma, non dal miliardario Soros o dagli UFO. I nostri politici dovrebbero subito dunque fare un'interrogazione contro la Marina e le Capitanerie di Porto imponendogli di non rispondere mai agli SOS proveniente dal mare, violando una delle regole di base del mare.
Stabilito questo punto di partenza possiamo analizzare il perché le Ong si debbano occupare di compiti che spetterebbero alle istituzioni. Ci si chiede, pretestuosamente, da dove vengano i soldi per condurre queste operazioni quando basta andare sui siti delle Ong stesse per vederne dei bilanci certificati e basterebbe chiamarle per chiedere chi siano il tipo di donatori che sostengono queste operazioni. Ovviamente MSF, ad esempio, va bene se apre una clinica in Italia per sopperire al sacco della sanità pubblica operato dalla nostra classe politica. Ed in questo caso non si chiede da dove vengano i soldi per i servizi a cui accedono anche moltissimi italiani. Mentre ci si insospettisce se allestisce una nave per salvare vite umane.

A questi politici va ricordato che la distruzione dello stato sociale, che a nessuno piace, tantomeno alle Ong, ha comportato enormi vuoti nella fornitura di servizi in Italia. Se non ci fossero le Ong ci sarebbe un'emergenza incalcolabile. E già si fanno i salti mortali e si opera spesso senza sostegno pubblico. Basterebbe che chi attacca le Ong si facesse un giro in quella tragedia che è diventata la Stazione Termini a Roma. Con accampamenti spontanei di persone, italiane e straniere, povertà diffusa, sporcizia, topi ovunque. Una fogna a cielo aperto dove gli unici che portano un pasto caldo la sera sono le Ong e le parrocchie. La spina dorsale di quello che rimane della solidarietà italiana.
A più riprese si sentono illazioni ignoranti di politici che mai si sono sentiti esprimere sulla dittatura in Etiopia, sul traffico di migranti in Libia. Sulle speculazioni petrolifere nel Delta del Niger. Ovvero sui fattori reali che spingono migliaia di persone a lasciare le loro case. Rischiare la vita, camminare nei deserti e farsi schiavizzare in Libia pur di intravedere forse un giorno l'Europa.
Chi scrive conosce sia le missioni di salvataggio in mare, sia la Libia, sia l'abominio delle dittature e delle ingiustizie nei molti sud del mondo che producono profughi ogni giorno. Quest'ondata di sospetti sulle Ong è foriera solo di rendere il Mediterraneo ancor di più un cimitero di naufraghi.
Sono migliaia le persone che ad oggi hanno perso la vita in mare. Anche e molto prima che le Ong si mobilitassero. E quando morivamo sui barconi, invece che sui gommoni, questo non ha fermato nessun migrante nella sua strada verso l'Europa, di cui l'Italia è la porta. L'OIM ha stimato in più di 20.000 le persone morte nel Mediterraneo dal 2000. Le missioni umanitarie delle Ong sono partite nel 2015, dopo che era stata fermata la missione Mare Nostrum.
È vero che ci sono state molte speculazioni sulla pelle dei migranti, tra cui le inchieste sul CARA di Mineo o Mafia Capitale. Speculazioni che hanno coinvolto pezzi del sociale italiano. Ma è anche vero che il mondo delle Ong è fatto in gran parte di persone coraggiose e che non si arricchiscono. Che sono come i nostri operatori alle porte di Raqqa e di Mosul ad aiutare le vittime di Daesh, o passano mesi in mare a salvare persone che stanno affogando. Chi parla a vanvera delle operazioni nel Mediterraneo dovrebbe farsi una settimana con il mare grosso rincorrendo chi naufraga o dovrebbe vedere con i propri occhi un gommone pieno di persone affondare.
È vero che è tempo di elezioni e dare addosso ai più deboli, ed a chi li aiuta, crea facile consenso. Però vorremmo umilmente dire che se tutte le Ong si fermassero per una settimana dal loro lavoro come gesto di protesta verso questi attacchi irresponsabili, forse sarebbe meglio. Sarebbe il momento in cui ognuno si prende le proprie responsabilità. I politici che attaccano si potrebbero assumere quella dei migranti che comunque verrebbero verso l'Italia.
È vero però che nessuno di noi delle Ong si fermerà. Perché non abbiamo il coraggio di lasciare nessuno indietro. Di pensare con indifferenza a chi affoga in viaggio verso l'Italia o fugge dalla guerra. Noi ci indigniamo ancora di fronte alle ingiustizie. Ed agiamo.

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