domenica 30 aprile 2017

Debito, la Grecia in vendita

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Se qualcuno avesse ancora dubbi sull’uso ideologico del debito come «shock» per procedere all’espropriazione di diritti e beni comuni, è ancora una volta la drammatica esperienza della Grecia a diradarli.
Con 152 voti a favore e 141 contrari, lo scorso 27 settembre il Parlamento greco ha approvato le nuove misure di austerità, proposte dal governo Tsipras per ottenere la nuova tranche di prestiti dalla Troika, finalizzata al pagamento del debito.
Con i nuovi provvedimenti, la Grecia, come previsto dal Terzo Memorandum, viene posta letteralmente in vendita: tutte le proprietà pubbliche vengono trasferite all’Hellenic Company of Assests and Partecipations (HCAP), un superfondo finanziario con l’obiettivo esplicito di «ricavare liquidità a breve termine, facendo fruttare il patrimonio pubblico oppure vendendolo».
Basta scorrere l’elenco per vedere quanti settori strategici e proprietà pubbliche saranno coinvolte in quello che è già stato definito il più grande piano di privatizzazioni messo in campo in Europa dopo l’istituzione nel 1990 del Treuhandanstalt tedesco, l’ente di gestione fiduciaria che, tra il 1990 e il 1994, garantì, per la riunificazione della Germania, la dismissione di circa 8.000 aziende dell’ ex Ddr, per un valore patrimoniale pari a 307 miliardi di euro attuali.

Il piano di Tsipras prevede la vendita dell’aeroporto internazionale di Atene (a Lambda Development, con la costruzione di una città privata su 3 milioni di mq davanti al mare) e di 14 aeroporti regionali (già acquistati dal consorzio tedesco Fraport-Slentel); del porto del Pireo (consorzio cinese Cosco) e di quello di Salonicco (capitali russi); della Ferrovia Tranoise (questa volta arrivano i «nostri» di Trenitalia); delle autostrade; delle società pubbliche di energia elettrica, gas e petrolio; delle poste, della società di telecomunicazioni e –last but non least- delle compagnie Eydap e Eyath, che gestiscono rispettivamente l’acqua ad Atene e a Salonicco.
Il superfondo HCAP avrà la durata di 99 anni e sarà gestito da tre tecnici nominati dal governo greco e da due dell’ESM (European Stability Mechanism).
È l’ennesimo sacrificio per uscire dalla spirale del debito? Naturalmente no, e i dati sono lì a dimostrarlo: mentre l’economia greca è sprofondata del 40% (la stessa caduta delle economie europee durante la seconda guerra mondiale), il 95% degli «aiuti» finanziari dati alla Grecia è servito a mettere in sicurezza le banche europee che lì si erano sovra esposte; e il rapporto debito/Pil, che prima della crisi era del 130%, oggi veleggia sopra il 180%.
Alla luce di quanto sopra, alcune domande tornano utili: le privatizzazioni servono a ridurre il debito, o è lo shock artefatto del debito ad essere messo in campo per poter proseguire con le privatizzazioni?
La resa di Tsipras, dopo che la Commissione per la verità sul debito greco, istituita nella primavera del 2005 per iniziativa dell’allora Presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou, aveva dimostrato la totale illegittimità e insostenibilità del debito stesso, e soprattutto dopo lo straordinario «No» del referendum popolare contro le misure imposte dalla Troika, era inevitabile?
L’attualità dimostra dove ha portato quella strada: oggi la Grecia è un paese in vendita e la democrazia un abito formale, dietro il quale i poteri finanziari estendono la propria sfera d’influenza sull’intera società greca.
A Tsipras non rimane che raccomandare alle forze dell’ordine di non usare i gas lacrimogeni contro le manifestazioni dei pensionati.

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