D'altra parte, perché mai un cittadino dovrebbe interessarsi ad una politica che si interessa solo a se stessa: autoreferenziale, anzi ombelicale, fino alla caricatura? Una riflessione che vale anche per i giornali: non sarà che la continua emorragia di copie vendute si deve al fatto che sempre meno masochisti sono interessati a pagine che si prestano a questo teatro del nulla?
Forse Pisapia dovrebbe leggere, nei giornali di oggi, la storia della moschea di Firenze. Da sindaco, Renzi ha fatto di tutto per non costruirla: dicendo che certo non avrebbe potuto essere in centro, perché avrebbe rovinato il brand del Rinascimento. Lo so bene perché gli proposi di non costruire un edificio nuovo, ma di dare alla comunità islamica una chiesa sconscrata del centro: mi rispose che era una bella sfida. E infatti l'ha evitata come la peste: e mentre i genitori musulmani dei compagni di classe dei miei figli continuano a dover pregare nei garages, a Palermo due chiese in disuso sono diventate moschee e una diventerà sinagoga.
Non basta: ora Renzi torna a fare il sindaco (facendo irritare Dario Nardella, che finalmente si è fatto sentire pubblicamente difendendo ciò che resta della dignità della città), dicendo no alla realizzazione della moschea in un luogo che metterebbe a rischio l'investimento immobiliare dell'imprenditore che si è comprato l'"Unità" (un cortocircuito che è davvero la migliore commemorazione del povero Antonio Gramsci!).
Ora, davvero Pisapia pensa che un politico con questa scala di valori possa candidarsi a unire la sinistra e a guidare di nuovo il Paese?
Allora: benissimo il realismo di chi dice che divisi si perde. Ma siamo realisti fino in fondo: cominciamo a dire cosa pensiamo di quella che Papa Francesco chiama la "scandalosa realtà di questo mondo", e dividiamoci tra chi vuole cavalcarla a vantaggio suo e dei suoi amici, e chi invece la vuole rovesciare dalle fondamenta. Una volta fatta questa semplice operazione di verità, Pisapia si accorgerebbe che il destinatario del suo appello non sta nel secondo gruppo, ma nel primo. E, dunque, siamo realisti, una buona volta!
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