sabato 29 aprile 2017

Viaggio in Turchia, che succede dopo il referendum? Prima tappa

 dinamopressGörkem Özer e Cosimo Pica
Prima di tre interviste sull'evoluzione della situazione turca dopo la riforma costituzionale imposta da Erdogan, con Mücadele Birliği (Izmir/Smirne), piattaforma politica che racchiude collettivi studenteschi, di lavoratori e femministi.

Come farsi eleggere dittatore della Turchia in dieci mosse
Come valutate il risultato del referendum? Nei giorni successivi al voto e nel prossimo futuro cosa accadrà in Turchia?
Prima di commentare il risultato del referendum penso sia utile descrivere brevemente le condizioni che ci hanno portato ad esso. La Turchia ha vissuto una guerra civile di dimensioni di massa con le rivolte di Gezi del 31 maggio 2013, data fondamentale nella storia della rivoluzione in Anatolia. Il potere dell’AKP e gli apparati fascisti dello Stato sono stati sorpresi dalla forza, dalla durata e dalla diffusione delle manifestazioni.
Non si aspettava che così tante persone si rivoltassero in questo modo. Infatti, l’ipotesi che Erdoğan sarebbe scappato all’estero era plausibile, i magnati (capitalisti) monopolisti avevano preparato gli elicotteri per la fuga. Hanno visto che non era possibile trattare un’ondata di tale livello nè con le forze di sicurezza, nè con la magistratura, nè con i loro media. Dopo giorni, è stato necessario attaccare i manifestanti in modo brutale per riuscire a mandarli via da Taksim. Ogni azione, parola e attacco ha esposto sempre di più il potere, e ciò è stata la causa dell’acuirsi della crisi di governo. Nel frattempo i manifestanti hanno sviluppato nuove forme di auto governo alternativo con i cosiddetti “forum”.
Le masse in rivolta, decine di migliaia di persone, sono scese in strada a lungo. Praticamente ogni avvenimento sociale alimentava un effetto esplosivo. La morte di Berkin Elvan, colpito alla testa da un lacrimogeno della polizia, ha portato in piazza il corteo funebre più partecipato della storia. Inoltre bisogna ricordare le manifestazioni contro la corruzione; del 17-25 dicembre, quelle contro la censura di internet, gli scontri durati giorni nelle strade del Kurdistan e della Turchia contro il massacro di Soma, il duro sciopero dei lavoratori metalmeccanici.
Accanto a ciò, le migliaia di giovani rivoluzionari che sono andati a difendere Kobane, la Stalingrado del XXI secolo, per combattere contro la barbarie dell’ISIS e le rivolte armate in Kurdistan del 6-8 ottobre 2014, hanno mostrato l’energia rivoluzionaria dei proletari (lavoratori) del Kurdistan e della Turchia.
Per impedire lo sviluppo della lotta lo Stato è stato complice di attacchi armati, suicidi e bombe in cui abbiamo perso centinaia di persone. Ciò è stato seguito dall’arresto di migliaia di persone, traformando il Paese in una prigione a cielo aperto.
La crisi interna al potere, che si è colpito apertamente da solo, con le manifestazioni contro la povertà del 17-25 dicembre, si è trasformata nel tentativo di colpo di stato del 15 luglio. In quel periodo, e successivamente, l’apparato statale è entrato in un grande caos. Per poter attaccare velocemente, in un sol colpo, le nuove rivolte in divenire e regolare di nuovo gli apparati dello Stato logorati dalle lotte intestine, così come per fermare i movimenti popolari in forte sviluppo, si è affrettato il processo referendario per il “sistema presidenziale”.
Durante la preparazione del referendum, e anche il giorno stesso, ci sono stati frequenti attacchi, arresti e forme di repressione contro il fronte del “no”. Nonostante tutto, il “no” ha vinto, ma è stato mostrato che ha vinto il “sì” con una leggera differenza, dopo il conteggio delle schede, come uno spettacolo teatrale che è stato reso visibile a tutti tramite gli attacchi del governo. Erdoğan ha riassunto gli avvenimenti con l’espressione «ormai è fatta, non c’è più niente da fare».
Analizzando i risultati, il fronte del “no” ha vinto nelle grandi città. Perciò il blocco fascista al potere ha visto cosa dovrà affrontare in queste grandi città che sono determinanti nella lotta per la rivoluzione.
Gli avvenimenti vissuti hanno reso egemone tra le masse l’idea che non sarà possibile ottenere la libertà (liberazione) tramite la strada parlamentare-legale. Il potere fascista nonostante tutto non è riuscito a persuadere le masse. In seguito a ciò, per proteggere il sistema si moltiplicheranno e diventeranno più duri gli attacchi all’interno della società. Perchè la crisi economica che stiamo vivendo, la disoccupazione in crescita e la crisi politica interna e internazionale, porteranno i lavoratori e gli sfruttati a ribellarsi. Gli apparati fascisti dello Stato e le organizzazioni civili si stanno preparando a seconda delle alternative. La vittoria del “sì” al referendum ha reso ancora più rischiosa questa possibilità per i potenti. Nelle strade ha iniziato ad aggirarsi lo “spettro di Gezi”. Nel prossimo futuro saranno previste rivolte.

Dopo il referendum in Turchia cosa dovrebbero fare le organizzazioni di sinistra e sindacali?
Alla fine della risposta alla prima domanda abbiamo parlato brevemente della maturità delle condizioni per manifestazioni e rivolte dei lavoratori del Kurdistan e della Turchia. Nel periodo post referendum, con l’aggravarsi della crisi politica ed economica, crescerà l’oppressione dei lavoratori e l’influenza tra di loro dell’opzione rivoluzionaria. Il rischio che la guerra per procura diventi una guerra totale rappresenta una minaccia per il futuro del mondo. I rivoluzionari della Turchia e del Kurdistan risponderanno a tutti questi sviluppi interni ed esterni. Per fare ciò c’è bisogno dell’unità dei lavoratori con una leadership forte, una forza d’avanguardia pratica, politica e strategica, con la prospettiva di poter conquistare il potere. Da questo punto di vista le organizzazioni rivoluzionare della Turchia e del Kurdistan devono preparare il terreno per la rivolta tra i lavoratori e gli sfruttati capace di distruggere l’apparato fascista dello Stato e dirigerci verso il socialismo. I movimenti di massa del XXI secolo sono il risultato del fallimento del capitalismo. Il socialismo e la rivoluzione sono attuali. Perciò, ogni nostro secondo deve essere dedicato alla rivoluzione. Le nostre condizioni e l’accumulazione di forza sono favorevoli ad essa.

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