dinamopressGörkem Özer e Cosimo Pica
Prima di tre interviste sull'evoluzione della situazione turca dopo la riforma costituzionale imposta da Erdogan, con Mücadele Birliği (Izmir/Smirne), piattaforma politica che racchiude collettivi studenteschi, di lavoratori e femministi.
• Come farsi eleggere dittatore della Turchia in dieci mosse
Come valutate il risultato del referendum? Nei giorni successivi al voto e nel prossimo futuro cosa accadrà in Turchia?
Prima
di commentare il risultato del referendum penso sia utile descrivere
brevemente le condizioni che ci hanno portato ad esso. La Turchia ha
vissuto una guerra civile di dimensioni di massa
con le rivolte di Gezi del 31 maggio 2013, data fondamentale nella
storia della rivoluzione in Anatolia. Il potere dell’AKP e gli apparati
fascisti dello Stato sono stati sorpresi dalla forza, dalla durata e
dalla diffusione delle manifestazioni.
Non si aspettava che così tante
persone si rivoltassero in questo modo. Infatti, l’ipotesi che Erdoğan
sarebbe scappato all’estero era plausibile, i magnati (capitalisti)
monopolisti avevano preparato gli elicotteri per la fuga. Hanno visto
che non era possibile trattare un’ondata di tale livello nè con le forze
di sicurezza, nè con la magistratura, nè con i loro media. Dopo giorni,
è stato necessario attaccare i manifestanti in modo brutale per
riuscire a mandarli via da Taksim.
Ogni azione, parola e attacco ha esposto sempre di più il potere, e ciò
è stata la causa dell’acuirsi della crisi di governo. Nel frattempo i
manifestanti hanno sviluppato nuove forme di auto governo alternativo
con i cosiddetti “forum”.
Le
masse in rivolta, decine di migliaia di persone, sono scese in strada a
lungo. Praticamente ogni avvenimento sociale alimentava un effetto
esplosivo. La morte di Berkin Elvan, colpito alla testa
da un lacrimogeno della polizia, ha portato in piazza il corteo funebre
più partecipato della storia. Inoltre bisogna ricordare le
manifestazioni contro la corruzione; del 17-25 dicembre, quelle contro
la censura di internet, gli scontri durati giorni nelle strade del
Kurdistan e della Turchia contro il massacro di Soma, il duro sciopero
dei lavoratori metalmeccanici.
Accanto a ciò, le migliaia di giovani rivoluzionari che sono andati a difendere Kobane,
la Stalingrado del XXI secolo, per combattere contro la barbarie
dell’ISIS e le rivolte armate in Kurdistan del 6-8 ottobre 2014, hanno
mostrato l’energia rivoluzionaria dei proletari (lavoratori) del
Kurdistan e della Turchia.
Per
impedire lo sviluppo della lotta lo Stato è stato complice di attacchi
armati, suicidi e bombe in cui abbiamo perso centinaia di persone. Ciò è
stato seguito dall’arresto di migliaia di persone, traformando il Paese
in una prigione a cielo aperto.
La
crisi interna al potere, che si è colpito apertamente da solo, con le
manifestazioni contro la povertà del 17-25 dicembre, si è trasformata
nel tentativo di colpo di stato del 15 luglio. In quel
periodo, e successivamente, l’apparato statale è entrato in un grande
caos. Per poter attaccare velocemente, in un sol colpo, le nuove rivolte
in divenire e regolare di nuovo gli apparati dello Stato logorati dalle
lotte intestine, così come per fermare i movimenti popolari in forte
sviluppo, si è affrettato il processo referendario per il “sistema
presidenziale”.
Durante
la preparazione del referendum, e anche il giorno stesso, ci sono stati
frequenti attacchi, arresti e forme di repressione contro il fronte del
“no”. Nonostante tutto, il “no” ha vinto, ma è stato
mostrato che ha vinto il “sì” con una leggera differenza, dopo il
conteggio delle schede, come uno spettacolo teatrale che è stato reso
visibile a tutti tramite gli attacchi del governo. Erdoğan ha riassunto
gli avvenimenti con l’espressione «ormai è fatta, non c’è più niente da fare».
Analizzando i risultati, il fronte del “no” ha vinto nelle grandi città.
Perciò il blocco fascista al potere ha visto cosa dovrà affrontare in
queste grandi città che sono determinanti nella lotta per la
rivoluzione.
Gli
avvenimenti vissuti hanno reso egemone tra le masse l’idea che non sarà
possibile ottenere la libertà (liberazione) tramite la strada
parlamentare-legale. Il potere fascista nonostante tutto non è riuscito a
persuadere le masse. In seguito a ciò, per proteggere il sistema si
moltiplicheranno e diventeranno più duri gli attacchi all’interno della
società. Perchè la crisi economica che stiamo vivendo, la disoccupazione in crescita e la crisi politica
interna e internazionale, porteranno i lavoratori e gli sfruttati a
ribellarsi. Gli apparati fascisti dello Stato e le organizzazioni civili
si stanno preparando a seconda delle alternative. La vittoria del “sì”
al referendum ha reso ancora più rischiosa questa possibilità per i
potenti. Nelle strade ha iniziato ad aggirarsi lo “spettro di Gezi”. Nel prossimo futuro saranno previste rivolte.
Dopo il referendum in Turchia cosa dovrebbero fare le organizzazioni di sinistra e sindacali?
Alla
fine della risposta alla prima domanda abbiamo parlato brevemente della
maturità delle condizioni per manifestazioni e rivolte dei lavoratori
del Kurdistan e della Turchia. Nel periodo post referendum, con
l’aggravarsi della crisi politica ed economica, crescerà l’oppressione
dei lavoratori e l’influenza tra di loro dell’opzione rivoluzionaria. Il
rischio che la guerra per procura diventi una guerra totale rappresenta
una minaccia per il futuro del mondo. I rivoluzionari della Turchia e
del Kurdistan risponderanno a tutti questi sviluppi interni ed esterni.
Per fare ciò c’è bisogno dell’unità dei lavoratori con una leadership
forte, una forza d’avanguardia pratica, politica e strategica, con la
prospettiva di poter conquistare il potere. Da questo punto di vista le
organizzazioni rivoluzionare della Turchia e del Kurdistan devono
preparare il terreno per la rivolta tra i lavoratori e gli sfruttati
capace di distruggere l’apparato fascista
dello Stato e dirigerci verso il socialismo. I movimenti di massa del
XXI secolo sono il risultato del fallimento del capitalismo. Il
socialismo e la rivoluzione sono attuali. Perciò, ogni nostro secondo
deve essere dedicato alla rivoluzione. Le nostre condizioni e l’accumulazione di forza sono favorevoli ad essa.
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