Mentre Eni ed Edison, a seguito di sentenze in Cassazione, stanno negoziando quanto versare ai comuni per l’arretrato Imu, Ici e Tasi, un articolo della manovrina le solleva del tutto dall'imposizione. Non solo: la norma, stando alla borzza, si applica genericamente a "tutte le costruzioni ubicate nel mare territoriale" e per estensione a porti (Venezia), impianti eolici, alberghi col pontile, ristoranti su palafitte.
L’articolo della manovra, stando alla bozza, è titolato “Costruzioni ubicate nel mare territoriale” e fornisce l’interpretazione autentica e definitiva di norme precedenti: “Non rientrano nel presupposto impositivo dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), dell’imposta municipale propria (IMU) e del tributo per i servizi indivisibili (TASI), le costruzioni ubicate nel mare territoriale, in quanto non costituiscono fabbricati iscritti o iscrivibili nel catasto fabbricati”. E che cosa vuol dire? Che se non c’è l’iscrizione al catasto non c’è rendita, se non c’è rendita non c’è neppure tributo che possa essere preteso. Né oggi né mai. Un intervento a gamba tesa nella querelle che si accoda ai precedenti, culminati nel 2016 con la cosiddetta “norma sugli imbullonati” contenuta in Legge di Stabilità che ha parzialmente escluso gli impianti dal pagamento delle imposte correnti.
Sembrava cosa fatta ma ecco che – prima ancora di andare all’incasso – la manovra correttiva 2017 riapre la partita dalla parte dei petrolieri. “Certo che questa norma rischia di impattare sugli accordi stragiudiziali in corso”, spiega Ferdinando D’Amari, il legale che sta seguendo i contenziosi con le compagnie. “La Cassazione ha accolto le ragioni dei comuni stabilendo l’obbligo dell’imposizione a prescindere dall’accatastamento e ha indicato il sistema di determinazione delle imposte dovute da desumere attraverso le scritture contabili. Proprio mentre è in corso la definizione degli importi arriva questa norma che scardina tutto e va contro il giudicato della Suprema Corte”. Il testo del governo, fa notare, non cita assolutamente le trivelle o gli “opifici industriali” ma parla genericamente delle “costruzioni nel mare territoriale”.
Così facendo, la norma che vanifica le speranze dei sindaci a favor di petrolieri rischia di inaugurare anche in Italia una stagione di “far west a mare” dalle conseguenze ambientali imprevedibili. “Se costruisco un ristorante o un albergo entro le 12 miglia marine quella struttura, secondo le nuove norme, sarebbe esente dalle imposte. Mi sembra a dir poco pericoloso”. Si vedrà come e se questa vicenda troverà un muro prima che gli imprenditori più avventurosi si mettano a progettare i loro. La stessa Eni, del resto, dal 2010 lavora all’ipotesi di conversione delle piattaforme arrivate al termine del ciclo produttivo in strutture ricettive (Temporary Islands). Di fatto scatena immediate polemiche politiche, soprattutto ad opera dei Cinque Stelle che sull’imposizione delle trivelle hanno sempre dato battaglia.
“Il governo conferma l’amicizia con le compagnie petrolifere modificando le carte in tavola per salvarle dal pagamento dell’Imu, onere che invece pagano attività produttive e cittadini”, attacca il senatore Gianni Girotto. “La giurisprudenza ha da poco confermato l’interpretazione in favore di alcuni enti locali attribuendo alle compagnie petrolifere l’onere del pagamento. Ci batteremo con forte impegno affinché le disposizioni sulle esenzioni siano stralciate e le compagnie paghino quanto dovuto”.
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