mercoledì 18 gennaio 2017

"Di una cosa siamo certi, nessuno porterà la giustizia tra gli uomini al posto dei comunisti". Intervento di Paolo Andreozzi





controlacrisi Autore: paolo andreozzi
Milton Friedman, uno dei tre o quattro padri teorici più importanti del laissez-faire o deregulation (che poi Thatcher e Reagan misero in pratica, cambiando la faccia del mondo), già nel 1970 scriveva molto semplicemente che "tutta la responsabilità sociale dell'impresa consiste nell'aumentare i propri profitti". E con questa frasetta spazzava via gli echi del New Deal roosveltiano in America, la ancora recente costruzione del Welfare State in Europa, il keynesismo un po' dappertutto, e in Italia i buoni propositi e le buone pratiche di un Olivetti, un Mattei, un Einaudi perfino.

Si preparava il funerale ai Trente Glorieuses (come li chiama Piketty), che dal 1945 al 1975 avevano esemplificato un quasi miracoloso idem sentire tra le istanze del capitale e quelle del lavoro, o comunque permesso che pur nel perseguimento degli interessi del primo i diritti del secondo non ne fossero compressi brutalmente.
Poi no, con gli Anni Ottanta cominciò tutt'altra musica.
Che suona tuttora, con sempre più lacerante stridore per orecchie innamorate non dico del socialismo ma almeno della democrazia.

Friedman metteva nero su bianco l'articolo uno dello statuto di fatto di chi, nella distribuzione di ricchezza e potere, tanto locali quanto globali, occupa il percentile più alto. Faceva insomma il proprio mestiere di intelligencija dell'élite. E i rapporti di forza reali consentirono che quel suo programma politico-economico (suo e di tutti i Chicago Boys cosiddetti), diventasse di lì a poco Storia tout court.
Ma nemmeno lui, loro, neppure Thatcher, Reagan, neanche i direttori delle banche centrali o i maggiori capitani d'industria e finanza, né i responsabili dei grandi canali di comunicazione – nessuno, io credo, nemmeno il più ottimista tra essi, pensava all'epoca che se il capitale e i suoi corifei stavano svolgendo il compito di rivestire ideologicamente la guerra di classe dall'alto verso il basso, invece non ci fosse più chi avrebbe fatto il mestiere simmetrico e contrario di connotare idealmente la lotta di classe dei lavoratori contro il privilegio!

Eppure le cose sono andate proprio così. Il capitale ha vinto per abbandono dell'avversario, da un certo punto di vista.
La linfa vitale di ogni possibile antagonismo, ossia la partecipazione popolare, si è rapidamente essiccata anche, e soprattutto, per l'inaridirsi delle fonti di un pensiero forte di opposizione al Potere. Si lasciarono circolare sì alcuni rivoletti ribellisti, sedicenti insurrezioni e lotte armate (in Germania, in Italia, in Francia perlopiù), buone appunto per schiacciare del tutto per fattori di ordine pubblico i residui eventuali fattori politici ed etici di massa: la speranza stessa, foss'anche soltanto, in un altro mo(n)do possibile. Ma assolutamente nulla di pur poco efficace.

"Abbiamo inventato un sistema infallibile, quello in cui tutti pensano di poter vincere il biglietto fortunato. E anche se il biglietto è uno solo, e spesso l'estrazione è truffaldina, nessuno vuol rinunciare a giocare!" Questa battuta è in 'No: i Giorni dell'Arcobaleno', gran film di qualche anno fa che racconta la timida ripresa democratica di un Paese sotto dittatura come il Cile di Pinochet, nel quale fu sperimentato prima ancora che in UK e in USA l'ultraliberismo teorizzato da Friedman&C. E dice bene, secondo me, l'introiezione popolare delle tossine consumistiche avvenuta nell'ultimo quarto del secolo scorso, la quale napalmizzava a livello di gente comune le chance di un contrattacco, e perfino della resistenza, da sinistra rispetto all'ordine dominante.

Infatti a parlare contro (surrettiziamente) i poteri forti, ossia contro la Destra (toga politica del neo-capitalismo), non è rimasta da tempo che l'estrema Destra: populismo e razzismo, nazionalismo e corporativismo.
E noi? Noi siamo illividiti e impotenti di fatto.
Possiamo pensare in termini di ripresa solo guardando lontano nel tempo, e comunque fatte salve alcune ipotesi di lavoro: che un tempo lontano ci sia, che la Civiltà non imploda a breve per guerra 'calda' da distruzione di capitale o nel medio per crollo ambientale da consumo di risorse, e che nel frattempo non si smarriscano del tutto le mappe che riportano l'ubicazione delle nostre sorgenti di analisi, elaborazione, proposta.
Il centenario corrente della Rivoluzione di Ottobre può aiutare, in questo, col piccolo valore aggiunto delle mitopoiesi condivise.

Ma non basta certo.
Né bastano da soli eventi convegnistici o seminariali. Però aiutano, anche loro, se fatti bene e meglio diffusi.
Io andrò a sentire e imparare ancora. Da oggi 18 a domenica 22: 'Conferenza di Roma sul Comunismo'. Sedi: l'atelier autogestito Esc di via dei Volsci e la GNAM in via Belle Arti. Contributi di: Zizek, Sassen, Tronti, Castellina, Berardi, Hardt, Negri, Laval, Marramao e tanti altri, e tante esperienze collettive, culturali, sociali, politiche, rappresentate a confronto. Qualche titolo: Comunismi, Critica dell'Economia Politica, Chi sono i Comunisti, Comunismo del Sensibile, Poteri Comunisti...
E' un francobollo, non di più, su un planisfero in scala 1:1 – mi rendo conto. Ma come si dice: "Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza; organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza; agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo." Allora intanto studiamo.

Giacché il nostro compito per la giustizia tra gli uomini, avete ben visto, non lo svolgerà nessuno in vece nostra. E all'occorrenza, all'occasione, bisogna che sappiamo cosa fare, che intendiamo come, che ricordiamo perché

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