Questa ricostruzione drammatica emerge dalla testimonianza di Quintino Marcella, ristoratore e datore di lavoro di Giampiero Parete, superstite della valanga sull'hotel Rigopiano. ”Già alle 15 erano pronti per andare via”, ha dichiarato Marcella. Ma nessuno spazzaneve è potuto arrivare.
Ed è sempre la strada completamente bloccata ad aver impedito - dopo la caduta della slavina - per oltre dodici ore che potessero salire sul luogo del disastro mezzi meccanici, dato che i primi soccorritori hanno raggiunto l’albergo sugli sci e le pelli di foca.
Neppure la turbina riusciva ad avanzare nel muro di neve che si era stratificato. Primo De Nicola, direttore del Centro, quotidiano di Pescara, è stato testimone oculare di quello che è successo: “Ieri sera alle 10 - racconta ad Huffpost - ero in macchina dietro alla turbina che non riusciva ad andare avanti, verso gli in-trappolati. C’era troppa neve, ma proprio un mare di neve, detriti e tronchi, neve accumulata da giorni, non da ore”.
Alla tragedia si aggiunta la beffa dell’SOS non ritenuto credibile, dopo lo schianto della slavina. Lo stesso sindaco di Farindola ha dichiarato a La Stampa: “Ieri sera ci hanno detto che cosa era successo all’albergo. Sinceramente all’inizio mi sembrava così incredibile, pensavo che fosse una bufala. Poi ab-biamo materializzato la portata di questa tragedia immensa”.
La strada in ogni caso ha ucciso due volte: prima e dopo il crollo della slavina. Di chi la responsabilità? A chi spettava la sua manutenzione in condizioni tanto proibitive? Perché l’albergo non è stato evacuata prima e chiuso? Solo i clienti avevano capito che la situazione era grave? E come mai?
La Procura indaga per omicidio colposo. Anche perché l’allerta meteo lanciato dalla Protezione civile per l’Abruzzo parlava chiaro e forte: era “arancione” almeno dal 16 gennaio. Il codice arancione cioè il terzo livello più alto di allarme (su quattro) prevede il coinvolgimento di una sala operativa di livello regionale. Perché ci sono sintomi inequivocabili di un’emergenza imminente .
In questo caso, viene attivata come prima cosa la sala operativa regionale, e qui vengono convocati d'urgenza i componenti dell'Unità di Crisi Regionale: tecnici esperti delle Direzioni generali interessate dal tipo di evento, che da questo momento in poi siedono in permanenza nelle loro postazioni informatizzate e analizzano i dati che cominciano ad affluire in Sala Operativa dalle aree colpite. Allo stesso tempo le Prefetture dovrebbero attivare le strutture operative periferiche. Tutto ciò è stato fatto? C’è stata un’ordinanza di sgombro? Sono stati richiesti gli interventi di tutte le strutture dello Stato? Quando esattamente è stato dato il primo allarme?
La strage dell’hotel fa storia a sé nel disastro delle zone terremotate con anziani, uomini, donne bambini e centinaia di animali lasciati dentro tensostrutture, nemmeno tendoni militari, sotto metri e metri di neve. Ma è un po’ il paradigma di un Italia senza protezione (civile). La “protezione civile” non è un servizio che cala dall’alto, ma per legge, è l’insieme delle attività messe in campo per tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni che derivano dalle calamità: previsione e prevenzione dei rischi, soccorso delle popolazioni colpite, contrasto e superamento dell’emergenza e mitigazione del rischi.
Per legge la protezione civile non è un compito assegnato a una singola amministrazione, ma è una funzione attribuita a un sistema complesso che funziona in base al principio di sussidiarietà. Cioè funziona o meglio dovrebbe funzionare partendo dal basso e andando via via verso l’alto: i Comuni e le Comunità montane poi le Province, le Province autonome, le Regioni, le Prefetture fino alle amministrazioni centrali dello Stato per l’emergenza nazionale. Ai sindaci in particolare spetta l’attivazione immediata anche dei livelli superiori.
È stato fatto nel caso dell’albergo, anche prima che cadesse giù la slavina? E se no, come mai? E con quanto ritardo? Il sindaco di Penne, il comune più grande e più prossimo a Farindola) Mario Semproni ha dichiarato oggi: "Sono scioccato, quella dell’albergo è una vicenda drammatica, ho seguito tutta la notte le operazioni di soccorso. Il nostro Comune ha fornito ogni mezzo a disposizione per accelerare e agevolare i soccorritori, nonostante, in quel momento, il territorio di Penne vestino fosse alle prese con una forte criticità legata all'emergenza neve. Sin dall'inizio ho avuto la percezione che fosse una tragedia". Anche Penne è in ginocchio. “Già ieri mattina ho chiesto aiuto sia al presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Genitori, sia al ministro della Difesa, Roberta Pinotti, affinché potessero invitare mezzi e militari”.
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