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Sono oltre 100mila gli alunni con disabilita' (il 43% del totale) su 233mila che quest'anno hanno cambiato insegnante di sostegno. E' uno degli effetti della mobilita' delle scuole statali secondo il rapporto di Tuttoscuola.com, che in generale ha riguardato oltre 250mila docenti, uno su tre.
A livello generale, gli alunni che hanno iniziato l'anno scolastico con almeno un insegnante nuovo sono piu' di 2 milioni e mezzo (33%). Secondo il rapporto, ad alimentare il clima di instabilita' che ruota attorno ai docenti, non aiuta l'ingente numero di contratti a tempo determinato: circa 100mila supplenti annuali, quasi il 13% dei posti, tra i quali 41mila impegnati nel
sostegno ai disabili. Una discontinuita' didattica che non aiuterebbe gli alunni affetti da disabilita' - ripartiti quasi equamente tra nord e sud - che necessitano di un rapporto con il docente nettamente maggiore rispetto agli altri ragazzi.
Troppi trasferimenti nella scuola? "Colpa di scelte politiche sbagliate", si legge in una nota congiunta a firma di Francesco Sinopoli di Flc Cgil, Maddalena Gissi, Cisl, Giuseppe Turi, Uil, e Marco Paolo Nigi di Snals Confsal. "A partire da una maggior consapevolezza dei limiti sempre piu' evidenti di una Buona Scuola che cosi' buona non si sta rivelando", forse è arrivato il momento di iniziare "una proficua discussione nel merito, per trovare possibili correttivi ai problemi rimuovendone le vere cause".
Nello specifico, "l'accusa di anteporre la tutela del personale agli interessi dei ragazzi e delle famiglie non ha, per quanto ci riguarda, alcun fondamento. Quasi sempre inascoltati, stiamo evidenziando da anni i problemi strutturali di cui soffre la scuola italiana, avendo come obiettivo quello di migliorare la qualita' dell'offerta formativa rivendicando le condizioni, in primis la stabilita' del personale scolastico su adeguate dotazioni di organico, che sono fra l'altro il presupposto indispensabile perche' la continuita' didattica possa concretamente realizzarsi. Ed e' proprio nelle regole definite contrattualmente che alla continuita' abbiamo sempre voluto riconoscere il giusto peso e valore".
"Salatissimo il conto pagato dalla scuola e dai suoi lavoratori - si legge ancora nella nota -; tanto per fare un esempio, non hanno certo favorito la qualita' del servizio, ne' la continuita' didattica, i 120.000 posti di lavoro tagliati in tre anni, con
conseguenti e consistenti processi di mobilita' d'ufficio. Quando poi questa tendenza recessiva sembrava invertirsi, le decisioni politiche sono state ancora una volta pesantemente sbagliate, come dimostra fra l'altro proprio l'impostazione del piano di assunzioni; quest'ultima, insieme alla irrisolta questione del lavoro precario, la cui diffusione non e' stata scalfita dalla Buona Scuola, e' la vera causa dei processi di mobilita' cui si e' dato cosi' ampio risalto sulla stampa".
Ma il disastro non finisce qui. Da un bilancio della riforma della scuola approvata nell’estate 2015, realizzato dal Sole24Ore, risulta chiaramente che il numero di insegnanti non di ruolo che occupano stabilmente delle cattedre sia altissimo; inoltre, il bonus annuale si è rivelato un vero fallimento, perché è andato a incentivare un lavoratore della scuola su quattro, con cifre irrisorie che corrispondono in media a incrementi pari a circa 30 euro netti al mese a beneficiario. "Gli aumenti veri dovevano, però, essere di 150mila euro per tutti. La strada del ricorso rimane l’unica percorribile", sottolinea l'Anief, il cui coordinatore nazionale, Marcello Pacifico, aggiunge: "Il fallimento è totale, se solo si torna alle intenzioni espresse nell’estate del 2014 dall’ex premier Matteo Renzi nel presentare la sua riforma della scuola con 150mila assunzioni e la fine della supplentite". "Noi, dal canto nostro, non avevamo dubbi - conclude - su questo esito disastroso del piano assunzionale predisposto da un Governo tutto incentrato su stesso e incurante del parere di 600mila lavoratori scesi in piazza nella primavera di un anno e mezzo fa, come mai era successo prima. Non ha portato alcun beneficio nemmeno l’assegnazione del cosiddetto “merito” professionale".
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martedì 17 gennaio 2017
Alta mobilità, precariato persistente e buste paga da fame. Il film "buona scuola" finisce davvero male
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