mercoledì 3 settembre 2014

PD. Festa dell'Unità, ex Ds all'attacco di Matteo Renzi. Oggi Massimo D'Alema e Stefano Fassina, ieri Bersani.

DALEMA“Il governo? Risultati non soddisfacenti rispetto alla grave situazione economica e sociale del Paese”. “Il Pd? Ha una vita stentata, non c'è più neppure una segreteria, ma solo un gruppo di persone fiduciarie del premier”. “L'eccesso di annunci? Mi ricordo che era una peculiarità di Berlusconi”. Massimo D'Alema arriva alla festa nazionale dell'Unità a Bologna e non fa nulla per nascondere le sue critiche a Renzi.

Anche per chi obietta che con il rottamatore il Pd ha superato il 40%, l'ex premier ha la risposta pronta: “Il consenso è un dato sempre più fluttuante, mentre i partiti sono delle comunità di persone che durano nel tempo, al di là del consenso che possono avere in un'elezione”. “Un partito non può essere un movimento del premier, occorre una struttura organizzata, una comunità che discute, che confronta insieme i problemi. Abbiamo fatto un intero congresso sostenendo che non andava bene il doppio incarico tra premier e segretario, la mia opinione non è una novità...”. Un'altra bordata: “Abbiamo un premier molto attivo e coraggioso, per il resto i cittadini farebbero fatica a fare un elenco dei componenti del governo”.
La contraerea renziana parte subito, accusando l'ex ministro degli Esteri di essere “rosicone” rispetto alla mancata nomina a Mr Pesc. Un articolo di Fabrizio Rondolino, ex collaboratore di D'Alema, su Europa sostiene che la mancata nomina segni la fine della carriera del Leader Maximo.
Lui replica tagliente: “Vedo che leggete la stampa clandestina... io continuo a fare quello che facevo prima. Sono presidente di un'istituzione culturale europea (la Feps, Fondazione politica del Pse, ndr) e faccio parte del gruppo dirigente del Partito socialista europeo”. Intervistato sul palco da Duilio Gianmaria, sulla nomina di Mogherini trattiene a stento lo scetticismo: “Condivido l'opinione del presidente Napolitano, è un riconoscimento importante per l'Italia, Federica è persona preparata e nel nostro partito si occupa da anni di questioni internazionali, ma non dipenderà solo da lei quello che riuscirà a fare...”. Arrivano i 'ma', dunque, condivisi anche dall'altro ospite Pierferdinando Casini.
In sintesi: “Il suo risultato dipenderà dalla decisione dei grandi paesi se avere o meno una politica estera europea, finora non l'hanno fatto”. Ma il giudizio di D'Alema sulla partita complessiva delle nomine Ue è ancora più duro: “Lo dico da socialista europeo, ha vinto la Merkel, ha piazzato uomini suoi, e molti esperti, in tutti i ruoli chiave, dalla guida della Commissione a quelle del Consiglio europeo e dell'Eurogruppo: sono tutte personalità forti e di chiara impostazione conservatrice”.
Sul tema dell'esperienza, Casini gli lancia una battuta, “Non ho capito se 'esperti' lo dici con invidia”. Tra i due maturi leader non mancano altre frecciate sul tema della rottamazione. “Vedo che porti i pantaloni rossi, visto che va di moda il giovanilismo”, dice D'Alema a Pierferdinando. E l'altro: “Cerco faticosamente di adeguarmi ai tempi...”. Ancora l'ex premier: “Io sono uno che non si adegua, è sempre stato il mio difetto...”. Applauso scrosciante della platea.
D'Alema poi si lancia in un Amarcord delle sue esperienze in politica estera, dal Kosovo al Libano, rivendicando tutta la sua autorevolezza, il filo diretto con Clinton, le scelte coraggiose anche se impopolari come i bombardamenti sulla Serbia. “I partner internazionali ci ascoltano? Qualche volta sì, sui Balcani l'hanno fatto, con gli americani devi dimostrare di avere gli attributi, ai tavoli che contano ti siedi se sei una persona seria”. Un'altra frecciata al governo su Gaza: “Quando si bombarda una scuola Onu, non si deve aspettare che protesti Obama, avrei voluto sentire prima la protesta dell'Italia che invece non c'è stata”.
Pochi giorni fa, su questo stesso palco, anche Bersani, pur con toni più soft, aveva bombardato il quartier generale del Pd, parlando della sua difficoltà a “dire che gli asini volano”, e dunque a fare annunci pomposi, e denunciando problemi nella discussione interna al partito e nella gestione delle candidature per le primarie. Un uno-due che, dopo la tregua pre-estiva sulla riforma del Senato, segnala l'arrivo di un autunno difficile in casa democratica.
Prematuro stabilire se D'Alema e Bersani vogliano marciare uniti contro Renzi, e su quante truppe potranno contare in Parlamento. Ma certamente l'appeasement dei primi mesi verso il rottamatore, rafforzato dal successo Pd alle europee, scricchiola pesantemente. E tutto questo avviene a Bologna, alla festa nazionale dell'Unità, mentre il premier cerca di mandare segnali rassicuranti all'opinione pubblica in attesa di risultati dal governo e fa della festa bolognese una sorta di vetrina dei 1000 giorni.
“Aspettiamo di vedere la legge di Stabilità prevista per ottobre, i cittadini aspettano risposte sostanziali”, insiste D'Alema. Sembra passato un secolo da un pomeriggio di marzo, meno di sei mesi fa, al tempio di Adriano a Roma, quando Renzi presentò il libro sull'Europa di D'Alema e l'ex premier gli regalò la maglia di Totti. Abbracci e sorrisi, “siamo d'accordo quasi su tutto, del resto siamo dello stesso partito”, disse D'Alema. Il premier spiegò che in Europa avrebbe voluto mandare “le nostre personalità più forti”, e tutti gli osservatori pensarono al leader coi baffi. Proprio in un ruolo simile a quello di Mr. Pesc. Ma il rottamatore ha scelto di puntare su una donna, e di un'altra generazione. E ora il barometro tra i due volge di nuovo al peggio. Con tutte le prevedibili conseguenze del caso.
Intanto i deputati bersaniani Fassina e D'Attorre hanno annunciato un emendamento alla riforma costituzionale, che la prossima settimana inizierà il suo iter alla Camera, che prevede l'eliminazione dell'obbligo di pareggio di bilancio, introdotto nel 2012 nell'articolo 81 della Costituzione per recepire il Fiscal compact. “La possibilità di indebitarsi per fare degli investimenti - osserva Fassina - è in linea con la politica condotta da Renzi in Europa”. L'emendamento, se a parole sposa la linea del premier, potrebbe metterlo in difficoltà sul piano europeo. E insospettisce i renziani la concomitanza con le critiche di D'Alema da Bologna. Giorgio Tonini parla dell'emendamento come una “manovretta che indebolisce Renzi e Draghi in Europa”, e Roberto Giachetti ricorda che la riforma con il pareggio di bilancio “fu votata nel 2012 dal Pd con Bersani segretario e Fassina responsabile economia”. Fassina controreplica: “Nel 2012 non ero parlamentare e non ho votato il pareggio di Bilancio. Fu un grave errore e lo dissi a Bersani. E comunque ora cancelliamolo”.

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